Parola d’ordine: strpljenje
Scritto da verdeanita il agosto 16th, 2017 | Leave a comment
Mi è arrivato il ciclo in anticipo. Forse è per quello che lunedí ero di cattivo umore. E sì che il fine settimana era andato bene.
Domenica però avevo mal di testa. Ho quasi trent’anni e non ho ancora capito che non devo mischiare diversi tipi di alcol scadente (birra, pfeffi, mexicaner – che adesso all’Internet Explorer vengono chiamati “firefox”, un sorso di quello che presumo fosse gintonic – “Can I have a sip of what I assume is gin-tonic?”, poi ho chiesto un’altra birra e mi è arrivato del vino rosso, poi ho smesso. Sembra tanto ma avevo cominciato alle sei. Sembra tanto ma è solo che sto invecchiando).
Domenica c’era il sole e mi dispiaceva non essere fuori. Sarei potuta andare ad un festival sul laghetto. A Weissensee. A quel laghetto ci ero stata solo due volte, una con Marco, una con Karin. La seconda volta avevo anche fatto delle foto.
Non potevo andare al laghetto perché ero stanchissima e perché il biglietto costava troppo. Ho passato tutto il giorno a letto e poi però quando Rachel mi ha detto che andava all’Open Mic mi sono detta che se non uscivo almeno una volta avrei veramente buttato via la giornata.
Appena mi vede Heiko mi chiede: “Is that you, Anita?” e potrebbe riferirsi al fatto che: 1) la sera prima gli avevo chiesto se quello che aveva era una cappello nuovo e lui mi aveva detto: “Sì, ma non troppo” “Non l’ho mai visto” ho aggiunto io. “Ce l’ho da un po’. Si vede che non bighelloniamo più insieme così spesso come un tempo.” e quindi era strano vedersi per due sere di fila; 2) la sera prima nel locale c’era la mia sosia. Era stata avvistata la prima volta al Torstrassen Festival e Rachel mi aveva mandato un messaggio: “Lo so che sei in Italia, ma davanti a me c’è una tipa che ti assomiglia tantissimo e sono molto confusa.” Questa volta mi sono presentata. Si chiamava Henrieke. Per tutta la sera i miei amici non avevano capito dove e chi fossi e quindi anche al Madame Claude Heiko si era confuso.
Parliamo della nostra giornata, che entrambi abbiamo passato a letto. Poi io scopro che Heiko aveva due accrediti per il festival al laghetto e lui scopre che io sarei potuta essere il più uno che stava cercando. Finiamo quindi a immaginare un loop temporale alternativo in cui avevamo passato la domenica al laghetto. “Mann, se solo ne avessimo parlato ieri sera. E io ne ho parlato ieri sera. Se solo tu fossi stata vicino a me quando ne parlavo.” “Non importa” gli dico “Se fossimo andati al laghetto io stasera non sarei qui.” (e comunque non posso pretendere di ballare fino alle quattro, andare a letto alle cinque e poi essere in forze per andare ad un festival il giorno successivo: va bene così).
“Stasera” è la sera in cui tutti hanno deciso di venire all’Open Mic dopo una vita. E infatti dopo entra Anni e io ci metto cinque secondi a riconoscerla, che sono davvero tanti. Poi ci abbracciamo e poi praticamente non parliamo più per tutta la sera e quando arriva il suo turno per suonare lei dice solo: “Vediamo che canzone si ricordano le mie dita” e comincia a suonare “Brooklyn Protocol” e io mi ricordo quasi tutte le parole. Poi l’abbraccio di nuovo, abbraccio tutti e torno a casa.
(L’aveva scritta, credo, mentre io ero a Belgrado e noi ancora non ci conoscevamo ma le avevo già comprato un regalo di compleanno)
Che ci siamo abbracciate e poi non abbiamo detto niente vuol dire, credo, che ci vogliamo ancora bene e che abbiamo dimenticato perché abbiamo smesso di parlarci. Die Zeit heilt alle Wunden. I never thought that time could get so far away from me. E infatti non avrei mai pensato che ci saremmo abbracciate di nuovo. Nè avrei pensato che un giorno avrei raccontato a certe persone la mia storia a Berlino. Sembra che certe persone in queste storie non siano presenti, perché in qualche modo sono arrivate dopo, ma non è vero. C’erano già tutti ed è solo che stavamo facendo cose diverse e io saprei anche dire dove e quando ci eravamo incrociati. E anche Anni, non è che in tutto questo tempo non ci sia stata. Stavamo solo facendo cose diverse. Non è solo che il tempo cura le ferite, il tempo crea anche delle storie magnifiche. Basta fidarsi e portare pazienza.
La sera prima all’Internet Explorer Charlie mi aveva detto che era surreale guardare fuori dalla finestra perchè i palazzi che si vedevano sembravano fatti di cartapesta. Io gli avevo detto che l’Internet Explorer mi ricorda Belgrado.
Dico a tutti che i locali di Ziegrastraße mi ricordano il Bigz e il Laika perchè si può guardare fuori dalle finestre. Il Bigz, spiego ogni volta, è questo enorme edificio pieno di sale prove e di locali dove non ho mai messo piede, a parte Čekaonica, che era al settimo piano e arrivarci faceva quasi paura. Di Belgrado piaceva dover prendere scale e ascensori improbabili per ritrovarmi a ballare sui tetti. Di solito i locali sono in posti sotterranei e invece a Belgrado i primi locali che avevo trovato erano in cima alle case, nei punti più alti della città. Non so bene cosa voglia dire ma qualcosa vuol dire. E mi piace che anche a Berlino, da quando ci hanno demolito l’Antje, abbiamo trovato la nostra via in un locale pieno di grandi finestre.
Ieri era Ferragosto, mi sono detta che dovevo finalmente mandare una certa mail che mi metteva ansia e che poi sarei finalmente potuta andare al laghetto. Alle 13.30 ho mandato la mail. Alle 14 ho lasciato l’ufficio. “A che lago vai?” “C’è un autobus diretto da qui per il Müggelsee, ma penso che andrò a Krumme Lanke.” “Anche il Weissensee è carino e ci si arriva direttamente col tram” “Sì, ma ho ancora i rimorsi per non esserci andata domenica, quando eravate tutti lì. Non so se andarci ora migliorerebbe o peggiorerebbe le cose.”
Alla fine sono andata a  Krumme Lanke e ci sono rimasta fino alle sei.
Oggi piove. Sembra ottobre.
Parola d’ordine: strpljenje (che vuol dire “pazienza”)

Passeggiata con Karin a Weissensee. 2014, credo.

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Limonare fino ad essere stanchi
Scritto da verdeanita il giugno 3rd, 2015 | 1 comment

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Di fronte a casa mia a Berlino, sull’altro lato della strada, c’è un locale che si chiama Ficken 3000 e il nome lascia davvero pochissimo spazio all’immaginazione. Pare però che sia un locale simpatico e amichevole e una volta ci ha pure suonato la mia amica Karla.
La cosa buffa è che per un po’ di tempo di fianco ad esso c’è stato un bar che il proprietario aveva deciso di chiamare Café Limona, volendo probabilmente dare un sapore italiano alla sua attività e totalmente ignaro dell’effetto comico che l’accostamento invece creava.
Per mesi io e la mia coinquilina abbiamo ipotizzato di invitare qualcuno ad un appuntamento molto esplicito da consumarsi nei due locali.
Poi il Café Limona ha chiuso.
Il verbo “limonare” mi piace molto. Mi piace anche mandare dei limoni seguiti da dei punti interrogativi su Whatsapp per chiedere alla gente come è andato un appuntamento. Sfortunatamente funziona solo con gli amici italiani.
In tedesco limonare si dice “knutschen”, che è ovviamente una parola molto più difficile da pronunciare, ma che forse rende meglio l’aggrovigliamento di lingue che descrive.
È una parola che in questi giorni canticchio spesso, perché contenuta in un verso del singolo dei Tocotronic che sto ascoltando tantissimo, pensando ogni volta a quanto sia strano che un gruppo è così popolare qui, sia invece totalmente sconosciuto ai miei amici italiani.
È stato Giulio a farmi vedere il video di “Die Erwachsenen” la prima volta. “Sembra la nostra vita ma piú interessante”, l’ha descritto. Ed effettivamente è tutto un concentrato di cliché berlinesi, tramonti sui tetti, pavimenti di legno, scorribande nella metro, WG Party e pizze surgelate del LIDL. Gradevole però.
Non riesco a trovare un paragone italiano per loro. Diciamo che sono uno di quei gruppi che fa pop fatto bene, che puoi sentire alla radio ma che piacciono anche a chi ascolta musica piú alternativa. Uno di quei gruppi che tutti hanno ascoltato quando erano più giovani e che, pur essendo maturati nei gusti, si continua ad apprezzare. La cosa più vicina che mi viene in mente sono forse gli Afterhours, anche se loro alla radio non si sentono mai. Però sono andati a Sanremo. E cantano in italiano, come i Tocotronic cantano in tedesco.
La cosa che rende più difficile il paragone è però che quando vado a ballare qui, ad un certo punto arriva sempre il momento canzoni crucche. Ad un certo punto mettono su i Fehlfarben e i Grauzone e, appunto, i Tocotronic. Quando andavo a ballare in Italia invece non sentivo mai canzoni italiane, a parte forse gli Offlaga Disco Pax e i CCCP, a volte.
In Italia si balla e ho ballato troppo poco, comunque, quindi prego, correggetemi e ditemi i nomi delle hit che posso mettere qui quando finalmente di metteranno dei piatti sotto le mani. È stato infatti un momento strano e allo stesso tempo bello e brutto, quello in cui mi sono resa conto che se dovessi mettere i dischi adesso, avrei più canzoni tedesche che italiane su cui far ballare la gente.
Brutto, perché dovrei sapere più cose sulla musica italiana. Ma anche bello, perché mi sembra di possedere un qualcosa della Germania che dal di fuori non ha significato.
Il disco dei Tocotronic è uscito il 1 maggio e loro hanno deciso di fare un concerto all’SO36 lo stesso giorno. Che è appunto come se gli Afterhours facessero un concerto al Covo. Senza contare che l’SO36 è su Oranienstraße, che il 1 maggio è la strada più impraticabile di tutta Berlino. Ero curiosa, ma a parte il fatto che i biglietti erano (ovviamente) esauriti, la combinazione 1-maggio-kreuzberg non era invitante e poi comunque il giorno prima c’era il party What Difference Does it Make! all’Antje Öklesund e sapevo che avrei ballato fino all’alba.
Poi però verso le 3 mi ero sentita talmente stanca che avevo deciso di dirigermi a casa. Quella sera ero riuscita a piazzare all’ultimo minuto un concerto dei Niagara prima del party ed ero all’Antje dalle sette. Ad Alexanderplatz mi ero però accorta di essere senza chiavi ed era ormai un orario infame per farmi aprire dal citofono, così ero tornata indietro, mi ero presa da mangiare su Frankfurter Allee ed ero tornata a mischiarmi con i miei amici che ballavano. Ormai era il primo maggio da un bel po’ di ore.
E proprio in quel momento è partita “Die Erwachsenen” e l’ho riconosciuta subito. Era una canzone nuova, ma sapevo già il testo a memoria. Sono tornata a ballare, sentendomi molto a casa, e ho ballato poi fino all’alba come mi ero promessa.
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Posti di Berlino che mi mancheranno un sacco
Scritto da verdeanita il settembre 18th, 2014 | 2 comments

Vi ho detto che sono tornata a Verona e che non ho un biglietto di ritorno. Potrei tornare a Berlino dopo due mesi, potrei stare di più, potrei andarmene da qualche altra parte. Non ci voglio pensare più di tanto. Ovviamente da quando ho preso questa decisione ho cominciato a pensare a tutte le cose che stavo per lasciare, ai luoghi dove passo la maggior parte del mio tempo. E quindi ecco un primo (e forse non ultimo) elenco di luoghi che sentiranno la mia mancanza più o meno come la sentirò io. O anche i posti dove potete venire a cercarmi quando verrete a Berlino, se sarò lì (perché della gente è effettivamente venuta a cercarmi, trovandomi, in uno di questi posti).

1. Schokoladen

Ne ho già parlato fino allo sfinimento, quindi per tutta la storia potete andare su Soft Revolution. Si trova in uno squat (ora legalizzato) che era un vecchio negozio di cioccolata. È uno dei pochi locali rimasti a Mitte nonché uno dei pochi palazzi la cui facciata non è stata ristrutturata e che può darvi un’idea di come erano i quartieri della Berlino Est. Ci sono concerti tutte le sere a parte il martedì, quando c’è un reading (e se masticate un po’ di tedesco vale veramente la pena anche questo). L’ingresso costa sempre meno di 8 euro ed è gratuito dopo le dieci. I concerti sono quasi sempre di gruppi piccolini, che poi diventano grandi. Tipo che c’è ancora un poster dei Future Island che due estati fa hanno fatto un concerto nel cortile. È ricoperto da una carta da parati con le roselline rosse. È in assoluto il mio posto preferito di Berlino.

Schokoladen, Ackerstraße 169, 10115 Berlin

2. Madame Claude

Andare al Madame Claude è come entrare in un altro mondo. Bisogna scendere le scale e poi scenderle ancora. Ci sono i mobili appesi al soffitto come se tutto fosse al contrario. E c’è la foresta, che è il posto più bello dove bighellonare prima dell’Open Mic, che si svolge tutte le domeniche, ospitato a settimane alterne da Heiko o Chiara. Ci sono anche un sacco di concerti durante la settimana. Ma io sono un’affezionata delle domeniche e, pur non suonando nessuno strumento, andandoci di continuo ho conosciuto tutti i miei amici.

Madame Claude, Lübbener Straße 19, 10997 Berlin

3. Antje Öklesund

Che probabilmente non troverò al mio ritorno perchè sarà un cumulo di macerio o, se tornerò tra molto tempo, un condominio di lusso. Si trova dentro un edificio mezzo distrutto all’interno di un cortile di Friedrichshain. Se non lo state cercando è praticamente impossibile da trovare. Comunque, è uno di quei pochi locali dove i gruppi a metà tra lo sconosciuto e il famoso possono suonare. Una volta sono andata a vedere Jel e c’erano i Notwist che bighellonavano lì e il locale era ancora mezzo vuoto e a me pareva tutto surreale. Da poco hanno cominciato con i djset e l’ultima volta che si sono andata sono uscita all’alba dopo aver ballato sette ore. Qui ho anche fatto il mio concerto di beneficenza Folk the Flood per l’alluvione dei Balcani, a cui hanno suonato tutti gli amici menzionati sopra.

Antje Öklesund, Rigaer Straße 71, 10247 Berlin

4. Monarch

(Nella foto Dump, ovvero James McNew degli Yo La Tengo e la sua Danelectro glitterata, a due passi da me)
Da non confondere con il West Germany.* Sembra un bar ma non è solo un bar. Se guardi bene in fondo c’è anche un piccolo palco dove ho visto alcuni dei concerti più belli di tutta la mia permanenza a Berlino. Oh, ed è anche il locale dove ho organizzato per la prima volta un mio concerto a Berlino. Erano i C+C=Maxigross, ma ci ho anche fatto His Clancyness e i Be Forest. Quindi ogni volta che ci torno mi sembra di essere un po’ in ufficio o al liceo durante l’autogestione. Ah, e ci sono anche dei bellissimi Djset!

Monarch, Skalitzer Straße 134, 10999 Berlin

5. West Germany

(Nella foto, che non ho fatto io ma Tom, un tizio olandese che è sempre in giro in tour con gruppi a cui fa foto, si vede Boris dei Repetitor in mezzo al pubblico. Concerto che ho fatto io!)
Da non confondere con il Monarch.* La leggenda dice che questo locale sia stato ricavato da un vecchio studio medico ed è tutto rovinato e il palco è fatto con delle casse di birra. È gestito dai alcuni tra i migliori promoter di Berlino, Ein Welt aus Hack , e se cercate un gruppo rumoroso, sperimentale, sconosciuto o famoso ma in incognito e/o assolutamente figo, allora questo è il posto dove andare. Non hanno sito, non hanno pagina FB, non hanno niente. Dovete solo andare e provare. Io ho avuto l’onore di organizzarci i concerti di Vvhile e Repetitor. Il giorno dopo il concerto dei Repetitor sono andata a riprendermi il tupperware del catering ed ero terrorizzata dall’idea di incontrare Thrustone Moore perché quella sera toccava a lui. C’è anche una bella terrazza con vista sull’orribile (ovvero bellissima) architettura di Kottbusser Tor.

West Germany, Skalitzer Straße 133, 10999 Berlin

*I due locali sono molto vicini e facilmente confondibili. Sulla strada, Skalitzer traße, c’è un orribile complesso architettonico con delle porte. Per andare al Monarch di prende la prima porta venendo dalla metro e si sale al primo piano. Per andare al West Germany si prende la seconda porta e si sale al secondo piano. Comunque la gente non capirà mai e mi capita sempre di essere all’ingresso con la mia guest list e dover mandar via gente spavalda che dice cose tipo: “Sono in lista, sono amico del DJ” “Non sei in lista, non so chi tu sia e non c’è nessun DJ!” “Non è il West Germany questo?” “No…”.

Bonus: mio fratello che suona all’Open Mic “Jennifer Strange”. Quel giorno era il compleanno di Heiko e la lista era piena di nomi ragguardevoli e io ero molto orgogliosa.

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