voglio liquefarmi. voglio essere
Scritto da verdeanita il marzo 17th, 2007 | Leave a comment

Bologna > Verona
Questa è la prima volta che uso il mio scrausissimo portatile, ormai prossimo alla morte, in treno. La voce trenitalia ha appena annunciato la fermata di S.Giovanni in Persiceto e la batteria mi dice che mi rimangono appena sedici minuti di autonomia.
Devo sfruttarli bene, dunque.
E incanalare le mille cose che mi frullano per la mente e che non sono riuscita a mettere per iscritto durante questa settimana.
Mercoledì scorso ero tornata velocemente a Verona e mi ero fiondata precipitosamente in chiostro. Il vecchio e amato chiostro del vecchio e amatissimo liceo.
Giovedì il mio zaino si è riempito di colori disordinati. Con un bel sole che emerge dalle macchie.
Come si fa a scrivere in poche righe (e in tredici minuti) tutto quello che ho provato nei due giorni di autogestione che sono riuscita a vivere? È il ritorno. È l’odore di giorni passati che riesco ancora a percepire in mezzo a quelle pareti.
"Voglio liquefarmi" ho continuato a ripetere ad un Michele stressato in maglietta azzurra, nei rari momenti in cui era a disposizione.
Avrei voluto liquefarmi. Esplodere, come uno di qui palloncini pieni d’acqua. Avrei voltuto esplodere in aula magna e restare su quelle pareti ad evaporare lentamente (evaporare concettualmente).
[L’aula magna è il posto più bello. L’aula magna è il posto della partecipazione. È in aula magna dove di propone, si urla, si litiga, si suona, ci si bacia, si balla, si dorme, si ascolta. È vecchia e ha il tetto a pezzi. Di notte si possono anche vedere le stelle.
(La galleria è pericolante ed è un luogo nascosto. Quando sei in galleria puoi scappare dalle conferenze senza farti vedere. Se è aperta è per una occasione particolare. Liliana Segre o Maria Falcone. Voci della memoria.)]

Avrei voluto urlare in aula magna. Sdraiarmi per terra e spalmarmi sulla moquette verde. Liquefarmi. Diventare musica.
Diventare "Glosoli" dei Sigur Ros (perchè è una canzone che esplode).
qui la batteria è crollata
Il punto fondamentale è che una cosa del genere non la si può descrivere, bisogna viverla. è un’emozione troppo grande per essere contenuta in una sola testa, in un solo cuore. È riacciuffabile  in vari pezzetti, sparsi per il web (i blog di Lamberto, Pietro, Giulia, Federico e Florencia).
A volte mi chiedo: ma cose del genere, le provano tutti? In ogni città c’è un gruppo di persone che sta insieme in questo modo, che avverte la stessa magia? Ci sono anche in altri luoghi persone diverse che collaborano e sentono di far parte di qualcosa o è solo qui che avviene tutto questo? Perchè quello che sentiamo sono solo normali sentimenti umani (l’amicizia, il ricordo o il diventare grandi) o, ed è molto romantico pensarlo, è un particolare qui, un particolare ora, un particolare come che ho, e abbiamo, la fortuna di vivere? E se è così, cos’è che crea la magia? Non credo che sia solo il Maffei (sarei troppo snob se pensassi questo). Forse è che Verona è piccola e grande allo stesso tempo e la conosci bene ma allo stesso tempo è sempre una sorpresa. O forse è il fiume. Perchè a Bologna ne sento tanto la mancanza.
Ho pensato, venerdì mattina in treno, reduce da un buon vino e da risate assurde intorno ad un vecchio numero di "Lotta Comunista", che per me l’ultima campanella non è mai suonata.
Ero andata in bagno e mi ero tappata le orecchie. Avevo aspettato che tutti fossero usciti, che tutte le uova fossero state lanciate e poi ero scomparsa dalla porta laterale, quella del centralino, quella da cui entri per fare ritardo.
Ora mi sento come se fossi ancora in vacanza. La lunga estate della maturità che per me non è mai finita. Un piccolo angolo del mio cervello è convinto di questo. Tornerò a scuola da un giorno all’altro, mi dice il mio cervello compromesso.
Rivedrò tutti i compagni, passerò le serate sul marmo freddo di piazza Dante, userò la bicicletta verde tutti i giorni, abbraccierò IL Castiglioni Mariotti nei giorni di versione, mangerò ancora panini freddi prima di teatro. Tra poco tornerò a scuola e ricomincerà tutto questo.
Invece poi ci penso bene. E penso che tutto questo è finito. Sono giorni che non torneranno più (qui gli occhi sono abbondantemente umidi, e piangerei volentieri all’ombra di un vecchio albero).
L’Università non è ancora il mio mondo. Non ancora.
Un giorno. Un giorno di poco tempo fa l’ho sentita veramente mia.
Il giorno prima dell’ultimo esame, con la testa invasa da Schumpeter. Il sole tramontava sulle Aule di Viale Berti e io stavo ripassando con alcuni compagni. Ho preso la bici viola, senza un pedale e con i raggi staccati. Ho corso per via Zamboni, sono passata vicino alle Due Torri. E pedalavo guardandomi intorno con aria spensierata, come faccio a Verona. Poi ho aspettato Francesco, e siamo andati al cinema. E in quel momento Verona non mi mancava.
Il fatto è che se mi guardo indetro, vedo solo il liceo. Devo fare un po’ si strada, e passare quella curva un po’ più avanti.
Ancora non vedo cosa c’è dietro. Se una salita o una discesa.
Vorrei dipingere una cartina sulla parete della mia camera. Una volta pensavo ad una cartina di Verona, per indicare i posti a me più cari, e magari le case dei miei amici. Ora la cartina di Verona non basterebbe più. Ci vorrebbe almeno l’Italia intera. Perchè c’è chi è a Milano, a Padova. C’è il mio ragazzo che ogni tanto torna a Napoli.
Se guardo all’anno prossimo, so bene che dovrei disegnare una cartina ancora più grande. Ci vorrebbe l’Europa.
Stiamo crescendo. Ci stiamo allargando. Ci stiamo disgregando.
Questa esplosione mi fa ancora paura.
[ho troppi pensieri per la testa. me è ormai buio e mi scoppiano le tempie. e se avete trovato un filo, nei vari pezzetti di discorso, grazie per l’impegno]

And maybe, by the evening we’ll be laughing
Just wait and see
All the changes there’ll be
By the time it gets dark.
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