Del regredire alla fase infantile
Scritto da verdeanita il febbraio 26th, 2012 | 8 comments


Mi riesce ancora difficile credere che effettivamente mi siano bastati pochi metri sul suolo di Moabit per regredire così tanto ad una fase infantile. Forse è una delle nuove sfaccettature del solito cambio d’umore relativo al ciclo mestruale. Eppure. Nel giro delle ultime ore ho deciso che è finita la mia fase “vestiamoci di solo nero”, anche se questa aveva un fondamento molto profondo, e sono tornata a vestirmi in modo cretino. Tipo l’altra sera (venerdì, quando sono andata a bere vino costoso sulla Karl-Marx Allee) ho indossato un vestito verde a pois viola, rossi e bianchi con stoffa per capelli della stessa fantasia e oggi calzini a pois e una gonna con una fantasia con gli uccellini. Tale avvenimento ha coinciso anche con un ritorno ad una fase ribelle. Infatti venerdì sera, dopo essere tornata a casa dalla mia serata sulla Karl-Marx Allee, mi sono tagliata i capelli da sola . Davanti e dietro. Ecco perché ho un buco sulla nuca. Il nuovo taglio è scodelloso e mi fa assomigliare a Fantaghirò. Essendo quest’ultima una delle figure chiave della mia vita, insieme a Prisca Puntoni e Rory Gilmore, ho preso tale commento come un complimento. E, in caso non si fosse capito, la mia prossima ossessione sarà (o già è) Karl-Marx Allee. I suoi palazzi sovietici, i locali con le finestre di vetro, i negozi che si sono svuotati. Meno male che ho finito il rullino che avevo sulla Canon. E, sì, ho finito il rullino sulla Canon, quello con le foto che ho fatto durante le mie ultime passeggiate solitarie. Ne sono tornata in possesso oggi pomeriggio, pomeriggio che è stato dedicato alla visione di numerose mostre. Nel mio rullino ci sono case occupate, posti di Berlino lontanti, castelli situati in minuscole città del Brandeburgo. E, a proposito delle case occupate, dovrei finalmente trovare il tempo di chiudere dentro un post tutte le cose che ho imparato in queste settimane consumandomi gli occhi su internet e rubando libri da innumerevoli biblioteche.
Quella qui sopra è la mia foto preferita di tutto il rullino e mi ricorda l’asinello che cavalcavo quando ero piccola e che stava fuori da un supermercato a San Zeno di Montagna. Appena infilavi la moneta partiva velocissimo e mia nonna doveva tenermi per non farmi cadere.

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Fashion blog e acquisti cretini
Scritto da verdeanita il febbraio 22nd, 2012 | 5 comments


Uno dei miei recenti passatempi preferiti è procrastinare le cose che dovrei fare per l’università e leggere libri che, seppur accademici, non c’entrano una beata mazza con quello che dovrei fare. L’altro giorno, ad esempio, proseguivo con Antropologia della città, un libro della Carocci editore che ha la stessa grafica dei miei vecchi manuali di statistica e sociologia. Stavo quindi leggendo questo libretto bluaceo e mi soffermai sulla seguente frase: “Appena arrivati in una nuova città […] sembra di essere retrocessi ad uno stadio infantile, a quell’età nella quale per la prima volta si è conosciuta la propria città e se ne sono associati i luoghi alle esperienze, ai turbamenti, ai sentimenti e sogni infantili”. Proprio qualche sera prima, sul tavolino di un bar che frequento (no, non era lo Schokoladen), scrivendo sul mio quadernino di MUJI (Muji is the new Moleskine), avevo cercato di descrivere lo stesso concetto in modo più tortuoso e meno efficace.

Il succo del discorso è che a me quella sensazione delle strade che non conosci e che in qualche modo sono “vergini”, manca parecchio. Mi sono infatti resa conto, anche se non ci voleva poi un genio per capirlo, che le strade di Berlino che conosco sono solo quelle del quartiere dove abito e delle zone limitrofe (ovvero Kreuzberg e poi Mitte, Friedrichshain e, a volte, Prenzlauerberg). Quindi, mi sono detta, per ritrovare quella sensazione basta spingersi un po’ più lontano. Per questo due giorni fa io e la mia vecchia Canon F-1 ce ne siamo andate a passeggiare tra i Plattenbau di Lichtenberg. E oggi, invece, sono scesa dove non ero mai stata. Fermata Turmstraße*, quartiere Moabit. I soliti palazzi vuoti e un’atmosfera completamente diversa dagli altri quartieri. Passeggiando mi sono infilata in uno dei negozi della catena Humana, quella che vende i vestiti second-hand. Non credo di averci mai comprato nulla, anche perché i pezzi non sono esattamente bassi e i vestiti di solito fanno abbastanza schifo. Nei meandri di Moabit, però, proprio oggi tutti i capi dell’Humana erano in offerta e costavano massimo quattro euro. Così ho comprato un vestito assolutamente cretino.

Colgo quindi l’occasione per pubblicare il primo post fashion su questo blog. Sì.
Quando lavoravo da Zalando dovevo leggere tantissimi fashion blog e praticamente tutti erano di un livello veramente basso. La stessa Ferragni la trovo molto carina ma particolarmente noiosa. Non pretendo blogger stratosferiche a livello di Tavi, ma solo cose con un minimo di personalità (tipo questo mi piace molto). Perché tutti quei blog che parlano solo di marche e dei regali ricevuti dalle relative marche sono veramente noiosi e lasciano il tempo che trovano, dimenticandosi la cosa più importante, ovvero che i vestiti sono soprattutto un messaggio e vogliono dire qualocosa (come ci spiega Margherita parlando di una maglietta dei Mudhoney).
Per fortuna da poco è arrivata la Phlo, a fare luce in questo mondo buio (che poi il suo non è un fashion blog, e lei non è una fashion blogger ma una cantante, speaker radiofonica, poliglotta, interprete e immigrata argentina).
E allora comincio anche io, mostrandovi questo indumento che non saprò mai come mettere. Un trionfo di colori primari e fantasie cretine (cosa sono? capre? galline? i musicanti di Brema?) con ampie tasche, adatto alle mezze stagioni (che qui fortunatamente esistono) e che, visto il suo piccolo prezzo, era un peccato lasciar lì. Mi piace comunque come mi sta, anche se non ho idea di come metterlo (a caso, Anita, a caso!).

*Il nome mi ricordava quello del Kollektiv Turmstraße, che aveva suonato questa estate al Luft & Liebe. Vedo che suonano venerdì al Watergate, ma sono ancora provata da venerdì scorso, che poi era sabato mattina, quando ho dovuto aspettare fino alle cinque per vedere Four Tet, andando avanti a caffè e Montenegro.

Ps: la Phlo non è l’unica ad aver aperto un nuovo blog. È tornato anche Michi.

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