Questo blog è completamente abbandonato? Da quando è morto Bowie ho perso l’ispirazione? Oppure ho passato la primavera a fare gli ultimi tour e concerti, l’estate a scrivere la tesi a Dahlem Dorf e poi sono tornata in Italia e poi a Berlino e poi in Italia ancora e poi nei Balcani (Ljubljana, Belgrado e Skopje) e quindi non avevo molto tempo ma se non posto almeno la classifica di fine anno è proprio la fine.
Quindi, come al solito, ecco i miei dischi del 2016. Da un paio di anni ho finalmente il tempo (e il dovere) di ascoltare molti più dischi, ma questa non è una classifica di qualità. Sono più gli album che mi hanno fatto da colonna sonora o che hanno significato qualcosa di particolare (poi ovvio che sono anche belli).
10. Haley Bonar – Impossible Dream
La prima canzone su quest’album si chiama “Hometown” e tutte le volte che l’ho ascoltata ho pensato a Verona e anche se è estremamente malinconica e non perfettamente adatta al mio ritorno a casa più bello (a ottobre), dice delle cose che ho spesso sentito vicine. Tutto l’album l’ho trovato stupendo e ascoltato tantissimo.
Qui “Hometown” live a KEXP. Se guardate tutto il live, l’host è Kevin Cole, che è già la mia persona preferita del 2017, dopo averlo conosciuto a Ljubljana.
9. Lucy Dacus – No Burden
Era febbraio quando ho scoperto Lucy Dacus. Me lo ricordo perché questo disco mi ha accompagnata per un paio di passeggiate a Schoneberg, che ancora mi era nuovo. E c’era freddo. Lei non era ancora su Matador. I misteri del booking non l’hanno ancora portata a Berlino, ma spero di vederla presto.
8. Slow Steve – Adventures
Quando i gruppi si reinventano, c’è sempre un po’ di paura. C’è ancora più paura quando tali gruppi sono tuoi amici e magari si aspettano commenti da te e tu invece hai visto un paio di concerti disastrosi e sgangherati e temi per il peggio. In questo caso temevo per il peggio. Quindi poi quando il disco è uscito e l’ho consumato ho ammesso a Remì più volte “È bello sai, è veramente bello!”. Poi dal vivo è ancora meglio, tanto che una volta suonavano a supporto a non mi ricordo chi e dopo di loro sono scappata a casa perché non volevo vedere altro.
7. The Radio Dept. -Running Out of Love
La mia playlist “Album 2016” mette questo disco direttamente sotto quello dei Repetitor, che è in serbo. La prima canzone su “Running out of love” si chiama “Sloboda Narodu” che è un titolo in serbo. Mi piaceva tantissimo vedere i due dischi vicini. Ritorno stupendo. Probabilmente è ora di cambiare e mettere qualche nuova canzone al posto di “Heaven’s on fire” quando metto i dischi.
6. Motorama – Dialogues
È capitato molto raramente che i ragazzi con cui mi frequentavo mi passassero gruppi di cui ignoravo totalmente l’esistenza e che finissero per piacermi. Anzi, probabilmente non era mai capitato. I Motorama sono quindi il primo gruppo che collego a scene romantiche, ad ascolti a distanza (dico io, mi prenderò mai una cotta per una persona che abita almeno nella stessa regione?). C’è un loro vinile che mi è stato regalato e che fortunatamente non ho schiacciato, mentre dormivo all’aeroporto di Parigi aspettando il mio volo. C’è un loro concerto a Padova a cui non sono andata per far finta che non ci pensavo più. E quindi dal vivo devo ancora vederli. Avevo detto “Mi piacciono, perché sono così cupi e malinconici, ma c’è sempre qualcosa di leggero nelle loro canzoni”. E sono anche molto derivativi, ma in un modo molto onesto e semplice.
5. His Clancyness – Isolation Culture
Conflitto d’interessi? Ho avuto una diatriba in ufficio sul fatto se sia lecito o meno inserire i dischi dei propri artisti nelle classifiche di fine anno (o di Paper and Iron in generale, e in questa classifica ce ne sono parecchi), ma alla fine questo è uno dei dischi che ho ascoltato di più, l’ho adorato dal momento in cui me l’hanno passato come link privato e ho continuato ad ascoltarlo per tutto l’anno. E sono molto contenta di averlo portato in giro per l’Europa, e nei primi mesi del 2017 anche i posti a me incredibilmente cari (come Belgrado).
4. Kevin Morby – Singing Saw
Ascoltavo questo disco sulla via per il laghetto di Krumme Lanke e mi rilassava tantissimo. Un’altra cosa che mi rilassava tantissimo era sentirlo cantare “i miei occhi si riempiranno di lacrime” in due canzoni, la prima con estrema calma, la seconda con gioiosa rassegnazione. I suoi concerti si sono matematicamente e specularmente sovrapposti a certe cose che mi sono capitate e lo so che sono solo coincindenze, ma a me le coincidenze piacciono molto.
3. Jenny Hval -Blood Bitch
Quante volte ho ascoltato questo disco? Quanto ho amato il fatto che parlasse (anche) di cose disgustose di cui non si parla mai? Amore, capitalismo, sangue. L’unico mio problema con Jenny Hval è che ancora non sono riuscita a vederla dal vivo e anche nel prossimo futuro non sembrano esserci possibilità, nonostante grazie al mio lavoro abbia un sacco di spoiler sui suoi spostamenti.
2. Mitski – Puberty 2
La prima volta che ho sentito Mitski ero in ufficio. Qualcuno aveva fatto partire “Your best american girl” e mi era piaciuta tantissimo. Poi un giorno ho deciso di ascoltare l’album intero e mi pareva che ogni canzone fosse meglio della precedente. Non ho fatto altro che pensare “Wow” per tutto il tempo.
- Bernays Propaganda – Politika
Ogni volta che una band si reiventa, dicevo anche prima, c’è sempre un po’ di preoccupazione. Quando ho sentito che i Bernays Propaganda (che avevo visto a Belgrado nel 2012 in apertura ai The Ex) erano rimasti in tre e avevano sostituito il batterista con una drum machine non sapevo bene cosa aspettarmi. Ma in questo caso il cambiamento mi ha sopresa e in modo positivo.
Quando li ho visti la prima volta, ero rimasta spiazzata, perchè erano anche troppo potenti. Avevano una leader super carismatica, canzoni ballabilissimi ma piene di rieferimenti politici durissimi e testi in macedone: era un mix che poteva risultare troppo per molti (e per me lo era stato). Invece in “Politika” diventa tutto apparentemente più morbido, anche se è solo un’impressione iniziale, perché sotto la loro durezza rimane invariata.
Per me la scoperta dell’anno (infatti poi sono finita a Skopje come una vera fangirl per vederli suonare nella loro città, ma questa è un’altra storia).
Bonus: The Notwist, che hanno fatto un disco live che ho ascoltato forse troppo, La Femme, che hanno fatto un disco molto tamarro ma di cui avevo bisogno.
Victoria
Esiste una recensione di Victoria su Broadly che non vi linkerò perché contiene una quantità esagerata di spoiler. Sostanzialmente dice che il film è una figata ma che l’unica cosa che non sta in piedi è il fatto che una tizia decida di andare a ballare da sola in un giorno presumibilmente infrasettimanele, poche ore prima di andare a lavorare, che si metta a parlare così tranquillamente con un gruppo di perfetti sconosciuti e decida di seguirli. Altra critica, mossa da Norman – il commesso del negozio di dischi – è che sia un film su Berlino che ne parla in modo sbagliato.
Alla prima critica risponderei: “No, ma a me sembra una cosa perfettamente normale. A Berlino ci sono feste ogni giorno e, soprattutto, ad ogni ora, come ho raccontato in questo post su Soft Revolution“. Alla seconda critica ho risposto più volte: “Norman, hai guardato solo l’inizio del film!”.
“Victoria” potrebbe sembrare un film su Berlino, e i locali sempre aperti, l’inglese parlato alla cavolo di cane con gli sconosciuti, le serate che continuano sui tetti con birre dello Späti rendono l’ambientazione abbastanza chiara. Ma anche senza Berlino restrebbe un film stupendo. È un film con attori bravissimi, un ritmo perfetto, nonostante siano praticamente tre parti quasi staccate. È anche un film che non pur non passando minimamente il test di Bechdel, ha una protagonista femminile che spacca i culi sotto un sacco di aspetti.*
Come se tutto questo non bastasse: è un film girato in un unico piano sequenza (e che a Birdman gli mangia in testa).
Fatevi un enorme favore e guardatelo.
*Perchè fa sempre bene ricordare che il test di Bechdel non valuta se un film “è femminista”, serve solo a dimostrare la scarsa presenza di personaggi femminili non dico “forti” ma come minimo “sensati” nelle mondo del cinema.
Magic Mike XXL
E dopo questa breve parentesi femminista, perchè non parlare di Magic Mike?
Non mi sarebbe mai venuto in mente di andare a vedere Magic Mike XXL intenzionalmente. Il fato ha però voluto altrimenti. A luglio mi sono ritrovata a passare una giornata a Rijeka con qualcosa come 40 gradi. Io ed Erin, dopo aver provato a camminare un po’ per la città, ci siamo arrese alla temperatura invivibile e ci siamo rifugiate in un centro commerciale. Il centro commerciale aveva, come ogni centro commerciale che si rispetti, una multisala (mentre aveva una sala giochi molto scarsa). Così siamo andate a vedere Ant Man. Abbiamo anche scoperto che il biglietto costava 4 euro a testa. Abbiamo anche comprato una quantità imbarazzante di pop corn e affini, scoprendo che avevamo speso solo 6 euro a testa. Già a questo punto era un’esperienza indimenticabile. Poi però è finito Ant Man, era ancora presto e quindi ci siamo infilate in una sala a caso. E dopo qualche fotogramma Erin ha detto: “Mi pare di averlo già visto… è Magic Mike!!” (perchè lei invece era andata a vederlo intenzionalmente).
Ora però sono convinta che tutti dovrebbero vederlo intenzionalmente. Tutti coloro che apprezzano gli addominali maschili e/o i Backstreet Boys.
The Martian
Stavo aspettando il film di “The Martian” da gennaio, ovvero da quando ho letto le prime pagine del libro. È stata un’attesa orribile, complicata dal fatto che hanno anticipato la data di uscita e che non ho potuto parlare per una settimana con mio fratello per non rischiare spoiler. Anche prenotare i posti al cinema è stata un’impresa (un solo cinema lo mostrava in lingua originale, bisognava pagare in anticipo, c’erano solo posti orribili e solo 3D). Ma tutta questa fatica (#fistworldproblems) è stata ripagata dal fatto che: 1. il film era bellissimo, 2. a vederlo con me c’erano i miei amici con cui più parlo di spazio e con cui guardo Cosmos, ovvero Giulio, Rachel ed Erin, 3. poi ho potuto ricominciare a parlare con mio fratello.
Ah, prima del film sono andata a casa di Giulio per una cena a tema fatta di sole patate lesse.
Jurassic World
Anche “Jurassic World” l’ho visto in buonissima compagnia ovvero, 3/5 dei The Burning Hell, i Fenster e Heiko. Ad un multisala gigantesco a Potsdamer Platz dove mi sono pure sfondata di cibo. E ci ho conseguentemente lasciato metà del mio affitto. Anche in questo caso mio fratello Paolo l’aveva visto prima di me, dicendo che la cosa dei dinosauri geneticamente modificati aveva un meta-significato.
Prima del film Heiko mi ha fatto notare che io sto a “Jurassic Park” come lui sta ad “E.T.”, ovvero quel film che esce al cinema quando per te è una delle prima volte che ci vai e che conseguentemente di rimane impresso. Infatti quando ho visto IL PARCO mi sono un po’ commossa. Così come mi sono commossa per un sacco di mini-citazioni. Il film è stato figo, però mi dispiace che nessuno dei personaggi avesse un minimo di spessore e tutti, tutti, tutti sono finiti del dimenticatoio appena siamo usciti dal cinema. Esattamente l’opposto dei personaggi di Jurassic Park.
Comunque: esiste gente che non ha mai visto Jurassic Park, inclusa mia cugina.
E questo è tutto. Se dovessi scegliere un quinto film sceglierei probabilmente Mad Max. Il problema è che l’ho visto il giorno dopo di Victoria e qualunque cosa mi avrebbe fatto schifo al confronto.
La mia parte preferita è quando compare Megan Gale e io al cinema stavo per urlare “Ma è Megan Gale!” ma poi mi sono resa conto che nessuno avrebbe capito.
Notevole anche il riassunto che ci ha fatto Nikita: “Un gruppo di gente va verso un posto, poi si gira e torna indietro”.