Muoversi tantissimo stando nello stesso posto.
Scritto da verdeanita il aprile 12th, 2012 | Leave a comment

Mi manca The Field. Me ne sono resa conto oggi quando sono incappata in un breve video del suo concerto ad Interzona.
Il suo concerto l’avevo voluto tanto e c’erano stati un po’ di storie legate a date che si sovrapponevano e al fatto che fosse una cosa un po’ rischiosa. Lo stesso fine settimana c’erano in tour anche gli Akron/Family e pareva difficile farli suonare lo stesso fine settimana, incastrare le date, fare due date così grosse proprio una dopo l’altra. Alla fine invece ci riuscimmo. The Field il venerdì e Akron/Family il sabato. Ero così contenta che prenotai un biglietto d’aereo appositamente.
Con gli Akron/Family fu amore immediato, prima e dopo il loro concerto. Ero arrivata ad Interzona stanchissima perché il pomeriggio, non soddisfatti dai due concerti esplosivi, noi Richelli Bros insieme al Campa e ai ragazzi dell’Atelier Discreto e di Vaggimal Records, avevamo organizzato Maledetta Primavera alla Casetta Lou Fai. Avevano suonato tanti gruppi veronesi e anche Maolo, con il suo progetto Quakers and Mormons con un set speciale con il violino. C’era tanta, tantissima gente e come al solito non avevo il tempo di parlare degnamente con nessuno. Con Maolo ci parlai un po’ seduta sul prato e non so se lui abbia capito quanto mi abbia fatto piacere che lui fosse lì. Quanto mi abbia fatto piacere che abbia aperto anche ai Saroos a novembre a Interzona. Parliamo dei suoi vecchi progetti, dello Schokoladen, dell’Immergut Festival dove l’ho visto suonare l’ultima volta con i My Awesome Mixtape e del fatto che, urca, è dal 2007 che ci conosciamo.


(Quaccheri e Mormoni con set speciale con violini live at Casetta Lou Fai)

Ero arrivata a Interzona stanchissima e mi ero seduta a fianco di Seth. Avevamo cominciato a parlare del loro tour e io ero un po’ delusa perché era una cosa tutta nuova e non avrebbero suonato i pezzi dell’ultimo album, che a me piace tanto, e lui mi aveva raccontato di questo nuovo progetto che hanno, pieno di collaborazioni con altri musicisti. E poi, gentilissimo, mi aveva detto “Bè, dimmi se hai qualche suggerimento!” e io subito a raccontargli tutto degli Ancher, che quella sera aprivano per loro, e di quanto mi piacciano e di come mi piacciono i testi delle loro canzoni e di come odi l’italiano sulla musica cantata me nei loro testi invece no, lo adoro. E lui ascoltava tutto attento e alla fine mi ringrazia della chiacchierata e mi dice “Comunque io sono Seth”. E io ringrazio lui e gli racconto anche dell’estate scorsa, di quando dovevo andare a vederli in spiaggia e invece poi dovevo recuperare un documento importante e avevo perso il treno e Michele si era arrabbiato tantissimo con me. “Peccato”, fa lui.
Il concerto fu proprio uno di quei concerti in cui mi innamoro. Giulio Brusati ne ha fatto una recensione che ne parlava malissimo e benissimo e che io condivido, davvero. Eppure, anche condividendo le critiche negative, il concerto lo adorai con tutta me stessa (che è anche quello che capita quando ti innamori, no? Di amare anche i difetti…). Alla fine ci eravamo messi tutti a fare il coro di “Another Sky”e l’avevamo ripetuto una, tre, cinque volte e Seth era sceso dal palco e si era messo a girare per la stanza completamente (che soddisfazione) piena. E alla fine non era quella la fine, perché suonarono per tanto, tanto, tanto ancora.
Dei fricchettoni in piena regola, come ci aveva detto anche Alessio, raccontandoci del sound check. Un sound check eterno, perché l’avevano fatto con calma, provando tutti gli strumenti e poi trovando nuove idee anche in quei momenti che di solito uccidono l’ispirazione. E loro non se ne erano neanche resi conto, di averci messo così tanto. Adorabili.
Con loro, quindi, era stato amore subito e ho passato le settimane seguenti a consumare tutti i loro dischi.

(qui live da un’altra parte ma sono belli lo stesso)

Sabato alla Casetta avevo anche rapito Mattia aka unavoceacaso. Lui, in realtà, doveva venire venerdì, perché era stato lui a farmi conoscere The Field. The Field mi è mancato oggi. Proprio oggi mi è tornata la voglia di un suo concerto.
Prima pensavo solo ai contorni divertenti della serata, al suo volto un po’ piratesco e alla strana espressione rilassata, menefreghista e simpatica che aveva mentre si rigirava il calice di Valpolicella tra le mani e ci raccontava dei suoi primi ascolti di musica punk, dei locali che frequentava quando viveva in Svezia, dell’atmosfera che si respira a Berlino dove vive adesso e altre cose sul tour e i dischi. Alla discussione che intrapresi con il suo batterista, un tedesco biondo, abbronzato e sorridente che vive a Colonia, con cui parlavo di estremismi politici. Lui si era inserito nella discussione e aveva deciso di chiuderla brindando con un altro bicchiere di Valpolicella e dicendo ““Bè, ma siamo tutti d’accordo che i nazisti non ci piacciono, no?”. E anche alla fine della serata, quando erano tutti presi benissimo e volevano andare a cercare un altro bar, ma bar a Verona non ce ne sono e quindi avevano preso un paio di bottiglie di altro Valpolicella e mi avevano invitata in albergo. Ero tornata a casa qualche ora più tardi dividendo il taxi con Ambro, che quella sera faceva il fonico.

Prima invece, mi è tornata in mente proprio il suo concerto, con quei loop penetranti e ipnotizzanti.
La domenica sera seguente avevo rivisto Ambro e ci eravamo messi a commentare il concerto. “Ma non ti stufi a sentire le stesse cose per tutte quelle sere di fila?” E poi ci eravamo messi a canticchiare tutti i pezzi che aveva suonato. Di pezzi ne avrà suonati cinque e il concerto era durato un’ora e mezza. Un’ora e mezza che era passata via velocemente, come quando ti addormenti e sogni profondamente e al risveglio non sai dire quanto tempo è trascorso. Un’ora e mezza in cui quell’elettronica scarna e ripetitiva non mi era sembrata né scarna né ripetitiva e si era infilata nel mio cervello tanto, tanto in profondo. Mi è bastato rivedere quel video di appena un minuto per voler tornare a Interzona dentro il concerto di The Field.


(The Field live at Interzona)
Quel venerdì era stato l’inizio di uno di quei fine settimana in cui mi muovo tantissimo anche se sto ferma nello stesso posto. E quel concerto, con quel mondo racchiuso in così pochi suoni, ne è la metafora perfetta.

Categories: blog, diary, italiano, music, verona | Tags: , , |

Il capodanno solido e la sbronza indie.
Scritto da verdeanita il gennaio 4th, 2009 | 5 comments

Non ho ricordi di così tanta neve su Verona. Anche se so per certo che ne è caduta anche di più.
[Come non ho ricordi dell’Adige particolarmente gonfio, anche se so che spesso l’acqua ha rotto gli argini e, in certi punti della città, arrivava alla mia testa. E come non ho ricordi di ponti distrutti e di acqua fangosa che ci passa sotto.]
Mi ha tolto il fiato, mi ha tolto le parole, tutto questo bianco.
Ho fatto una lunga passeggiata, il primo giorno dell’anno, attraversando questa città imbiancata.
Croc-croc facevano le mie scarpe che calpestavano la neve, che si bagnavano, che facevano entrare acqua che mi ghiacciava i piedi.
Da casa mia a casa di Alex, che abita dall’altra parte della città, poi un tè caldo, dolci turchi, e sono tornata.
All’andata siamo passati davanti al chiostro senza alberi. Era da mesi che non passavo davanti al mio liceo. Più o meno da quando tutti hanno cominciato a partire.
Della notte di capodanno ho ricordi abbastanza precisi, tranne un buco di circa un ora.
Mi dicono, perché io non ricordo praticamente nulla, che non sembravo ubriaca ed ero buffa.
Pare (pare) che io abbia preparato il caffè cantando “Range life” stonando senza preoccupazioni.
Pare (pare) che alla vista del caffè io abbia cominciato a urlare “Leo, è questo che siamo? Leo, ma questo è caffè?”.
Pare (pare) che io abbia fatto fare una foto a Michele con la mia Holga e che lui mi abbia detto “Gira la rotellina” e io abbia risposto “Sì, sì, ora lo faccio.”.
Inoltre la mattina dopo ero un po’ offesa, perché credevo che tutti se ne fossero andati senza salutarmi.
Invece pare (pare) che la gente mi abbia salutato, prima di uscire dalla porta.
Addirittura Michele sostiene che io l’abbia abbracciato chiedendogli “Miqui, have you ever been all messed up?” e lui abbia risposto “Sì, Anita, certo.”
Giuro che di tutto questo ho solo ricordi sfocati.
So però che è stato un capodanno solido, dopo innumerevoli giorni passati a definirmi liquida.
Mi accorgo, se rileggo il comodo file denominato “asfalto” che contiene date e avvenimenti salienti, di aver fatto moltissime cose in questi mesi.
Ho conosciuto tante persone, mi sono semi-ubriacata con gente che conoscevo appena (ma sono sempre state semi-sbronze molto divertenti), ho preso un sacco di treni senza sapere cosa mi aspettava dall’altra parte e senza provare ad immaginarlo, ma prendendomi tutto quello che dall’altra parte c’era, ho passeggiato di sera per città non mie, ho preso per la prima volta la metropolitana da sola, anche se dirlo a 21 anni sembra una cosa un po’ stupida, e ho dormito sulle panchine di una stazione ma anche in case bellissime in mezzo alla campagna.
I legami che ho stretto, o creato, in queste occasioni, erano liquidi nel senso che avevano la forma che volevo, nel senso che non erano duraturi o non chiedevano di esserlo.
Non sapevo se tutto questo fosse una cosa positiva o negativa. Perché io stavo bene, e sto bene, ma mi chiedevo “Sì, ma cosa ne rimane? E soprattutto, appunto perché eri in città non tue, con persone che non conoscevi, eri te?”.
Tutto è diventato solido in due piccoli momenti.
Quando sono salita in mansarda e ho trovato Alex, il mio amico del liceo che ora abita su un’isoletta chiamata Manhattan, che mostrava video di Patsy Cline a Irene, la mia compagna di università, sbronze e dormite in stazione, e quando sono arrivati Margherita e Luca e io ho ritenuto opportuno presentargli gli altri ospiti e le prime persone che mi sono capitare a tiro erano Michele e Irene e ho detto “Ah, ma voi già vi conoscete”. [Alla Casetta, al concerto dei Built to Spill, a Internazionale a Ferrara]
Allora, forse, non ho fatto cose troppo scollegate tra di loro, se poi le persone si ritrovano negli stessi posti.
Allora, forse, non mi comporto diversamente a seconda dei luoghi, se poi i miei amici, che tra di loro non si conoscono, si parlano e non sono strani da guardare, uno di fianco all’altro, a ballare nel mio salotto, o a bere caffè nella cucina di una casa vera.
Oggi avrei avuto la possibilità di rendere tutto ancora più solido. Sarebbero bastati un paio di treni, tra cui quello dell’1.41 Ferrara-Bologna.
Ma non ho voglia di muovermi. Per un po’ voglio stare ferma, qui, proprio dove mi trovo.

Categories: diario dalla camera oscura | Tags: , , , , , , , , , , |

Scritto da verdeanita il novembre 6th, 2008 | 4 comments
Comincio ad immaginarmi le classifiche di fine anno.
Quelli a cui i Vampire Weekend sono piaciuti moltissimo e quelli a cui hanno fatto cagare a spruzzo.
Quelli che vanno ai concerti de Le Luci Della Centrale Elettrica con i cartelloni e quelli per cui era meglio il demo.
Quelli che sono rimasti delusissimi dall’ultimo disco dei Notwist e quelli a cui tutto sommato piace.
Quelli secondo cui il disco dei No Age spacca ma dal vivo fanno schifo e quelli secondo cui il disco fa schifo ma dal vivo spaccano.
Quelli che pensano che il disco dei Fake P sia qualcosa di meraviglioso e quelli che non sanno neanche chi siano.
Io rispettivamente appartengo alla prima, seconda, seconda, prima e prima categoria.
Ieri sera sono andata con la mia ex-coinquilina a prendere uno spritz discreto in uno dei pochi locali dove fanno uno spritz discreto (il Sesto Senso).
Ascoltavamo le canzoncine del djset mentre leggevo i giornali. Il Mucchio, da cui è sparita la mia rubrica preferita, Blow Up di ottobre, con la copertina strappata ma che parla della Lou Fai a pagina 22, e Rumore, a cui ho strappato la copertina perchè era meravigliosa e sui cui compariva un grazioso fumetto sulla scena bresciana. Conoscevo più gruppi e persone di lei, solo che lei è di Brescia.
Se penso a quante cose sono successe negli ultimi due mesi mi viene il mal di testa.
Categories: diario dalla camera oscura | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , |

← Older posts

Newer posts →