I biscottini indie di mamma Cristina
Scritto da verdeanita il novembre 21st, 2011 | 1 comment

L’idea di cucinare dei biscotti per il gruppo del mio cuore mi venne a Milano, nel lontano 2006. Non ve lo dico di chi era il concerto, perchè tanto potete facilmente immaginarlo (dai, provate a indovinare). L’idea venne poi attuata qualche anno più tardi, in quel di Interzona, per il concerto dei My Awesome Mixtape. Quando i My Awesome Mixtape tornarono, cucinai ancora gli stessi biscotti. Sabato a Interzona c’erano i Saroos e in apertura c’erano i Quakers and Mormons che, oltre ad essere ottimi musicisti e cari amici, sono anche due membri dei My Awesome Mixtape. Mi sembrava quindi brutto non ripetere la tradizione. E così ho cucinato i soliti biscottini, che sono molto buoni e sono perfetti per essere donati ai gruppi perchè si possono preparare in due fasi e, calibrando bene i tempi, possono arrivare a fine concerto ancora tiepidi. Ecco la ricetta:

350 g di farina bianca
250 g di zucchero
150 g di fecola di patate
200 g di burro
2 uova
1 bustina di lievito per dolci
100 g  di mandorle o nocciole sgusciate
1 pizzico di sale

Mescolare farina, zucchero, fecola, lievito e sale. Aggiungere burro freddo a scagliette o dadini, incorporarlo lavorandolo con le mani, aggiungere le uova, impastare bene, aggiungere le mandorle (o le nocciole) e formare dei grossi rotoli di circa 3 cm di diametro (come si fa con gli gnocchi), mettere i rotoli in freezer per due ore o più (arrotolati nella pellicola trasparente), tagliarli a rondelle di 1 cm circa, coprire la piastra del forno con carta da forno e posarvi sopra le rondelle ben distanziate l’una dall’altra. Infornare per 15 / 20 minuti a circa 180°

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Bewegung
Scritto da verdeanita il novembre 18th, 2011 | 1 comment

L’album su Facebook relativo ai miei ultimi spostamenti l’ho chiamato “Bewegung” che in tedesco vuol dire “movimento”. Perchè è di questo che si tratta, quando si viaggia, no? Non è stata solo la prima volta che mi sono spostata al di là dell’oceano ma anche una serie di aerei e giri in macchina che mi hanno portata da persone a cui voglio bene e con cui non ho la fortuna di condividere uno spazio gestibile.

Venerdì non avevo voglia di fare lo zaino. Lo facevo a rate. Mi spostavo dalla cucina all’armadio, dalla camera di Jan (dove c’era la solita baldoria e la solita birra) alla mia, senza venirne a capo. E venne mezzanotte e poi l’una e poi la Giulia che mi chiama e allora andiamo a consolarla all’ingresso e poi le due e allora faccio il dritto e poi le tre e allora magari dormo e poi le sei ed è ora di andare in aeroporto. E fu così che partii per il mio viaggio più lungo di sempre con lo zaino più leggero mai avuto.

Sabato mattina in aeroporto c’erano mio fratello e il Campa. Io ero stanchissima ma logorroica nonostante tutto. Seguì il pranzo con la famiglia, un taglio di capelli e una dormita di un paio d’ora. Alle cinque ero a Interzona ad attendere gli A Classic Education. Il concerto l’avevo già visto un paio di settimane prima a Berlino, così ho potuto concentrarmi sul gratificante tesseramento dei nuovi soci. Dopo il concerto io e il Campa abbiamo messo tutti i dischi che volevamo e tutti hanno ballato. Abbiamo messo delle cose incredibili e alla fine ho messo dei pezzi imballabili perchè stavo crollando e volevo solo andare a casa.

Domenica, dopo un pranzo con la famiglia, io, mio fratello e il Campa siamo partiti in direzione Ferrara, dove mi attendeva Merih. Abbiamo passato la serata a bere vino in tutti i posti dove mi sono sbronzata nel corso del 2009 e lei ha piegato innumerevoli origami di carta. C’era troppo buio e non sono riuscita a fare foto, ma credo la ricorderò come una delle serate più oniriche della mia vita. Però ho scoperto che hanno ripitturato la porta del bagno di Zuni dove nel 2008 scrissi “Unfair” con un pennarello verde.

Il lunedì è stato principalmente occupato dal packing per New York. Alle 18 io e Paolo, vestiti da vampiri, siamo andati ad Interzona, dove siamo rimasti fino alle due circa. Alle due e mezza eravamo a casa e ci siamo ripuliti del nostro pallore. Nostra madre era già agitata e ci siamo immediatamente diretti in aeroporto, con tipo 2 ore di anticipo sul nostro volo. Ore in cui ho cercato di dormire, senza troppo successo. Sul volo le cose sono andata meglio e sono riuscita ad arrivare nella Grande Mela senza complicazioni dovute al jet lag. Non ero semplicemente troppo stanca o troppo sveglia. Ero più che altro in una specie di limbo tra l’essere attiva e il crollare a terra morta.

Era un momento sospeso nel tempo, non era sera ma ero stanca, non era buio ma era notte. Non lo so. Era martedì, però. E di questo, almeno, siamo sicuri. Era martedì e, pur trovandomi in questo stato confuso al di fuori del tempo, sono arrivata puntuale al mio appuntamento tra la 24esima strada e Lexington Avenue, mi sono messa a salutare, abbracciare e baciare una persona che non avevo mai visto (con sommo stupore di mio fratello – “Ma, vi conoscete?”) e poi sono andata a vedere il mio quarto concerto dei Battles del 2011, perchè avevo deciso che sarebbe stato l’anno dei Battles e così infatti è stato.

Della settimana a New York ci sono molte altre cose da raccontare, ma la cosa più bella è stato tutto il movimento che mi ha portata lì.

Nella prima foto: l’uccello di carta di Merih che guarda verso Hoboken, in New Jersey. Nella seconda foto: Merih con me al Korova Milk Bar di Ferrara

Oggi invece sono tornata a Verona per un paio di concerti a Interzona. Stasera Shigeto e domani, serata a cui tengo particolarmente, Saroos da Berlino. In apertura Quakers and Mormons e a seguire i miei dischi (e quelli del Campa)

Categories: berlin, bewegung |

Idealista, inquieta e nostalgica. Dovrebbe essere più perfida.
Scritto da verdeanita il novembre 14th, 2011 | 2 comments

C’è quel post sul mio vecchio blog che parla della mia insoddisfazione e di un soppalco ikea. Mi compiaccio della mia capacità di analisi su me stessa. Nel capire il perchè della mia smania per un soppalco ikea. Non era assolutamente il soppalco ikea. Nella mia camera di ora il soppalco non ci starebbe. Però il mio letto è dell’ikea, come svariate altre cose. C’è poi tutto quello che desidero, in questa stanza: l’hi-fi mostro di mio nonno che mi accompagnò anche a Bologna, dei mobili graziosi e una macchina da cucire che non ho mai il tempo di usare. E mi sento addosso la stessa sensazione.

Ultimamente mi sono definita “nazista”, ovvero particolarmente rigida, in diversi contesti. Quello principale è l’essere una Beziehungsnazi, che vuol dire che per me le relazioni sentimentali sono solo bianche e nere e non ci sono vie di mezzo. Che o stiamo insieme o non ci stiamo e che tutte quelle stronzate tipo le relazioni aperte, gli scopamici e i limonamenti a caso non fanno per me. Tutto ciò probabilmente è solo una struttura solida che mi sono autoimposta per tenere a bada l’eccessiva inquietudine che mi aggroviglia le budella.
“Idealista, inquieta, nostalgica, perfida” è quello che che avevo scritto sul mio blog nel 2004. Direi che idealista, inquieta e nostalgica lo sono senza ombra di dubbio (e questi tre aggettivi fanno un po’ il verso a quello che avevano scritto le mie maestre sulla pagella di prima elementare: “aperta, gioiosa, impegnata”). L’essere perfida doveva essere più una dichiarazione d’intenti ma no, non ce l’ho mai fatta. Non sono perfida, anche se a volte vorrei. Sono buonissima.
Qualche settimana fa ho trovato un voucher da 100 euro per Amazon appartentente al mio ex ragazzo. Inutilizzato. Era il suo regalo di Natale da parte di suo padre. Gliel’ho mandato via mail. Tutte le persone a cui l’ho raccontato mi hanno detto che loro se lo sarebbero tenuti. Io no. E non tanto per via del mio ex ragazzo, ma perchè mi dispiaceva fare questo a suo padre, che mi stava tanto simpatico.
E non è solo questo. Faccio anche fatica a giocare a Risiko, ad esempio.
Qualche giorno fa, però, lo stesso ex ragazzo si è dimenticato di farmi gli auguri di compleanno e io l’ho chiamato per farglielo notare, che forse è stato un atto un po’ da sfigati ma mi sembrava il modo giusto per bilanciare gli avvenimenti. In realtà è stata una telefonata molto gradevole.

La città va più veloce di me. Passeggiare per certi quartieri di Berlino, oggi pomeriggio, mi ha messo addosso una certa inquietudine. Il non sapere come fossero qualche anno fa e il non sapere come saranno tra qualche anno o addirittura tra qualche mese mi fa male. E tutto quel vuoto in attesa di essere riempito. E tutto questo movimento, a volte senza direzione.
“Berlino è così bella che mi fa quasi male” dicevo. E dicevo anche: “Questo è il mio secondo inverno a Berlino ma è come se fosse il primo, perchè durante il mio primo inverno non avevo nessun ricordo che mi stritolasse il cuore e che mi facesse capire quanto è cambiato”.
L’altra sera siamo andati a ballare al Sysiphos che quel posto di cui avevo già parlato, pieno di mirrorball e vecchi lampadari, dentro un qualche vecchio palazzo della Berlino est. Il classico vuoto riempito che mi piace tanto. Ci arriva il tram 21 e tutte le volte mi vengono in mente le Electrelane.*
Mentre mi imponevo di smettere di bere birra per evitare un gigantesco hangover il mattino seguente, mi tornò in mente una sera a New York di qualche giorno prima.
Durante una delle due serate che avevo passato a casa di Alex, nel suo appartamento sulla 1st Avenue, io e mio fratello avevamo cercato di raccontare ad Atusa, la sua ragazza persiana, perchè i racconti de “La boutique del mistero” di Buzzati fossero così fighi. Oltre ai vari racconti che mi sono sempre piaciuti, mi tornò in mente che c’è n’è uno, dentro quella raccolta, che per qualche motivo mi ha sempre fatto piangere e che è “Inviti superflui”. C’è quella frase che dice “Tu sei dentro a una vita che ignoro”, che mi ha sempre fatto sospirare. Quante persone a cui voglio bene sono dentro una vita che ignoro? E quante persone che mi vogliono bene non hanno idea delle cose che faccio qui?
Mentre le luci del Sysiphos sparavano raggi laser verdi e i lampadari si accendevano e poi si spegnevano, pensavo ad esempio a mia madre, e a quello che avrebbe potuto pensare, vedendomi lì. **
Ma in generale, quel racconto che è inquietante come tutti i racconti della raccolta, catapulta l’inquietudine su una persona assente, e desiderata. O presente, ma diversa dai propri desideri. E una cosa del genere temo di riuscire a capirla sempre meglio, più divento vecchia.
E c’è anche dell’altro che potrei dire, ma diventerebbe troppo personale o troppo noioso o anche entrambe le cose.

Tutto questo, le cose che cambiano e l’insoddisfazione, è anche per dire che mi hanno dato il preavviso di due settimane e che quindi tra due settimane sarò senza il mio lavoretto. E che io comincio ad essere un po’ perfida da domani e, senza dire nulla, perchè sinceramente non so cosa dire, domani in ufficio non ci vado.

* Prendere il 21 e andare a fare foto in quella parte di Berlino è sulla mia lista delle cose da fare, come una gita a Taufelsberg
** Stai tranquilla mami: bevo responsabilmente e oltre ad essere una Beziehungsnazi sono anche una Drogennazi e dovresti sentire quando parlo del Fusion con i miei amici. Che tra l’altro pare che siano diventanti un po’ nazi anche al Fusion.

Categories: berlin, diary |

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