Sorrisi giganteschi davanti a suoni imperfetti
Scritto da verdeanita il luglio 7th, 2015 | 1 comment
Di quando sono andata in una città dove ero già stata a vedere un gruppo che avevo già visto.
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Ho conosciuto Remi, credo, una sera di un paio di anni fa al Madame Claude. Ai tempi suonava con i Fenster, poi ha cominciato un altro progetto (Slow Steve, che è uscito per Morr Music a maggio) e da pochissimo suona anche come quarto membro con gli Aloa Input, che io adoro. Quando è andato a Monaco per provare con loro gli ho detto di fare il bravo e di impegnarsi seriamente. Poi è tornato a Berlino e mi ha detto che non solo andava in tour con gli Aloa Input, ma che erano stati invitati a fare da supporto ai Notwist. Ho sentito l’invidia ribollirmi nella pancia. Poi ho pensato che era inutile lasciarsi sopraffare da cattivi sentimenti: era meglio organizzarsi per andare a vederli alla data più raggiungibile. L’ho annunciato una sera al Marie Antoniette e Erin ha detto subito che veniva anche lei.
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Il primo concerto che ho organizzato, il primo concerto vero, dopo un paio di feste alle quali lo scopo primario era ubriacarsi e assai meno ascoltare il gruppi che suonavano, è stato quello dei Canadians alla Casetta Lou Fai nel 2008. A partire da quel concerto, il momento che mi è sempre piaciuto particolarmente di tutti i concerti che ho organizzato è sempre stato il soundcheck. Durante i soundcheck, quando i suoni sono ancora tutti disordinati, quando i gruppi suonano le canzoni a pezzettini, quando magari si lasciano sfuggire gli accordi di qualche canzone scema, quando il locale è ancora vuoto e ci sono solo gli addetti al lavoro, è sempre un momento speciale, perché è lì che mi rendo conto che presto succederà qualcosa di più grande, che mi rallegro perché magari quel qualcosa sta per accadere solo grazie a me e a poche altre persone, e perché è qualcosa che, pur non essendo bello da sentire o guardare, rappresenta una parte segreta e fondamentale al concerto, a cui per me è un privilegio assistere.
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 A Dresda, quando ho raggiunto gli altri nella sala del palco, i Notwist stavano finendo il loro, di soundcheck. Ho assistito ad una “Good Lies” quasi perfetta, quasi intera, in una stanza vuota di fronte a pochissime altre persone. Sia io che Erin eravamo emozionatissime. Ho cercato di calmarmi, dicendomi che era una canzone che avevo già sentito un sacco di volte, che ormai di soundcheck ne ho visti tantissimi, ma non sono riuscita a trattenermi e a levarmi quel sorriso gigantesco dalla faccia.
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Quasi tutti i miei amici più stretti sono musicisti, io invece credo di avere una specie di fobia per gli strumenti musicali. Conosco anche un sacco di gente che riesce ad ascoltare molti più album di me o che scrive facilmente di cose che ha ascoltato solo un paio di volte. Io invece sono molto lenta ad assimilare i dischi e le canzoni. Capitano raramente gli album che mi piacciono davvero davvero e mi ci vogliono tanti ascolti prima di avere un’opinione su una canzone. Quando sono ad un concerto, invece, diventa tutto più facile. Riesco a perdermici completamente, oppure riesco a capire subito perché qualcosa non mi piace. Mi piace vedere come vengono suonati gli strumenti, come gli artisti interagiscono col pubblico e viceversa, come sono le canzoni, come il concerto si evolve dall’inizio alla fine.
I gruppi che amo di più li ho scoperti proprio così: andandoli a vedere dal vivo, spesso conoscendo solo pochissime loro canzoni, o anche nessuna. Anche i Notwist. Ero andata a Ferrara perché in quel periodo andavo sempre a Ferrara per sfuggire da Bologna, perché quella sera era gratis e perché Enzo ne aveva parlato bene alla radio. E, pur avendo in seguito consumato i loro dischi, non è mai stato lo stesso come vederli dal vivo e li ho inseguiti praticamente ovunque (e ho anche la fortuna di abitare in un posto dove suonano spesso). Avevo promesso ad Erin che non avrei fatto nessuno spoiler, anche se ormai so più o meno cosa succede ai loro concerti.
So che suonano tanto, so che fanno sempre i pezzi vecchi, anche più vecchi di “Shrink”, so che fanno abbondantemente Neon Golden e che dal vivo “Pilot” ha una lunghissima coda elettronica e che “This Room”, una delle canzoni che su disco salto sempre perché trovo veramente noiosa, dal vivo è una delle mie preferite e forse uno dei motivi principali per cui continuo ad andare a vedere i loro concerti (e ogni volta questa contraddizione mi stupisce sempre di più), so che generalmente fanno due bis e che di solito “Consequence” la suonano alla fine, ma non le ho detto nulla di tutto questo. So anche esattamente qual’è la canzone che mi ha fatto innamorare la prima volta (“Puzzle”) e che hanno fatto sempre, finora, ma non a Dresda.
Non ha importanze, ovviamente, e quel sorriso gigantesco non se n’è andato per tutto il concerto. E ad un certo punto mi sono voltata e ho detto a Remì che ero davvero felice, davvero davvero tanto e l’ho ringraziato di tutto.
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Sala comune del nostro ostello

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Erin che recupera del sonno

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La prima volta che ho provato Lieferando. Consegneranno una pizza anche nel backstage? Sì!

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Tell me where you’ve been my life #2
Scritto da verdeanita il agosto 26th, 2013 | Leave a comment

Ovvero che l’ultimo mio post risale a maggio e adesso siamo a fine agosto. L’ultima volta che ho fatto una pausa così lunga, vado a memoria, è stato nell’estate di tre anni fa, quando ero appena arrivata a Berlino ed ero follemente innamorata (in tutti i sensi).

In tutto questo tempo cosa è successo?
– È arrivata l’estate, è stato bellissimo.


– Ho fatto il tirocinio più figo del mondo. Ho visto in concerto Chris Cohen, Scout Niblett, Olof Arnalds, Dope Body, Masha Qrella, Waxahatchee, Advance Base, Suuns, Moon Duo, Generationals, Bohren und der Club of Gohren e Julia Holter (e i The Babies che erano bookati da quelli dell’ufficio di fianco e  i Notwist, che non erano del “mio” booking ma il mio capo aveva due accrediti e così). E questo è successo d’estate, che come si sa è periodo di magra per i concerti. Ho fatto i tour book. Ho fatto pause pranzo in cui si parlava del furgone di Dan Deacon. Dietro la mia scrivania c’era un armadio pieno di cd fighissimi. Ogni tanto arrivava la gente a fare le consegne e a volte erano poster, a volte erano backline intere.
– Ho visto un amico farsi un tatuaggio e pensavo che sarei scappata dopo dieci secondi e invece è stato il pomeriggio più rilassante della mia vita.
– Sono andata in Italia con Karin e non siamo state ferme più di un giorno nella stessa città (Verona, Venezia, Ferrara, Lago di Garda). L’ho portata in tutti i posti dove ho potuto portarla e le ho fatto vedere cose che io avevo quasi dimenticato. Abbiamo seguito i The Burning Hell a Venezia e dopo il concerto mio fratello ci ha fatto fare un tour distruttivo di TUTTA la città nel giro di un paio d’ore. Grom (la gelateria) era ancora aperto e io ho preso due palline e poi continuavo ad offrirlo a tutti perché certe cose deliziose vanno condivise.
– Abbiamo fatto la Casetta di Giugno con i The Burning Hell e i C+C=Maxigross ed è venuta un sacco di gente a cui voglio un bene immenso e che non vedo mai (Merih!) e c’erano tipo 400 persone ed è venuta una bomba e io ho cantato “The Barcade Song” e abbiamo fatto il limbo con il basso e bum!
– Ho organizzato il mio primo concerto a Berlino, a Neukölln, con un tizio texano e la mia amica Anni. E’ venuta moltissima gente e io ero contenta.


– Sono andata al Fusion, il festival per cui provavo terrore, ed è stata un’esperienza estrema, interessante, istruttiva, divertente, stancante, piacevole e molti altri aggettivi. Sono stata sveglia tutta la notte, ho mangiato cibo meraviglioso, ho visto film splatter con gente che maltrattava verdure, ho preso tanta pioggia, sono stata con tantissima gente e poi da sola, e poi con tantissima gente ancora. E io e Darren ci siamo mangiati un Langos buonissimo alle tre del mattino ed è stato uno dei momenti più graziosi di tutto il festival. Ho riassunto tutto in questo disegno psichedelico (quelle sotto siamo io e Deenah, andate sul suo blog a leggere le cose interessantissime sull’Anti-Folk che ha scritto):

– C’è stato il Down By The River ed è stata una giornata stupenda. Durante il mio turno di due ore non ho fatto altro che attaccare bande blu sui polsi della gente ad un ritmo talmente veloce che alla fine, nonostante fosse un lavoro stupidissimo, ero stanca morta. Ho visto i The Burning Hell, i Fenster, Toby Goodshank e un sacco di altre band. Era pieno di facce amabili e le prime ore sono state un abbraccio e un saluto continuo. E poi ci sono stati anche i saluti e ho chiesto a Darren se aveva mangiato il tiramisù che avevo preparato e ha detto di no e allora gliene ho portato una fetta, di corsa, perché doveva fuggire a Lipsia ad un altro concerto. Ed è stato un arrivederci molto carino. E poi siamo andati all’Anje Oklesund a vedere un sacco di altri gruppi e a ballare fino a tardi ed era tutto bellissimo ed era tutto bellissimo ed era tutto bellissimo.
– C’è stata la settimana in cui ci siamo visti tutti i giorni, siamo andati al parco, al lago, a mangiare thai al “Thai Park”, a saltare in un gigantesco castello gonfiabile, a fare il Listening Get-Togheter a casa di Heiko (con tanto di concerto suo, di Martha Rose e dei Frozy), a Templehof a suonare le chitarre e i glockenspiel e non come quella volta che siamo andati a Gorli con l’ukulele e abbiamo suonato Jonathan Richman e abbiamo fatto finta che fosse estate. Questa volta era estate sul serio.


– È venuta Margherita a trovarmi ed è stata mia coinquilina per 10 giorni. In questi 10 giorni ci sono venute idee geniali come tingermi i capelli di viola per combattere le pene d’amore, organizzare cose bellissime (e che ancora teniamo segrete) e andare nei bar di Weserstraße ad attaccare adesivi di Soft Revolution.
– La mia vicina Maha se n’è andata all’improvviso e mi ha lasciato tre scacchi pieni di stoffe bellissime che non riuscirò mai a trasformare in altre cose, ma almeno ho cominciato e ho cucito una gonna.
– Sono tornata in Italia per salutare mio fratello che partiva per l’Australia e non pensavo che si sarebbe stupito. Invece lo ha fatto. E poi già che c’ero sono andata a trovare Alex e non pensavo che si sarebbe stupito e infatti ha detto solo: “Oh, ma sono in mutande!” (Abbiamo fatto anche la Casetta di luglio ed è stata bella ma pioveva e quindi non è stata proprio una bomba ma sono cose che succedono, quindi va bene).
– Sono andata in Croazia con mio padre, in barca. Durante la prima ora c’erano onde enormi e indomabili. No, erano onde normali ma io non andavo in barca da una vita e stavo da culo. Ho visto materializzarsi tutti i miei incubi d’infanzia e mi sono chiesta chi cappero me l’avesse fatto fare. Ma il mio papà mi ha detto che girato quel faro laggiù sarebbe finito tutto, ed effettivamente passato il farò laggiù le onde sono finite ed è andato tutto bene. Siamo arrivati fino a Pula, passando per Cittanova e Rovigno. L’ultima sera ci siamo presi una bella sbronza. Un giorno andrò in Istria in viaggio studio per perfezionare le due lingue che so parlare poco e che vorrei migliorare, ovvero il serbo croato e il dialetto veneto.
– Sono andata al cinema a vedere Pacific Rim, con il Campa e Alex. Come una brava bimba minkia mi ero portata una bottiglia piena di gin perché non pensavo fosse un film da vedere da sobri. Ma la verità è che sì, si può vedere anche da sobri. Ed è stato bellissimo.
– Sono tornata in Italia per la Casetta di Agosto che è stata una bomba. All’ultimo momento si sono aggiunti Marcello e il mio Amico Tommaso, da Roma e mi hanno portato un sacco di allegria e la nuova convinzione che i concerti dell’ultimo minuto esistono. Sono riuscita a vedere il nuovo progetto di Maolo e anche un pezzo del set dei Dumbo Gets Mad. C’erano tipo 500 persone secondo le stime del mio cuore.

Sono tornata a Berlino e qui è quasi autunno e cerchiamo di accettarlo.

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La mia vita a ritroso
Scritto da verdeanita il agosto 7th, 2012 | Leave a comment


Oggi
ho passato buona parte del pomeriggio a Vicenza, a bere vino bianco con Margherita e Daniele.

Il giorno prima, lunedì, avevo mandato un paio di mail per confermare un paio di concerti alla Casetta Lou Fai e di uno sono particolarmente felice. Si tratta di Hurray For The Riff Raff e i veronesi lo vedranno ad ottobre. Io probabilmente non lo vedrò mai ma era bello perchè è il primo booking consapevole che ho fatto con Sebastian.

Domenica eravamo andati a mattere a posto la Casetta, io, Paolo, il Campa e tutta la banda di Vaggimal Records e Atelier Discreto. Poi eravamo andati a mangiare la pizza all’Oca Bianca, che era la pizzeria di tutte le pizze di classe e infatti il Toba continuava a fare battute sceme. E dopo la pizza eravamo andati a vedere gli Zen Circus a Zevio.

Sabato c’era stata la Casetta, con Olli e Vito a fare pezzi dei Fake P (lacrime, lacrime) e i The Great Northern X da Padova. L’organizzazione è state perfetta, avevamo un bar con i mojito e abbiamo montato un palco sul prato e poi io e il Campa abbiamo messo i dischi dopo il concerto, tamarri ma con stile.

Giovedì ero ancora a Berlino. Ero arrivata in Weserstraße 58 stanchissima, con i soldi contatissimi per l’ingresso e due bicchieri di prosecco e senza aver cenato. Avevo messo in ordine la mia stanza per tutto il giorno e impacchettato le mie cose per far posto alla ragazza che nei prossimi due mesi prenderà il mio posto. Quella sera suonavamo due quinti dei The Burning Hell che ho conosciuto (perché in realtà i The Burning Hell sono molti di più), ovvero Mathias e Ariel, e poi metteva i dischi Sebastian.  Suonavano un concerto piccolo, tranquillo e quasi acustico, con pezzi vecchi e nuovi e qualche cover. Alla fine della serata ero veramente rimasta senza soldi e quando Mathias mi aveva vista contare sulla mano tutte le monete che avevo nella borsa, compresi dieci centesimi canadesi, mi aveva offerto lui il giro seguente. E la barista mi aveva presa in simpatia, quindi non mi dava più i calici piccoli, ma dei bicchieri enormi.

Una ragazza con i capelli corti si era seduta vicino a me e mi aveva chiesto “Ti ho vista spesso nell’ultimo mese, come li conosci?” “Vuoi davvero sapere come li conosco?” avevo risposto io “Perché questa è una storia ancora più lunga di quelle che racconto di solito e da un lato comincia alle superiori, quando ho cominciato ad organizzare concerti in un posto chiamato Casetta Lou Fai e con gli amici che sono diventati sempre più grandi  e hanno cominciato a fare i tour e tramite contatti vari mi avevano chiesto di ospitare una tappa di un tour da record mondiale. Dall’altro lato ci sono io che una mattina salgo sulla metro incazzata perché c’erano i lavori e avrei dovuto cambiare tre volte invece che due e incontro Sebastian e attacco bottone con lui e quando lo aggiungo su Facebook scopro che questo tour da record l’aveva organizzato lui”. Perché il mondo è veramente piccolo.

Di concerti poi ne ho visti parecchi negli ultimi mesi. C’era stato il Down By The River Festival, in un posto che di solito non mi piace, ovvero il Kater Holzig, e che quel giorno era pieno di persone adorabili, tipo Jenn, una ragazza adorabile che avevo visto suonare una volta allo Schokoladen, o Heiko, che si è guadagnato un posto nel mio cuore come barista preferito, ridandomi il deposito di due bottiglie il giorno dopo, visto che mi ero dimenticata le Pfandmarke della sera prima nella borsa. Suonavano poi persone che adoro, come i The Wave Pictures (concerto cominciato in ritardo visto che io e Mattia avevamo intavolato una conversazione sul cibo merda con David Tattersall al banchetto del currywurst). C’erano stati i Frozy, il gruppo con la più alta densità di Danelectro mai visto che avevano suonato al Kim Bar, un baretto stile Manchester dalle parti di Rosenthaler Platz. C’era stato Nick Ferrio and His Feelings, progetto di un membro dei The Burning Hell, che aveva improvvisato un concerto acustico ad un camioncino che vendeva tacos, la sera del compleanno di Paolo. C’erano stati i The Burning Hell al Südblock a Kottbusser Tor. Ma anche i bellissimi More Eats e Scrambled Meggz, una bellissima sorpresa giunta appena dopo che l’Italia era passata di turno agli europei. Avevo attraversato l’Admiralbrücke da sola, faceva ancora freddo e nella mia testa pensavo “Chissà che accadrà stasera” e quella sera era successo di tutto. Ancora non avevo idea che Newfoundsland fosse la traduzione di Terranova e che il Lichtenstein fosse così vicino all’Italia.

L’ultimo sabato a Berlino avevo organizzato un picnic di arrivederci che si era trasformato in WG-Party ed era venuto un pout pourri di gente, tra amici vari, ex morosi, compagni di università e gente che avevo conosciuto ai concerti. Il giorno dopo mi sentivo veramente strana e felice e tristissima allo stesso tempo. Quella strana nostaglia per il futuro che non ha veramente senso, ma che mi ritrovo a provare troppo spesso.

Negli ultimi mesi a Berlino ho fatto anche altro: ho cambiato casa, ho finito il mio secondo semestre, ho ballato tutta la notte al party aziendale con un tizio bellissimo che non vedrò più, sono andata per la prima volta da sola ad un festival (il Melt!), sono andata a perlustrare quartieri di Berlino dove non ero mai stata, mi sono presa una cotta bellissima e sono riuscita a fargli vedere tutti gli squat di Rosenthaler Platz e Mariannen Platz nel giro di una manciata di ore, ho pagato per la seconda volta una costosissima assicurazione sanitaria tedesca di cui non riesco a liberarmi, ho prenotato nuovi aerei per posti dove volevo tornare assolutamente. E soprattutto, la cosa più divertente, ho aiutato un bellissimo gruppo canadese formato da persone magnifiche a battere un record mondiale. Dieci concerti in dieci stati in 24 ore, sul serio. Noi eravamo il concerto numero nove, dopo l’Austria e prima della Slovenia.


The Buring Hell


The Lovecats

Matteo Fontanabona & Federica Furlani
Complesso Architettonico

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