La gigantesca scritta Lou Fai
Scritto da verdeanita il settembre 8th, 2008 | 1 comment

una donna piena di sorprese.
Scrivo questo post ora perché è per me consuetudine non dormire (o dormire pochissimo) la sera dei Lou Fai. Così, per la mia percezione temporale distorta, è come se tutto fosse accaduto ieri sera, più o meno.
C’è anche da dire che la mattina dopo, avendo in corpo un frullato di ubriachezza, emozione e stanchezza, ero decisamente più ispirata, ma va bene così. [E bisogna forse aggiungere che gran parte dell’ispirazione derivava dalla congiunzione ultimo lou fai – festa in rosso e che ciò avrebbe potuto generare il solito post deprimente alla verdeanita ma qui non bisogna fare nulla di tutto questo. Di deprimente ci sono state solo le schifezze che ho dovuto raccogliere sola soletta mentre accudivo un uomo dalle mutande strane (ho visto le sue mutande grazie a questa foto, giusto per non far venire pensieri strani ai lettori di questo blog e soprattutto al mio morosetto).]
Per il resto è stato tutto meraviglioso. E’ stato tutto incredibile. E non parlo solo di questo lou fai, ma di tutti quelli di questa estate (anche del 2.3 di cui non ho parlato, perché quasi mistico e, per sua sfiga, capitato in un momento di partenze troppo significative ed abbastanza provanti, che determinarono il mio umore strano).
Tutti mi chiedono come mi sia venuto in mente di fare un cosa del genere. Ma a me non è venuto niente di particolare. Io ho solo una casetta (anzi, per la precisione: i miei genitori hanno una casetta e hanno anche una figlia completamente pazza) e mi piace andare ai concerti ma sono anche senza patente quindi se i concerti li faccio a casa mia non ho problemi a tornare a casa. Problemi che sicuramente avranno avuto molti partecipanti a queste festicciole, giunti da Vicenza, Brescia, Rovigo, Ferrara, Bologna, Ravenna, Roma e perfino Istanbul (!!).
Una volta suonavano cover band ed era tanto se veniva il mio amore del liceo. Ora vengono gruppi che hanno suonato al SXSW, rinomati diggei bolognesi, delegazioni di importanti case discografiche e famosi bloggers musicali (Vitaminic avrà improvvisato una riunione di redazione…).
E forse è incredibile o forse no, di certo è divertente e il fatto che sembri tutto così naturale è incredibilmente piacevole.
Sapere che qualcuno ha ricevuto un messaggio con scritto "alla festa in rosso non c’è nessuno" mi ha inorgoglito non poco. Forse significa che in questo buco di città ho creato "qualcosa".
I concerti sono stati tutti meravigliosi. Anche se di alcuni ho guardato con più attenzione le prove che il concerto (per motivi organizzativi). E’ favoloso quando dicono "questa è una canzone nuova". Ahah, ho le cose in anteprima.
Da segnare sull’album dei ricordi: i Clever Square che sono venuti in treno e la loro risposta a "Pop Porno", una versione di "Outside is cold for us" cantata persone che non erano Maolo (Enzo mi pare ma giuro che non mi ricordo, il che forse vuol dire che ad un certo punto anche io avevo bevuto troppo), ma anche conoscere finalmente, dopo anni e anni che leggo il suo blog, Margherita F. che ho trovato seduta sul mio prato a sera inoltrata poiché era rimasta bloccata da un concerto dei Sonora al Teatro Romano, un djset eccessivamente divertente (che mi ha fatto ballare nonostante le fatiche organizzative), l’impianto che ogni tanto si zittiva durante This Is How You Spell "Hahaha, We Destroyed The Hopes And Dreams Of A Generation Of Faux-Romantics" e la gente che andava avanti a cantare, io e Nur che cantiamo gli Envelopes distruggendoci le corde vocali, e poi i Wave Pictures e le ultime danze, la Danelectro della Carlotta, che è verde ed è come quella dei Wave Pictures, con cui ho cercato di suonare "In The Aereoplane Over The Sea" ma non mi ricordavo gli accordi (ulteriore conferma alle mie bevute), la colazione "in paese" con Enzo e Nur, loro vestiti per bene e io con una maglietta dei Velvet Underground sporca di anguria, il Calorifero dimenticato a casa mia e i momenti in cui ci siamo sentiti persi, senza macchina, con un contrabbasso e senza soldi per chiamare un taxi, il regalo di Merih appeso agli alberelli, i fogli di carta giganteschi e i pennarelli colorati che io e Michele abbiamo comprato al supermercato (anche la filosofia sulle caramelle, sugli orsi di gomma che hanno tutti lo stesso sapore) le spillette e la gigantesca scritta Lou Fai sul tetto della casetta.
I ringraziamenti sarebbero troppi e correrei il rischio di dimenticare qualcuno quindi me ne sto zitta perché non sarebbe giusto. Tutti, tutti, veramente tutti. [Però la prossima volta datemi una mano a pulire, senno la mia mamma mi sgridaa!]

L’estate prossima è un desiderio, ma devo dare priorità alla mia laurea, già di per sé abbastanza inutile.
Di positivo c’è che ho passato Macroeconomia e che quando avevo preparato l’esame in tre giorni dopo Gonzi e Fake P avevo preso 21.
Ma c’è anche la mia cartina dell’Europa con i suoi post-it viola che vorrei andare a trovare o rivedere.

[Canzoni infilare dentro un cd mezz’ora prima che i Clever Square passassero a prendermi, gioia e tristezza, concretezza e canzoni allucinate]
[Avocado Baby – The Wave Pictures]

[Nota sulla festa in rosso: dopo il record positivo di presenza l’anno scorso (tutte le sera per un tempo considerevole), quest’anno sto cercando di battere il record negativo: ci sono stata la prima sera, giusto il tempo di bere una birra e di scorrere la sezione new wave dei vinili, e ieri sera, giusto il tempo aggiungere un esemplare alla mia collezioni di camicie verdi anni ’70 e di re impadronirmi di una copia di Rum, Sodomy and the Lash dei Pogues identica a quella che mio padre mi ha perso, cioè senza bonus track idiote perché io odio le ristampe con le aggiunte.]

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blublublu
Scritto da verdeanita il agosto 30th, 2008 | 3 comments

Stava per accadere una cosa carina, ma non è successa. Non ha nulla a che fare con la mia collezione di pennarelli verdi. Comunque non è successa.
Aveva a che fare con questa estate piena di partenze. E i miei post-it tagliuzzati per indicare dove siete, nella mia cartina dell’Europa, sopra il letto della mia nuova stanza.
Sul fatto che i bolognesi non esistono dovrei scrivere un nuovo capitolo. "I bolognesi non esistono, a parte quelli stronzi". A parte le vecchiette isteriche vestite a pois che strappano i volantini che appendi con tanto amore in via Zamboni. E a parte i ragazzi che cercano di rimorchiarti in Vicolo Bolognetti, ma loro non sono stronzi: sono solo un po’ noiosi.
"Che ci vengo a fare ai Giardini Margherita con te, che qui posso bere tè alla pesca ascoltando Morrissey?".
Sono anni che non vado al mare. E ho deciso che la settimana prima dell’inizio delle lezioni tenterò la fuga in barca. Con l’Amico Matte. Perchè è una vita che non facciamo cose insieme.
Stava per accadere una cosa carina, ma non è successa. Aveva a che fare con la geografia distorta ed emotiva. Le cinque cartoline che un impiegato dell’ufficio postale di Napoli ha guardato male: "Tutte all’estero?" mi ha chiesto. "Sì, tutte all’estero". Due in Polonia, una in Austria, una in Svezia e una in Turchia. Le ha pesate una per una e ci ha appiccicato sopra un’etichetta perchè nell’ufficio postale non c’erano francobolli.
Le avevo comprate durante la mia permanenza a Parigi durata circa otto ore. Giusto il tempo di andare a vedere se nella mia cartoleria preferita vendevano ancora le buste dalla forma strana.
Stava per accadere una cosa carina, ma non è successa. Aveva a che fare con i cento metri davanti a casa, che facilmente possono convincerti di essere in un’altro stato.
Quando entro nel mio palazzo sono in Cina, quando prendo una pizza sono in Pakistan, quando entro nel call center sono in Africa.
E aveva a che fare anche con i diversi fusi orari. Perchè quello stato minuscolo da dove proviene la mia nuova coinquilina americana ha lo stesso fuso orario di New York e quindi è sei ore indietro. La sua amica, che voterà alle sue stesse elezioni, viene invece dal Texas e le ore di differenza sono otto. E lei è felice che Bologna sia una città fredda, perchè a Dallas fa sempre caldo. "100 gradi!". E devo spiegarle che noi usiamo i Centigradi, perchè a 100 gradi qui ci cuociamo la pasta. Un ragazzo che viene dal Minnesota mi ha detto che da lui la neve è altissima. Mi ha anche chiesto se ascolto i Broken Social Scene e sono rimasta sul vago, però ho scritto, sul suo quadernino di un formato strano, i nomi e gli indirizzi di tutti i locali dove vado.
Forse aveva a che fare anche con quel ragazzo che ho conosciuto a Saint Malò e che il giorno prima era proprio a Bologna e che mi dice "Cosa fai qui? C’è così freddo!".
Lo so. Ma ho scoperto che i concerti sono meglio con il freddo.
Là in Bretagna aspettavo i gruppi sotto il palco indossando la mia felpa azzurroincredibile con una spilletta rossa dei Gonzo48k. Quando i francesi ubriachi mi chiedevano cosa fosse io dicevo che era di un bel gruppo italiano che aveva suonato a casa mia. E quando i gruppi cominciavano a suonare potevo dimenarmi un po’ e togliere la felpa e restare con una maglietta più leggera e ballare senza sudare (non con i Jeans appiccicati alle gambe completamente imbevuti di sudore e la gente pressata come al concerto dei Franz Ferdinand).
Comunque, fare il bagno nell’acqua gelida parlando inglese è stato incredibile quasi quanto sentire un altro concerto dei Notwist in atmosfera zen e poi, quando ero già abbastanza felice e appagata, sentire i Sigur Ros e pensare a tutte le persone che conoscevo che avrebbero voluto essere lì. E invece erano sparse per l’Europa, come i miei post-it viola.
Ho staccato il mirino alla mia Canon del 1970 e l’ho alzata verso il palco. Riuscivo a vedere perfettamente quello che stavo inquadrando. Quando ho scattato e ho rimesso la macchina nello zaino ho detto "Fottetevi, voi e le vostre macchine digitali." [La mia Canon è tra le pochissime macchine fotografiche che permettono di fare questo giochino. Io la amo e con lei e con i rullini ferrania che vendono alla coop posso essere felice ancora per un po’. Fino a quando non andranno fuori produzione.]
Ho anche visto le Breeders uccidere "Cannonball" come una coverband qualunque.

Cerco di togliermi i brufoli con uno sciroppo al carciofo.
Compirò ventun anni tre giorni dopo il mio secondo concerto esperienza degli Uzeda e tre giorni prima le mie seconde sudatissime danze con i Los Campesinos!.

double dare
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Make things happen! Provoke them! #2
Scritto da verdeanita il luglio 7th, 2008 | 15 comments

"È perfettamente esatto, e confermato da tutta l’esperienza storica, che il possibile non verrebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l’impossibile." Max Weber

Il mio iPod sta sempre peggio. Mi diceva che stava mandando una canzone degli Envelopes ma era una canzone di Why? (non mi freghi a me, caro iPod) e in quell’inizio di dj set incasinato la gente urlò: "Sigla!" e partirono le sviolinate dei Los Campesinos! Non siamo un villaggio turistico ma il titolo di quella canzone era troppo lungo.
Ora sono sul regionale delle 16.44 che mi porta a Bologna.
Ho lo zaino pieno di libri e vestiti ma anche di dischi e spillette a buon mercato.
Non ho scritto nulla finora perchè ho pulito e studiato da quando mi sono svegliata dopo il Lou Fai, per la prima volta nel mio letto e non alla casetta.
Avevo sognato tutto? No! Su myspace e twitter erano già comparsi i primi commenti entusiasti. "La Lou Fai è bellissima! Gruppi perfetti! Le zanzare non contano!"
Tutto. Tutto perfetto.
E, senza scherzare, sapere che tutto questo è nato nella mia giovane testolina non mi fa sentire nè potente nè speciale. Mi fa solo sentire bene. Mi fa venire voglia di rifarlo subito anche se mentre stavo mettendo a posto, cercando di differenziare le schifezze, il sole picchiava e mi uccideva.
Ed è bello ritrovare la scaletta dei Fake P in mezzo al prato e ridere per la canzone denominata "belegambe".
Mi sono resa conto che quando bevo sparo un sacco di frasi gradasse. In realtà dentro di me sono stupita e spaventata.
Quanto ho sentito "Fear of You" dal check dei Gonzo mi si è stampato in faccia il solito sorriso ebete e ingenuo. E mi sentivo piccola piccola rispetto a quello che ancora una volta stava accadento di fianco alla mia piccola casetta di legno.
Ho urlato una frase cattivissima a mio fratello, durante la fase relax-spettegolamento del tipo "Lo so che organizziamo insieme, ma lascia che sia io a farmi dedicare le canzoni e a parlare con i gruppi: vai te e a prendere le piadine!" (ero ubriaca).
Invece sono talmente timida che non mi sono scattata nessuna foto, non mi sono  fatta fare neanche una dedica sui dischi, nè ho avuto il coraggio di chiedere esplicitamente un bacio dal mio Fake P preferito (e ottenendolo, in compenso, da tutti e cinque).
Menzione speciale, anche stavolta, per i genitori, che hanno chiamato dalla Croazia per sapere se eravamo a posto con la birra.
Fastidio invece verso il mio cellulare, che ha deciso di non inviare messaggi e quindi qualcuno è rimasto senza indicazioni, qualcuno non è stato rassicurato sul fatto che non c’era nessun problema se portava qualche amico all’ultimo minuto e io non ho potuto mandare i salutini a Polaroid (credo, ma ne ho la quasi assoluta certezza). Se uno dei due capitasse di qua, sappia che era un messaggio carino. Conteneva ringraziamenti e saluti da tutti i presenti (la sottoscritta, i Fake, i Gonzi e buona parte dei Canadians).
Ringraziamenti a tutti. Ai gruppi. A Marre, Pietroldi, Michi, Fabio, Zeno, Giulio, Bongio, Max. Alle cuoche. A mio fratello e ai suoi compagni all’entrata (Alberto, Campa e Corrias). A chi ha portato l’Off e a chi ha portato birra in regalo. A chi si è comportato bene e a chi si è divertito.
Alla prossima.

Gonzo48k – Hi-fi Lovers
[con il timore che scrivero i testi delle loro canzoni al posto delle risposte dell’esame di Teoria e tecniche della comunicazione di massa, visto che studiando ho consumato questo disco]

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