I messaggi sul celluare vecchi tre anni che non cancelli
Scritto da verdeanita il maggio 28th, 2008 | 2 comments

Desidero essere bella e attraente solo in determinati momenti. Dopo il concerto degli Envelopes al Covo avrei voluto essere come quella ragazza che ballava da sola nella stanzetta più lunga che larga. Avrei voluto essere come lei, ma solo al quaranta per cento.
Prima di uscire di casa, pensando esclusivamente all’essenza pratica della cosa, avevo infilato in borsa un pacco di biscotti secchi dell’euro giallo, perchè avevo fame,  e un rotolo di carta igienica, perchè so che al Covo finisce sempre e nussuno se ne cura e io devo andare in bagno mediamente ottomila volte a serata.
Un tempo avremmo definito questo gesto molto indie. E, essendo una cosa molto indie, non mi avrebbe in alcun modo reso una ragazza bella e attraente. Al massimo simpatica.
Il concerto degli Envelopes non esisteva, nell’elenco dei concerti che avevo appeso in cucina, sperando di convicere le coinquiline a seguirmi.
Non esisteva perchè le mie finanze erano, al solito, molto scarse e perchè avevo deciso di non curarmi di questo gruppo, appunto per non soffrire eccessivamente.
Poi però, visto che, come dice il bellissimo Krugman-Wells, la propensione al consumo aumenta anche se aumentano solo le speranze di guadagno future, e visto anche che il disco era molto carino e visto anche che era l’ultima sera del Covo e visto anche che avevo svariati argomenti con cui convincere le coinquiline a segurmi, il concerto comparve nei miei appuntamenti bolognesi.
Una volta entrata nel mio appartamentino mi accorsi però che le coinquiline erano fuggite e per non andare al concerto da sola mi feci prestare il moroso da una di loro.
Il mio accompagnatore si presentò puntuale alla mia dimora, anche se io avevo paura di essere in ritardo, preoccupata dal fatto che dallo studio di via Berretta Rossa i conduttori di Polaroid fossero già fuggiti da un pezzo. Invece il Covo era ancora vuoto e silenzioso, quando ci misi piede per l’ultima serata della stagione.
Inutile tentare una recensione che mi riuscirebbe male.
Vi dirò solo che in questi giorni ho ripensato al concerto degli Who, a quando me ne stavo sotto la pioggia e urlavo "No Rain!" e desideravo una canzone un po’ particolare e la invocai segretamente nel mio cuore, sapendo che tanto non l’avrebbero fatta perchè è una di quelle canzoni che non compaiono mai nelle scalette e infatti non la suonavano da secoli, e impazzii e cominciai a ballare con gusto quando capii che, sì, quella canzone la stavano effettivamente suonando, proprio lì, proprio loro, e io ero inzuppata di pioggia ma dai gradoni della scalinata non numerata saliva tutto il calore accumulato durante una giornata di sole intenso e si stava di un bene che non potreste immaginare. Un momento di quelli che vorresti registrare e tenere con te, come i messaggi sul celluare vecchi tre anni che non cancelli.
Mentre me ne stavo lì sotto il palco del Covo, in mezzo ai saltelli e agli sgomitamenti, pensavo che ogni concerto live ha un po’ la stessa magia ed è bello quando vai a risentire lo stesso gruppo milioni di volte. Loro che suonano e te che ascolti. Ogni volta è sempre lo stesso momento.
Un po’ diverso è quando vai a sentire gruppi che difficilmente torneranno, o torneranno tra molto tempo.
Quindi mentre cantavano canzoni belle come I’d 2CU e tante altre cercavo di fotografare appieno quel momento.
Mi è dispiaciuto salutare gli Envelopes, alla fine del concerto.
Passai anche il sabato al Covo, anche se questa volta non era il club di viale Zagabria, ma un bar a Ferrara, circondato da un grande prato, dove si svolse la cena di fine anno con tanto di saluti agli erasmus.
Dopo la mia serata intitolata "collasso-etilico-in-piazza-rossini" pensavo che non esistesse poesia nelle sbronze violente. Invece sabato mi ricredetti, mentre prestavo assistenza a qualche amico che stava male.
Pensandoci, voglio un gran bene ai miei compagni di università.
Quando mi hanno chiesto se preferivo il Liceo o l’Università ho risposto con tono velato e nostalgico "il Liceo", ma non certo per la gente.
Preferisco il liceo perchè era fatto di routine, e di gente a cui tenevo e tengo che potevo vedere tutti i giorni, e di pomeriggi passati nel bicentenario edificio scolastico, e di concerti hendrixiani e di converse verdi fotografate nel cielo del chiostro.
Non amavo il liceo per la gente che mi trovato tutti i giorni a lezione.
Invece qui è il contrario. Non ho affetto per le aule che distano chilometri le une dalla altre, per gli uffici labirintici di Palazzo Hercolani dove le aule più belle sono chiuse per noi studenti e vengono aperte solo quando ci sono i convegni e il giardino si riempie di olive ascolane per gli ospiti, o per le diciotto biblioteche, ognuna con un diverso sistema di prestito e ognuna con gli stessi libri, site nello stesso edificio, una per ogni dipartimento.
Ma la gente non è quella che mi sono ritrovata intorno in base a criteri casuali. Sono gli amici che mi sono scelta. Sono i compagni con cui abbiamo realizzato grandi cose. Sono coloro che un giorno diventeranno i personaggi delle mie storie, quando racconterò: "Una volta sono andata a cena con Gian Carlo Caselli e a Bologna ero così povera che senza curarmi di essere al tavolo con un personaggio importante mi sono fatta fare un pacchettino per portarmi a casa la carne avanzata".
Andare a Ferrara e vederne solo la periferia e consolare le insicurezze e scherzare con chi sta per ripartire.
Vedere Bologna deserta, alle sette di una domenica mattina.
Con la tentazione di rifiutare un 18 in Macroeconomia, la mia permanenza a Bologna di concluderà giovedì mattina, dopo aver portato a termine impegni faticosi come "la settimana dei super-concerti".
Ieri sera le coinquiline presenti mi seguirono senza problemi, un stanche da un pellegrinaggio a San Luca, ma piene di aspettative.
Fu grazie a loro che la serata si concluse bene. Infatti la cara Bongio, euforica dalla performance, convinse me e Giulietti ad attendere i quattro concertanti fuori dall’Estragon, gironzolando in bici, in attesa come squali.
In barba a quello che diceva un articolo del Mucchio Selvaggio sulle grupie secondo cui ci sarebbe una scala gerarchica in un gruppo dove in cima c’è il cantante e in fondo il batterista, dopo aver consumanto l’album e dopo averlo scrutato in mezzo a danze sfrenate durante il concerto, mi sono palesemente dichiarata a Chris Tomson dei Vampire Weekend dicendogli che amo il suo modo di suonare la batteria, senza capire una mazza di quello che mi rispose, ma dicendogli anche che spero di rivederli presto a Torino.
"Great Concert!" è la frase standard dei miei approcci dopo i concerti. Ma è una cosa vera.

Camera Obscura – Biggest Bluest Hi-Fi
[un gruppo che mi sta piacendo a livelli pericolosi, capito Michele?]
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Post a punti #1
Scritto da verdeanita il maggio 21st, 2008 | 5 comments

[tutti noi abbiamo in mente post a punti]
Ma sì, facciamolo questo post a punti. Che è inutile che te la tiri dicendo che il tuo blog è più serio e che non scrivi cazzate. Avere un blog serio comporta certi problemi. Tipo la tua compagna delle medie che lo legge e scopre tutto della tua vita, o anche che il tuo amico Alex non lo sapeva. Cose così. (problemi enormi, eh)
1. Sono le dieci e sto ascoltando i Settlefish, volendogli molto bene e pensando a svariate serie esilaranti.
2. Alle sette e un quarto mi aspetta il solito regionale per tornare a Bologna, pronta (?) per l’esame di Macroeconomia. Poi mi aspetta una settimana molto intensa (faticosissima, eh). Tipo concerto al Locomotiv giovedì, poi aperitivo organizzato da NoName in via del Pratello e concerto degli Envelopes venerdì, festa di fine anno a Ferrara sabato, poi concerto dei Vampire Weekend martedì e un bel mercoledì.
3. Conoscete la storia del dilemma dell’asino? C’è un asino che ha fame e ha davanti, alla stessa distanza, due montagne di fieno. Sono proprio alla stessa distanza e non sa decidere da quale montagna mangiare. Così muore di fame. Questo per dire che mercoledì sera al Locomotiv c’è il concerto di Why? e la stessa sera a Interzona ci sono i Black Mountain. Che fare?
4. Gli Acido Pastello sono vivi. Sì. Hanno ben trentasette ascoltatori, quasi tutti americani. C’è una nuova Fender Jaguar, una batteria dispersa per l’Italia, nuove idee e rinnovato amore.
5. La mia batteria è divisa in due parti: cassa e tom sono alla Lou Fai, il resto riposa tre piani sotto terra a Bologna, in un garage.
Ben presto tornerò lì, per suonicchiare.
E’ molto divertente sapere che nei giorni in cui io me ne stavo a Verona, là sotto, in quel garage, provava un gruppo denominato "Il Genio".
Io ne ho solo sentito parlare in lungo e in largo e ho rigirato tra le mani il loro disco alla Fnac. Tutto ciò ha un che di metafisico. Siamo stati coinquilini e non ci siamo mai visti.
6. Ma poi perchè ti ho ringraziato, quella volta? Non era mica merito tuo. Vabbè, in parte sì.
7. Sto cercando un lavoretto. Credo anche di averlo trovato. Ecco perchè ho in programma tanti bei concerti con il cuore leggero.
8. Ecco perchè mi prometto di andare al Disco d’Oro a fare la spesa.
9. Dovevi saperlo della mia sbronza. Sì. Ed era la seconda che mi prendevo a Bologna. Anche se la prima non era neanche lontanamente paragonabile alla seconda. Te l’ho detto perchè le altre volte mi è successo eravamo o a casa dei nostri ex-amici, quelli brutti che non sentiamo più e che te rinneghi, o alla Lou Fai. E te eri nei paraggi. A Bologna invece no. Insomma, le mie sbronze a Bologna mi causano smarrimento. E poi il giorno dopo vado sempre a lezione di batteria. Non ti dico come suono bene.
10. Io presto andrò in America. New York! Hoboken! il Maxwell’s!

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i’m gone
Scritto da verdeanita il maggio 10th, 2008 | 3 comments

L’ultima volta che sono entrata in casa e ho trovato le mie coinquiline ad attendermi sul divano, mi sono fatta odiare per la mia indiesaccenza.
Loro mi accolsero con lo sguardo pieno di gioia e mi comunicarono di aver trovato la canzone "mai-più-senza". Avevano tanta voglia di ascoltarla di nuovo.
Ma io avevo già passato quella fase e la canzone "mai-più-senza" l’avevo ascoltata fino allo sfinimento e il video di quella canzone aveva inquietato i miei risvegli per più e più giorni.
Così, quando loro mi dissero "Il gruppo si chiama mm-gh-mm-th" io risposi velocemente "ah, i MGMT!".

Generalmente si torna a casa ogni volta che si è stati via per un po’.
Quando l’altro giorno sono tornata di nuovo a Verona avevo l’impressione di esserci tornata in modo diverso. Perchè era successo qualcosa, anche se è qualcosa di abbastanza indefinito.
Volevo scriverlo, nei giorni scorsi, ma forse non avevo pezzi di carta nelle vicinanze.
Ero a Bologna e volevo dirlo: "Ho l’impressione di essermi trasferita qui, anche se non so quando è successo. Non è stato quando ho portato qui i pezzi della batteria e nemmeno quando ho sentito che la primavera stava arrivando perchè riuscivo a pedalare senza guanti e neanche quando ho sbagliato il mio primo bucato e ho fatto diventare rosa tutte le mie mutande. Forse, il momento più preciso che riesco a individuare è stato quando un giorno era cominciato con nuvole e pioggia e il sole era ricomparso solo verso le sei e mezza e ho visto l’ombra delle foglie sulla finestra della cucina e allora mi sono detta che era ora di uscire ho preso la bici e ho fatto scorrere il dito sulla ghiera cliccabile fino ai Neutral Milk Hotel e poi ho fatto tutto il giro dei viali, in senso antiorario. E così ho scoperto che abito nel punto più basso di Bologna e che verso i giardini Margherita gli alberi mandano un profumo buonissimo."
Oggi ho passato tutto il giorno a casa e poi sono uscita e sono andata in centro. Sono passata davanti al mio Liceo per la prima volta dopo tanto tempo. E ho guardato il chiostro per bene e non riuscivo a capire perchè a guardarlo da RaiDue la luce sembrasse così diversa.
Poi ho preso un cono gelato con due palline (ho dovuto ricordarmi che qui i gusti si scelgono a palline e non a cestine, come a Bologna) alla cannella e al gusto "torta sacher" pensando "questo gelato sa di sera di aprile, aspettando che inizi un concerto tanto atteso o di pomeriggio di maggio pieno di paura per lo spettacolo di teatro imminente".
Mi ero scordata dello spettacolo di teatro. E’ stato mio fratello a ricordarmelo.
Ci sono andata perchè è bello, perchè è una specie di tradizione che vorrei conservare e perchè è occasione di riflessione.
Ho incontrato i miei professori che mi hanno guardato come se fossi cambiata. "Era da un po’ che non ci venivo, da queste parti." Infatti, mi dicono, e poi mi chiedono cosa è successo e io racconto di Bologna, di come sto bene, di come mi diverto ma di come faccio anche cose importanti e impegnative. Ed è strano sentirsi dire "Sì, ti vedo proprio bella. Ti fa bene l’università".
Forse mi rendo conto solo ora che durante il mio ultimo anno il mio aspetto era veramente terribile.
Mi sono seduta vicino ad una mia professoressa che era contenta di vedermi quanto lo ero io.
Parliamo un po’ e parliamo anche delle cose brutte che sono successe.
Ero a Verona da poche ore, ma capivo che l’aria era veramente pesante.
E poi mi dice che uno dei cinque era un suo alunno e non sa che tono usare, nel dirlo.
[Io spero che quando la gente guarda con ammirazione le cose che faccio sappia che io tutte queste cose le faccio anche grazie a loro.]
Lo spettacolo di teatro è sempre geniale. C’è una forza grandissima che passa dal palco al pubblico. C’è tutta la crescita di un anno nelle battute a volte divertenti, a volte importanti.
Ho fatto bene ad andare ieri sera. La rappresentazione di oggi è stata annullata.
Oggi le bandire erano a mezz’asta, i negozi hanno tenuto le saracinesche abbassate, le campane hanno suonato a mezzogiorno e non c’era spettacolo di alcun genere.
C’era un pellegrinaggio silenzioso a Porta Leoni.

E’ da tempo che ho voglia di andare a trovare la mia maestra delle elementari. L’ultima volta che l’ho vista e le ho raccontato quello che facevo ero in seconda liceo.
Oggi ho pensato che come incontro potrebbe essere strano. Perchè nel rivolgerle la parola dovrei darle del "lei" e sarebbe strano perchè le ho sempre dato del "tu".
E lei è sempre stata molto più grande di me, e in questi anni sono cresciuta io e quindi sarebbe più logico che fosse lei a darmi del "lei" e anche questo dev’essere strano: parlare in terza persona ad una donna a cui hai insegnato a leggere e a scrivere.

Non so se prendere il treno domani o lunedì mattina. E’ strano non avere la batteria alla Lou Fai.
Non vedo l’ora che sia giugno, non vedo l’ora di ballare sul prato. Ho tante di quelle canzoni da far suonare.

Dead Meadow – Old Growth
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