Una teiera di ghisa e una penna di plastica
Scritto da verdeanita il novembre 30th, 2017 | Leave a comment

È successo che il mese scorso ci siamo accorte che la caldaia nello sgabuzzino perdeva acqua. Ce ne siamo accorte tardi, e alcune cose che ci stavano proprio sotto si sono rovinate. Abbiamo quindi controllato bene cosa era ormai da buttare e cosa si poteva tenere. Elisa ha trovato un sacchetto di plastica con dentro una piccola teiera di ghisa, un copri teiera fatto a mano e un biglietto che diceva: “For Anita, Thank You. Huda.” Era tra le cose di Maha, ma non me ne ero mai accorta. Era lí da tre anni. Era lì da tre anni e l’ho trovato proprio in tempo per il mio 30esimo compleanno.

Quando era morta Maha avevo scritto questa cosa.

Adesso ho deciso di mettere la piccola teiera di ghisa in una scatola con una penna di plastica.

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Un appartamento vuoto, pieno di cose
Scritto da verdeanita il novembre 30th, 2017 | 1 comment

(questo raccontino era comparso su Plenum, che ora non credo esista più sull’internet. Non credo di averlo mai pubblicato qui)

C’è un appartamento pieno di cose. E un momento dopo l’appartamento è pieno delle stesse cose, ma
improvvisamente è diverso.
Per me, il momento in cui cambiò tutto, fu una mattina di luglio, quando sentii dei rumori provenire dalle
porte del nostro pianerottolo e andai a guardare e vidi la mia coinquilina che piangeva, davanti alle porte
aperte.
Raramente la gente sa cosa si nasconde dentro gli appartamenti dei vicini. Noi invece lo sappiamo o, per
lo meno, lo sapevamo.
Ci sono tre porte e quindi tre appartamenti sul mio pianerottolo e per me quello che accadeva lì era assai
vicino all’idea più idilliaca di vicinato che potessi mai avere.
La porta sulla sinistra è quella dell’appartamento di Frau Elle. Non so quanti anni abbia. So che è
Testimone di Geova, abbastanza sorda e vive da sola. Le mani le tremano tantissimo e spesso ci chiama
per aiutarla ad aprire la porta o per fare altre piccole cose. Eppure, e la cosa per me è un po’ misteriosa,
riesce a cuocere delle torte buonissime e ce ne porta sempre una fetta. Non ha figli, ma ha una donna che
ogni tanto viene a darle una mano. Questa è la figlia della famiglia che abitava prima nella casa dove ora
stiamo noi. Una volta Elisa, la mia coinquilina, l’aveva fatta entrare e lei le aveva raccontato com’era il
nostro appartamento, una volta.
La porta in mezzo è quella dell’appartamento di M. e su di lei ci sarebbero tantissime cose da dire, anche
se lei è rimasta sempre un po’ un mistero.
Suonava il nostro campanello anche tre volte al giorno e la cosa all’inizio mi infastidiva. Però aveva un
sacco di cose per noi. Spesso ci portava gli avanzi del panificio dove lavorava. Oppure, quando c’era il
Ramadam, ci portava il cibo avanzato dalle feste serali. L’ultima volta che andai da lei mi regalò un sacco
di stoffe colorate e dei cartamodelli. La volta prima mi aveva invitato a scegliere tra tre pile di
vecchissimi libri. Così avevo scoperto che in passato aveva lavorato come libraria. Veniva dalla Libia e
con lei parlavo sempre in tedesco, anche se chissà quante lingue sapeva. E chissà quanti lavori aveva
fatto. E chissà che vita aveva avuto.
Faceva lavoretti saltuari e prendeva il sussidio. Recentemente era molto stressata per via dei continui
aumenti dell’affitto e i problemi con l’amministrazione della casa, che sicuramente voleva mandarla via e
affittare il suo bellissimo appartamento al doppio o al triplo del prezzo.
Durante l’ultimo anno, oltre a regalarci continuamente cose, aveva anche svuotato quasi completamente il
suo appartamento. Aveva venduto il letto e la maggior parte dei mobili. Dormiva su un piccolo materasso
sul pavimento. Teneva tutte le sue cose dentro scatole e sacchetti di plastica.
Quella settimana di luglio io stavo un po’ male e Elisa mi aveva detto che anche M. non si sentiva bene e
che era andata in ospedale. Le aveva lasciato le chiavi di casa per dare da bere alle piante e poi sarebbe
andata lei a dare le gocce a Frau Elle, che aveva un problema agli occhi e doveva prenderle ogni giorno
alla stessa ora e da sola non poteva, per via delle mani tremanti. E se potevo pensarci io, uno di quei
giorni.
Avevo pensato che fosse l’ulteriore prova del nostro armonioso vicinato. Non mi aspettavo niente di
brutto, fino al mattino successivo.
Le nostre porte di casa erano entrambe aperte, come spesso accadeva quando lei veniva da noi a chiederci
un po’ di latte o zucchero o viceversa, quando ci faceva entrare da lei per scegliere tra i suoi ultimi tesori.
Ma era tutto diverso, quella mattina.
Siamo entrate in casa sua sapendo che dovevamo frugare tra le sue cose e cercare il contatto di qualcuno,
perché a Berlino era sola, anche se sapevamo di una sorella in Spagna e di un cugino che era venuto a
trovarla l’inverno scorso.
Ci siamo guardate intorno, in quello strano appartamento vuoto eppure pieno di cose. Era strano dover
cercare in giro. La sera prima non avremmo osato, ma ora che lei non c’era più tutto quell’ordine perdeva
senso.
Abbiamo guardato la stanza piena di oggetti: cuscini ricamati, soprammobili dalle forme buffe e
tantissime scatole e sacchetti di plastica pieni di bottoni, vecchie fibbie, perline, gomitoli di lana e altre
cose conservate ordinatamente.
I sacchetti di plastica erano nuovi, non erano ingialliti. Perché M., nonostante la casa piena di oggetti, non
era un’accumulatrice. La sua casa e le sue cose si muovevano. Le stoffe diventavano qualcosa di nuovo.
Se trovava qualcosa di bello ce lo regalava. Era una specie di ricercatrice di cose che poi passavano di

mano in mano.
Qualche giorno dopo arrivò sua sorella, per svuotare l’appartamento. Soprattutto, si stupì di trovarlo così
vuoto, senza i mobili che aveva visto l’ultima volta che era venuta a trovarla.
Forse anche M. si preoccupava di ciò che sarebbe successo alle sue cose, e così le aveva già
meticolosamente vendute, regalate, o chiuse in tante scatole e sacchetti di plastica.

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