Postumi peggio di tutti gli altri.
Scritto da verdeanita il novembre 22nd, 2009 | 2 comments

Ricordo con affetto i tempi in cui non esistevano i social network.
In quei tempi, nelle sere fredde d’inverno che passavo in casa perché il giorno dopo c’era scuola e non aveva senso uscire, vagavo per i meandri del web cercando nuovi post su blog che mi facevano sentire meno sola, nonostante le persone che vi scrivevano non avessero volto e, spesso, neanche una chiara collocazione geografica. Non esistevano i feed e quindi ero costretta ad aprirli uno per uno, a memorizzare i loro indirizzi o a ricordami il percorso per giungervi tramite i vari blogroll. Quando nessuno di questi era aggiornato, solitamente, ripiegavo sugli archivi. Li ho letti tutti. Sì, cari blogger di mille anni fa che ora conosco di persona: io i vostri archivi li ho letti tutti. Ma in fondo questo non è un peccato, poiché se certe cose le avete scritte, evidentemente era perché cercavate qualcuno che le leggesse. Il peccato, ora, è un altro. Che ora, nelle sere d’inverno che passo in casa perché non ho voglia di uscire perché Via Indipendenza è la via più bastarda da fare in bicicletta, con la sua impercettibile pendenza, perché qui non c’è nessun fiume da guardar scorrere e quindi il semplice vagare mi fa sentire più disadattata di quanto io sia veramente, se avessi internet, perché fortunatamente non ce l’ho, ed è per questo che riesco a scrivere, perché se ce l’avessi, e qui torniamo a qualche virgola fa, passerei la sera ad aggiornare continuamente la pagina di twitter per leggere nuove parole da gente che mi conforta. Solo che, a rifletterci, 140 caratteri confortano molto meno di un post lungo. E quindi io invoco il ritorno al post lungo. Alla narrazione stupida delle nostre vite.
Volete che vi narri la mia? Potremmo partire dalla mia situazione universitaria. Ebbene, mi manca appena un esame e la tesi. Insomma, tra tredici crediti mi laureo. Nel frattempo ho però perso la borsa Erasmus. Il che potrebbe significare kein Berlin se non fosse che, poiché dovrò cazzeggiare fino a settembre, quando mi iscriverò alla specialistica, è molto probabile che io decida di farlo in un posto dove il cazzeggio sia serio e duro come un lavoro ma al contempo economico.
Vogliamo parlare del mio compleanno? L’ho passato a letto, con il termometro che scoppiava. Fortunatamente avevo deciso di festeggiare il sabato precedente, approfittando della presenza di un gruppo a me caro in quel di Interzona. Fu una serata gradevole, anche se passai poco tempo con tutti, e questa è una cosa che mi dispiace sempre.
Vogliamo narrare la mia ultima gita a Ferrara? Se dicessi che ero un bel po’ brilla e che ho perso un paio di treni non ci sarebbe nulla di strano. E’ una scena che si ripete più o meno una volta al mese. Sono riuscita a prendere il treno delle quattro e mezza, correndo fino alla stazione. Il bar dove di solito faccio colazione a certe ore improbabili della mattina era già aperto. Il treno era in realtà un pullman che si è fermato probabilmente in tutti i paesini dell’Emilia e che mi ha finalmente riportata a Bologna alle cinque e tre quarti. Erano appena cominciate le corse diurne degli autobus e i panifici e i giornalai cominciavano a dare i primi segni di vita. Giunta a casa ho tirato giù le tapparelle, ho riempito la borraccia e l’ho posta vicino al letto, per reidratarmi, e ho sognato Doug Martsch ed è stato un sogno bellissimo.

le sei del mattino.

Sto pensando che più delle declinazioni e dei vocaboli, sia il caso di tradurre in tedesco alcune delle mie espressioni favorite, tipo "hai fatto il giro", "pucci", "martini bianco con ghiaccio e limone", "se un autobus a due piani si schiantasse ora contro di noi sarebbe un bel modo di morire", "ma è come ballare i Mogwai" e via così.
(La foto l’ha scattata Rosanna questa primavera. File under: Ferrara, a caso, sbronza, treni persi)

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