punteggiatura is overrated
Scritto da verdeanita il gennaio 28th, 2010 | 2 comments

ti giuro ti giuro ti giuro che se avessi saputo che di tutte le sere che ti ho trascinato al Malacarne per placcare il Dirigenze Aziendale 34enne che Ascolta i National (e che probabilmente non possiede nessuna di queste caratteristiche) l’avremmo incontrato solo mezza volta ce ne saremmo andati ai Preti a farci il nostro consueto litro di rosso.
Bu io ho la testa al contempo piena e vuota di date e persone che non ricordo e di brutti pensieri che non riesco a focalizzare. Prima di dormire prendo una pillola blu e faccio sogni a caso dall’andare a farsi una birra con uno dei miei gruppi preferiti a zombie e alieni nel giardino di casa passando per il baciare a caso questo o quello. Ho detto di no all’Anna quando mi ha detto andiamo al Kroen che è l’ultima sera perchè tornava troppo tardi e io la mattina devo studiare, il che, alla luce del fatto che probabilmente passerò l’ennesima notte in bianco, è una cosa inutile. E salutare il Kroen sarebbe stato bello, ma pazienza. Così ho il solito biccherino di vino che mi bevo con la cara Bongio, e Willy che stava aspettando qualcuno e mi chiede progetti futuri e io posso facilmente indicare il tavolo con la cartina di Berlino e dire, puntando il dito, VOGLIO ANDARE QUI. Intanto assisto al rimorchio più preciso della storia. Una tipa che si avvicina, chiede di pesarsi sulla bilancia vicino al nostro tavolo e poi dice cose a caso tipo "Ma eri tu a Interzona sabato sera?" e io divento rossa e mi vergogno e quando mi chiede "Ma come fai a fare la dj lì?" io mi chiedo cosa voglia dire in realtà questa domanda [Tu che metti musica di merda o tu che ti vesti male o tu che hai una vagina o tu che balli in modo così goffo, ma chissenefrega poi] ma alla fine, precisa, comincia a parlare con Willy e se lo porta lontano da Berlino, sul tavolo con la carina di Budapest o Barcellona. La Bongio mi dice che fuori c’è ancora l’Anna e io voglio e non voglio andare al Kroen che poi l’unico motivo per cui ci vado è forse incontare il Dirigenze Aziendale 34enne che Ascolta i National e che appunto probabilmente non possiede nessuna di queste caratteristiche. E poi non è nulla di che, è solo che mi annoio e i 14 punti di Wilsone e i due Roosvelt e i due New Deal e le 13 colonie. Io la prossima volta metto i Nationale e chissenefrega.

Abel – The National

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Caelum, non animum mutant, qui trans mare currunt
Scritto da verdeanita il luglio 5th, 2009 | 2 comments

Ro vive in una casa vicino alla nostra facoltà. Qualche settimana fa anche Irene si è trasferita da lei. Ci sono tre stanza singole, un bagno blu e una cucina verde. Così, adesso che due mie care amiche vivono insieme, sono da loro molto spesso. Come ieri sera, ad esempio. Avevo chiesto a Irene se le andava di accompagnarmi ad un concerto e lei aveva detto di sì. Così ero arrivata a casa loro alle dieci, ma lei non era ancora vestita. Mi sedetti in cucina a guardare la TV con Ro (che non stava tanto bene e non aveva voglia di uscire).
Gettai uno sguardo sul tavolo e dissi:
“Oh, avete comprato Internazionale. Non ho ancora letto l’oroscopo. E’ stata una giornata pessima, chissà che dice.”
“Perché?”
“Adesso vi racconto. Ma prima sapete di cosa avrei bisogno?”
“Di una canna?”
“No, di un bicchiere di vino bianco fresco fresco da frigo”. E così dicendo tirai fuori dalla borsa una bottiglia di Custoza, fresco fresco da frigo.
Il vino fu accolto da urla di giubilo e fu immediatamente aperto e versato in bicchieri forse non proprio adeguati.
“Sono andata a fare colazione alle Scuderie, con Francesco. E non è stato molto bello.”
E poi giù con parole a caso, sempre le stesse da mesi.
“Comunque non è questo il punto. Ero agitata e inquieta e non sapevo dove andare a studiare. Perché devo assolutamente studiare in questi giorni.
Sono passata in facoltà a salutare chi c’era, e c’era solo Maurizio. Ho pensato di andare a S. Giovanni in Monte ma è completamente deserto e mi mette angoscia. E poi, comunque, in qualunque posto fossi andata, sarei tornata a casa dopo dieci minuti, perché ero troppo inquieta. Sapete, avevo bisogno di andare in un posto distante, un posto senza distrazioni…”
“E quindi dove sei andata a studiare?”
“Alla biblioteca comunale di Ferrara”.

oh, You and Ferrara.

Alla fine ricordo che sono finita ai giardini Margherita, sdraiata per terra con Irene. Avevamo finito il vino e, non so come, lei era riuscita a prendere un Martini e una Sambuca per soli tre euro e ottanta (tutti gli spiccioli che avevamo).
“Manca il limone, cazzo.”
“E pensa che me l’aveva chiesto e io nono, grazie, niente limone”.
“Ehi” dico io “guarda come si muove velocemente quella stella”.

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baci sulla fronte e carezze sul ginocchio.
Scritto da verdeanita il settembre 16th, 2008 | 6 comments

In questi giorni sembra che siano tornate le mezze stagioni.
Fa freddo e sono uscita di casa con la mia sciarpa viola, che ho comprato a Istanbul, e nella cassetta delle lettere c’era una busta gialla che veniva proprio da lì.
Settembre è definitivamente il mio mese preferito. Mi succedono sempre cose belle, anche in certi giorni che per il mondo sembrano brutte.
Per certi versi mi sento anche più bellina, a settembre, ma questa è solo una mia percezione mentale (infatti la cura al carciofo si è rivelata fallimentare e sulla mia fronte si sono moltiplicati i brufolini malefici).
Sono tornata a Bologna questo sabato e non sapevo precisamente cosa avrei fatto visto che a casa ero sola soletta e quando si tratta di chiamare qualcuno per uscire divento incredibilmente pigra e preferisco uscire da sola.
Vicino a casa mia c’è un centro sociale in cui non ero mai stata. Ci avevano fatto un paio di concerti degni di nota ma evidentemente non così degni (il più degno era sicuramente quello dei Rosolina Mar a cui non avevo partecipato a causa di un mal di testa di proporzioni gigantesche).
Quella sera presi la mia nuova bici e ci andai.
Avevo ascoltato un disco dei Meganoidi per tutto il pomeriggio, cercardo di calarmi nel mood "quandoeroalginnasioeandavoallemanifestazioneeneicentrisocialiperchèaveronaesistevanoancora".
Ci andai e dissipai buona parte dei miei guadagni in ingresso, una birra media che bevvi con lentezza cercando di darmi un tono, un piatto di spaghetti al pesto e un disco.
Cercai di mandare un messaggio al mio amico Michele, ma ero senza soldi. Più o meno diceva: "Sono da sola all’Anti.Mtv Day. E’ in un centro sociale puzzolente. Faccio tenerezza: ho la spilletta con l’anguria e sto per comprarmi un vinile dei Neutral Milk Hotel. La persona che conosco meglio è il Pernazza degli Ex-Otago. Cool."
Fui costretta a modificare mentalmente l’ultima parte del messaggio quando, poco dopo, incrocia lo sguardo con una persona dall’aspetto familiare.
Ci guardammo negli occhi per una decina di secondi dopodichè io conclusi la sua identificazione esclamando: "Ti sei tagliato i capelli."
Lui era l’omino delle chitarre di Zecchini, storico negozio di strumenti musicali nel centro di Verona, dove io e Alex eravamo soliti passare delle mezz’ore ogni tanto. Ogni tanto Alex prendeva una chitarra a caso dalla parete e improvvisava qualcosa. Mi ricordo un’improvvisazione con una fisarmonica. A caso. [Io adoro le cose a caso.]
L’omino delle chitarre si trovava in quel luogo perchè aveva accompagnato degli amici per suonare.
Infatti il motivo della presenza di tutta quella gente, dei banchetti con gli spaghetti al pesto e le torte vegane e degli ottomila banchetti di dischi di gruppi dai nomi brutti, era un festival di musica cattiva.
In realtà non ascoltai moltissimo della musica perchè i concerti si tenevano al chiuso e dentro le stanze c’era caldo e puzza di sudore. Troppo caldo e troppa puzza di sudore.
Quindi, dopo aver salutato l’omino delle chitarre, mi comprai "In the Aeroplane over the Sea" e tornai a casa per ascoltarmelo, sentendomi un po’ sfigata (come al solito), molto più povera, molto stanca e pensando "Massì, domani sera vado allo Zuni".
Lo Zuni è un circolo Arci nel centro di Ferrara. Ferrara, pur essendo a 47 chilometri da Bologna, è per me quasi comoda da raggiungere.
Mentre viaggiavo su un regionale diretto a Venezia (con la tentazione di andare avanti e andare a Venezia perchè tanto nessuno, o quasi, mi aspettava a Ferrara e nessuno, o quasi, sapeva che ci stavo andando, quindi cambiare destinazione, così, a caso, si poteva fare) scrivevo le mie impressioni sul retro del biglietto del treno. Ascoltavo canzoni che parlavano di treni e stazioni. Pensavo a come era influente la mia percezione sulla effettiva distanza che stavo percorrendo.
Quel giorno avevo pranzato due volte e non avevo ancora cenato. Avevo lo zaino pieno di libri e mi ero fatta disegnare la piantina per lo Zuni sul mio quaderno degli appunti.
Stavo scrivendo sul mio Moleskine l’elenco dei dischi che ho ascoltato quest’anno, l’elenco delle città in cui voglio andare quest’anno e l’elenco delle città in cui ero stata da gennaio fino a quel momento.
Mi ritrovai a scrivere "Ferrara" per quattro volte di fila.
Ci sono andata spesso, pensavo, e tutte le volte che ci sono andata ero in uno stato confuso e ho dormito su pavimenti o su letti inaspettati.
La canzone che stavo ascoltando mi fece riflettere. Il fatto che non apparteniamo più ad un posto non vuol dire che ne apparteniamo ad un altro. Vale anche il contrario? Il fatto che io appartenga a nuovi posti non vuol dire che non appartenga più a quelli da dove provengo. O il fatto che io non appartenga più a nessun posto mi fa in realtà appartenere a tutti i posti.
Pensando a queste cose stavo già passeggiando dalle parti di piazza Castello, per strade che ormai mi apparivano conosciute.
C’era un motivo preciso per cui stavo andando allo Zuni e il fatto che questo "motivo" sia inspiegabilmente scomparso potrebbe farmi arrabbiare ma in realtà non è così.
Fui accolta bene. Come una piccola viaggiatrice che si fa i chilometri in treno senza motivo apparente, che viaggia con la sua cartella delle medie e si porta dietro 12 pennarelli a punta grossa con l’etichetta col suo nome, come se fosse alle elementari.
Fui presentata come quella che organizza concerti e mi ritrovai a regalare spillette.
E bevvi tanta birra, in buona compagnia, realizzando che il mio polso non è così esile come mi piaceva credere.
[Sì, c’era anche un concerto allo Zuni, ma non l’ho ascoltato, ahah.]
In stazione chiesi a un uomo se quel treno che stava per prendere passava anche per Bologna. Lui mi consigliò di ripassare la geografia.
E io risposi che in quel monento avrei dovuto ripassare un po’ tutto e che mi doveva scusare se stavo applicando il mio modo di ragionare ad un treno. A me ogni tanto viene voglia di fare deviazioni improvvise e il mio concetto di vicinanza o lontananza è tutto relativo.
Quel treno poverino, non poteva.

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