Non voglio altro che restare per sempre proprio dove mi trovo.
Scritto da verdeanita il gennaio 7th, 2008 | 2 comments

Che senso ha indossare ancora della scarpe talmente vecchie che sono più i buchi della stoffa?
E’ sempre difficile tornare a scuola o al lavoro, il lunedì mattina. Figuriamoci poi dopo le vacanze.
Ecco, oggi, per un certo gruppo di persone era, se possibile, un po’ più difficile. Mediamente, un po’. Per alcuni probabilmente non cambiava nulla, ma per altri era difficilissimo.
Per me, ad esempio, non è stato uno sforzo così grande. Però pensavo alle altre persone e avrei voluto fare qualcosa per loro, anche se, nella pratica, non potevo fare nulla. Così ho fatto una cosa un po’ stupida, che non ha cambiato la vita a nessuno. Però l’ho fatta.
Anche io mi sono alzata questa mattina, come se avessi dovuto andare a scuola. Ho pensato a quello che facevo due anni fa e ho ripetuto le stesse cose. Alle sette ho messo la sveglia con i Pogues, mi sono alzata, lavata, vestita. Ho preparato la cartella con i libri. Ho indossato le mie vecchia All Star e il mio vecchio cappotto vergognolo. Ho preso la bicicletta e sono andata in centro. E sono passata davanti alla scuola, come se effettivamente dovessi andarci. Tutto qui.
Ieri sera, prima di addormentarmi, ho ripensato alla mia maturità.
Io mi vergogno tantissimo del mio voto di maturità e voi direte che non conta niente, nella vita.
Però a me dà fastidio.
Mi dà fastidio perché quel voto, allo stesso tempo, so meritarmelo ma so anche che non mi rappresenta per nulla.
So di meritarmelo perché, oggettivamente, dopo tre scritti perfettamente sufficienti e un orale disastroso, i professori non potevano darmi di più. Probabilmente mi hanno anche dato di più. Quei due miseri punticini che mi separano da un vero calcio nel culo io li ho sempre interpretati come: "Anita, volevamo darti di più, ma come facevamo?".
E’ anche vero che probabilmente non mi ero ammazzata di studio, ma non è questo il punto.
Il punto è che quell’orale disastroso era stato il coronamento di un anno orrendo, vissuto in una classe dove mi mancava l’aria. E quello che è successo all’orale non è colpa dei professori, che mi hanno fatto anche domande semplici o domande di cui sapevano che sapevo la risposta e anche domande bastarde, ricevendo lo sguardo incredulo dei colleghi. Mi dà fastidio il fatto che tutte le mie ansie e la voglia di finirla in fretta erano date da quegli ultimi mesi, in cui avevo segnato sul diario i giorni che mancavano alla fine, godendo nel vedere che ogni mattina diminuivano, quando in realtà sapevo che quel posto mi sarebbe mancato come nessun altro al mondo.
Sessantadue.
E forse, per quello che mi ricordo di greco o filosofia, un sessantadue è anche corretto.
Ma per quello che umanamente ho imparato, un sessantadue è troppo poco.
Non vuol dire niente.
E per il resto della mia vita, quando dovrò presentare un curriculum, sembrerà che io, in quei cinque anni, non abbia imparato niente. Ed è tutto il contrario.
Ecco perchè odio quel sessantadue.
A volte mi verrebbe voglia di rifarlo tutto, il liceo, solo per cambiare il voto sul diploma.
Tra una settimana ho un esame. Se vado in biblioteca riesco a concentrarmi meglio.
Tra le biblioteche di Verona c’è la Civica, che si comporta com un negozio del centro e apre alle nove e il lunedì sta chiusa (come i negozi del centro, appunto), e la Frinzi, che da brava biblioteca universitaria ha fatto suo il quarto d’ora accademico e apre alle otto e un quarto.
E oggi sono tornata qui, con i miei libri e i miei appunti disordinati.
E mi fa strano pensare che, alla fine, sia stato cos’ facile riuscire ad alzarsi, mentre per altri sarà stato così difficile e invece c’è anche chi non si alzerà più la mattina per andare a scuola. Per andarci a studiare e per andarci a insegnare. Non si alzerà più la mattina e basta.
E come a me dà fastidio quel sessantadue che ritengo ingiusto c’è a chi dà fastidio che qualcuno abbia studiato tanto e abbia fatto tanto nella vita per poi cadere da un albero e non alzarsi più. Troppo presto. A che serve?
E sono le persone a cui questo dà più fastidio che hanno fatto così fatica ad alzarsi questa mattina. Perché a lui, quel professore tanto amato e che sapeva tante cose e che alla fine è morto in modo così stupido, così casuale, così insignificante e poco eroico, non ha dato fastidio. Non si è accordo di nulla, lui.
E anche se l’ho visto e conosciuto poco, ho ricordi molto importanti legati a lui.
E immagino che dentro alle mura bicentenarie che tanto mi sono care, oggi ci sia tanta tristezza e silenzio e compostezza.
E tante domande dentro a mille e cinquecento teste.
E tante domande anche fuori, nelle teste di chi in quelle mura bicentenarie ci è passato.
E anche nella mia, che per fare qualcosa ne ho fatta una così stupida, come alzarmi presto la mattina.

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Comments (2)

  1. utente anonimo ha detto:

    Sembra incredibile anche a me… non me ne parlare… Avevo pure fatto una gita a Roma con lui. Quelli erano ricordi belli. Ora sono solo tristemente desolanti, anche se la loro bellezza non è stata del tutto sciupata.

    Un bacio, Chiara

  2. JonLivingstone ha detto:

    ah, le biblioteche. io st scoprendo di amarle qua. dove però sono odorose di legno e carta vecchia, ipercomputerizzate e chiudono alle 2 di notte

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