Resteremo tutti qui
Scritto da verdeanita il agosto 22nd, 2014 | Leave a comment

“Il breve attimo in cui tutto è possibile. Quello è l’attimo dell’amore. Come rimpiango di non poter afferrare quell’attimo in cui tutto è possibile, e fermarmi lì.”
– Per Olov Enquist, “Il libro di Blanche e Marie”


Non sapevo che quel locale con le vetrate enormi vicino a Boddinstraße fosse Villa Neukölln. Comunque è lì che ci troviamo, seduti su un divano enorme, a raccontarci episodi significativi delle nostre vite.
“Avevamo cominciato a chattare e poi eravamo diventati amici su MySpace e poi su Skype e poi… credo di aver attraversato sette anni di evoluzione dei social network, chiedendole l’amicizia. E non l’avevo mai vista. E poi lei ad un certo punto mi ha detto: – Ehi, vengo in Europa!- e io ho detto: – Ok, andiamo in tour insieme! – e quando sono andato a prenderla in aeroporto credo di non essere mai stato così nervoso in vita mia. E poi i primi giorni sono stati strani e i giorni successivi… bè, lo sono stati ancora di più. E non importa quante canzoni avessi scritto per lei e quanto avessi fantasticato sul momento in cui saremmo finalmente stati insieme… alla fine è andato tutto male e non so spiegarmelo.”

Venerdì, anche se in realtà era già sabato mattina, passeggiamo fino a Rosenthaler Platz. Lo guido io perché lui non conosce le vie, anche se io l’avevo avvisato che in quella zona di Berlino mi perdo sempre, anche dopo quattro anni, ed è un po’ imbarazzante come cosa.
“Credo che capisci di essere a Berlino da un tempo considerevole quando, uscendo dalla metro a Rosenthaler Platz azzecchi l’uscita più vicina al posto dove devi andare.”
“Noi dobbiamo andare là, vero?”
“Sì, infatti l’uscita per il Kim Bar è la più semplice perché basta seguire le indicazioni per Brunnenstrasse e il Kim Bar è proprio di fianco.”
Al Kim Bar non ci mettevo piede da mesi e comunque riconosco metà degli avventori. La cosa che mi mette tristezza, però, è vedere le impalcature sulla facciata del civico 183. Hanno cominciato i lavori e la gigantesca scritta che tanto mi piaceva non si legge più.
Ci passavo davanti spesso, quando avevo tempo e passavo le domeniche a passeggiare per Berlino facendo foto con la mia Canon.

Quando passeggiavo per Berlino facendo foto con la mia Canon ascoltavo gli Electric President e la mia canzone preferita parlava di dieci migliaia di linee. Sono quelle che ti partono dalla pancia quando fai progetti bellissimi perché hai voglia di farli, perché sai che sono realizzabili o almeno quello è quello che la pancia ti dice.

Un altro giorno torno anche a Wedding, dopo mesi. Era un posto dove andavo quando la mia vita era diversa, perché a Berlino le cose cambiano sempre velocemente.
Io e la mia amica siamo in un bar e ci raccontiamo gli ultimi mesi, perché ci vediamo solo saltuariamente e c’è sempre tanto da raccontare.
“…e poi mi ha detto che si è innamorato di una ragazza francese.”
“E ci pensi ancora?”
“Ma sì, un pochino ci penso. Ma sono solo invidiosa, non sono gelosa, perché se c’è una cosa che ho imparato l’anno scorso è che siamo tutti ugualmente fantastici e quindi di sicuro lei non è meglio di me. E neanche peggio di me. Probabilmente è fantastica, come me!”
Alla fine io le dico che sono contenta che le cose, tutte le cose, siano andate come sono andate. Che tutto sommato non importa che sia finita, con lui, perché quando stavamo insieme stavamo insieme sul serio.

Che non importa tanto se le cose alla fine non vanno come le si era programmate all’inizio, se l’incontro che si era aspettato per tanto tempo non va come previsto, se il giorno della festa sul prato piove, se il regalo che hai comprato si rompe, se la casa che avresti voluto occupare per sempre viene sgomberata, se Berlino cambia. La cosa più bella è la sensazione di possibilità che si prova.

A volte penso che la nostra storia sia rimasta là, dentro quel supermercato. Eravamo andati a fare la spesa per smettere di pensare a quello a cui stavamo pensando, e poi ad un certo punto ero tornata ad essere triste e mi ero fermata, mentre camminavamo tra i reparti tenendoci per mano e gli avevo detto: “Ma non avremo mai tempo per fare tutto quello che volevamo fare!”
Che è un po’ quello che provavo quando passavo per Brunnenstraße e leggevo quelle scritte enormi che dicevano “Resteremo tutti qui!” e invece non è rimasto nessuno.

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Fotografie anitose
Scritto da verdeanita il luglio 8th, 2014 | Leave a comment

Ho cominciato a postare su Tumblr tutte le foto dall’estate scorsa fino a dove arrivo. Ho appena cominciato a postare quelle del mio viaggio fino a Belgrado di cui non ho mai fatto in tempo a parlare.

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I posti di Budapest che mi hai fatto vedere
Scritto da verdeanita il dicembre 20th, 2013 | 1 comment

A Budapest, nell’ottobre del 2012, comprai un quaderno di carta con delle mongolfiere sulla copertina. Mi ricordava la copertina di “In the aeroplane over the sea” e lo comprai anche se sapevo che non l’avrei mai usato, perché io scrivo solo sui quaderni rigidi a 3 euro che si comprano da Karstadt. Lo comprai per regalarlo e tra pochi giorni lo regalerò ad una persona che nel 2012 non conoscevo. Quindi è giunto il momento di postare questo vecchio post du Budapest. Grazie a Giovanni per il momento più 2008 del 2012.

Ti ricordi di quella volta che mi hai portata in giro per tutta Budapest e il giorno dopo ero stanchissima ma non avevo ancora visto il Danubio e allora invece di riposarci abbiamo fatto meranda sul balcone del nostro ostello con dei crostini alla pancetta e un orribile energy drink al limone per ripartire subito?
Eri stato a Belgrado pochi giorni prima e io ti avevo portato nel mio posto preferito, lassù, dove si vede tutta la città. E faceva ancora abbastanza caldo da poter stare fuori, sul tetto.
“Qual’è la prossima tappa?” – ti avevo chiesto. “Timisoara e poi Budapest. Anzi, perché non vieni anche tu? Ti faccio vedere un paio di posti…”
L’idea era anitosa e allettante. Pensavo che però non potevo farlo, che avevo i miei in visita, che i weekend che mi rimanevano a Belgrado si contavano sulle dita di una mano, e poi in fondo neanche ti conoscevo.
So che ti avevo conosciuto nel 2008, che ti vedevo a Zuni. Tu ti ricordi un momento preciso, io no.
Ferrara era un periodo, una cosa confusa. Ero perennemente sbronza, avevo perennemente perso l’ultimo treno, ero perennemente persa. Andavo a Ferrara per ritrovarmi.

Pochi giorni dopo ero su un treno, sapendo che il viaggio sarebbe durato otto ore.
Novi Sad, poi Subotica (e io avrei tanto voluto scendere a vederla), il controllo dei passaporti sul treno, e poi, infine, Budapest.
La stazione è stupenda e io penso che è ottobre e sono in un posto inaspettato e tutto è un po’ a caso ed era da tempo che non facevo cose così a caso.
Nell’ostello il tizio alla reception ha una maglietta dei Dinosaur Jr. e la tizia che si prepara da mangiare in cucina ha i capelli blu.
Ti racconto che a Belgrado, per la prima volta, ho cominciato a sentire la mancanza delle persone. E che la cosa mi piace.

A Budapest comprai anche un piccolo regalino a Michele e Merih perché nel negozio mandavano gli Yo La Tengo, Tom Courtenay. Ed era proprio grazie agli Yo La Tengo che io e Michele avevamo conosciuto Merih. E in quel momento mi mancavano. E così decisi di comprare tre spillette, una per ciascuno.
La storia era talmente carina che dovetti per forza raccontarla al commesso carino che me le stava vendendo. E lui si illuminò ai miei racconti pallosi e così 2006 e mi chiese subito il contatto su LastFm, che è una cosa molto 2006 per esser stata fatta nel 2012, e poi parlammo dei Pavement e dei Modest Mouse.
Uscita dal negozio avevo le gambe di burro perché lui era veramente carino.
Avevo un pizzicore allo stomaco come ai concerti migliori della mia vita, come quando mi innamoravo dei momenti, delle sensazioni.

Ti ricordi quella volta che ti ho detto che avevo sognato che andavamo finalmente a sentire gli Yo La Tengo insieme e che ti stringevo la mano e poi cominciavano con Tom Courtenay e io mi mettevo a piangere, e poi siamo effettivamente andati a sentire gli Yo La Tengo insieme e hanno cominciato proprio con Tom Courtenay?


(foto fatte a Budapest nel’ottobre del 2012, testo scopiazzato dal diario che tenevo a Belgrado)

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