Scritto da verdeanita il novembre 6th, 2008 | 4 comments
Comincio ad immaginarmi le classifiche di fine anno.
Quelli a cui i Vampire Weekend sono piaciuti moltissimo e quelli a cui hanno fatto cagare a spruzzo.
Quelli che vanno ai concerti de Le Luci Della Centrale Elettrica con i cartelloni e quelli per cui era meglio il demo.
Quelli che sono rimasti delusissimi dall’ultimo disco dei Notwist e quelli a cui tutto sommato piace.
Quelli secondo cui il disco dei No Age spacca ma dal vivo fanno schifo e quelli secondo cui il disco fa schifo ma dal vivo spaccano.
Quelli che pensano che il disco dei Fake P sia qualcosa di meraviglioso e quelli che non sanno neanche chi siano.
Io rispettivamente appartengo alla prima, seconda, seconda, prima e prima categoria.
Ieri sera sono andata con la mia ex-coinquilina a prendere uno spritz discreto in uno dei pochi locali dove fanno uno spritz discreto (il Sesto Senso).
Ascoltavamo le canzoncine del djset mentre leggevo i giornali. Il Mucchio, da cui è sparita la mia rubrica preferita, Blow Up di ottobre, con la copertina strappata ma che parla della Lou Fai a pagina 22, e Rumore, a cui ho strappato la copertina perchè era meravigliosa e sui cui compariva un grazioso fumetto sulla scena bresciana. Conoscevo più gruppi e persone di lei, solo che lei è di Brescia.
Se penso a quante cose sono successe negli ultimi due mesi mi viene il mal di testa.
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La gigantesca scritta Lou Fai
Scritto da verdeanita il settembre 8th, 2008 | 1 comment

una donna piena di sorprese.
Scrivo questo post ora perché è per me consuetudine non dormire (o dormire pochissimo) la sera dei Lou Fai. Così, per la mia percezione temporale distorta, è come se tutto fosse accaduto ieri sera, più o meno.
C’è anche da dire che la mattina dopo, avendo in corpo un frullato di ubriachezza, emozione e stanchezza, ero decisamente più ispirata, ma va bene così. [E bisogna forse aggiungere che gran parte dell’ispirazione derivava dalla congiunzione ultimo lou fai – festa in rosso e che ciò avrebbe potuto generare il solito post deprimente alla verdeanita ma qui non bisogna fare nulla di tutto questo. Di deprimente ci sono state solo le schifezze che ho dovuto raccogliere sola soletta mentre accudivo un uomo dalle mutande strane (ho visto le sue mutande grazie a questa foto, giusto per non far venire pensieri strani ai lettori di questo blog e soprattutto al mio morosetto).]
Per il resto è stato tutto meraviglioso. E’ stato tutto incredibile. E non parlo solo di questo lou fai, ma di tutti quelli di questa estate (anche del 2.3 di cui non ho parlato, perché quasi mistico e, per sua sfiga, capitato in un momento di partenze troppo significative ed abbastanza provanti, che determinarono il mio umore strano).
Tutti mi chiedono come mi sia venuto in mente di fare un cosa del genere. Ma a me non è venuto niente di particolare. Io ho solo una casetta (anzi, per la precisione: i miei genitori hanno una casetta e hanno anche una figlia completamente pazza) e mi piace andare ai concerti ma sono anche senza patente quindi se i concerti li faccio a casa mia non ho problemi a tornare a casa. Problemi che sicuramente avranno avuto molti partecipanti a queste festicciole, giunti da Vicenza, Brescia, Rovigo, Ferrara, Bologna, Ravenna, Roma e perfino Istanbul (!!).
Una volta suonavano cover band ed era tanto se veniva il mio amore del liceo. Ora vengono gruppi che hanno suonato al SXSW, rinomati diggei bolognesi, delegazioni di importanti case discografiche e famosi bloggers musicali (Vitaminic avrà improvvisato una riunione di redazione…).
E forse è incredibile o forse no, di certo è divertente e il fatto che sembri tutto così naturale è incredibilmente piacevole.
Sapere che qualcuno ha ricevuto un messaggio con scritto "alla festa in rosso non c’è nessuno" mi ha inorgoglito non poco. Forse significa che in questo buco di città ho creato "qualcosa".
I concerti sono stati tutti meravigliosi. Anche se di alcuni ho guardato con più attenzione le prove che il concerto (per motivi organizzativi). E’ favoloso quando dicono "questa è una canzone nuova". Ahah, ho le cose in anteprima.
Da segnare sull’album dei ricordi: i Clever Square che sono venuti in treno e la loro risposta a "Pop Porno", una versione di "Outside is cold for us" cantata persone che non erano Maolo (Enzo mi pare ma giuro che non mi ricordo, il che forse vuol dire che ad un certo punto anche io avevo bevuto troppo), ma anche conoscere finalmente, dopo anni e anni che leggo il suo blog, Margherita F. che ho trovato seduta sul mio prato a sera inoltrata poiché era rimasta bloccata da un concerto dei Sonora al Teatro Romano, un djset eccessivamente divertente (che mi ha fatto ballare nonostante le fatiche organizzative), l’impianto che ogni tanto si zittiva durante This Is How You Spell "Hahaha, We Destroyed The Hopes And Dreams Of A Generation Of Faux-Romantics" e la gente che andava avanti a cantare, io e Nur che cantiamo gli Envelopes distruggendoci le corde vocali, e poi i Wave Pictures e le ultime danze, la Danelectro della Carlotta, che è verde ed è come quella dei Wave Pictures, con cui ho cercato di suonare "In The Aereoplane Over The Sea" ma non mi ricordavo gli accordi (ulteriore conferma alle mie bevute), la colazione "in paese" con Enzo e Nur, loro vestiti per bene e io con una maglietta dei Velvet Underground sporca di anguria, il Calorifero dimenticato a casa mia e i momenti in cui ci siamo sentiti persi, senza macchina, con un contrabbasso e senza soldi per chiamare un taxi, il regalo di Merih appeso agli alberelli, i fogli di carta giganteschi e i pennarelli colorati che io e Michele abbiamo comprato al supermercato (anche la filosofia sulle caramelle, sugli orsi di gomma che hanno tutti lo stesso sapore) le spillette e la gigantesca scritta Lou Fai sul tetto della casetta.
I ringraziamenti sarebbero troppi e correrei il rischio di dimenticare qualcuno quindi me ne sto zitta perché non sarebbe giusto. Tutti, tutti, veramente tutti. [Però la prossima volta datemi una mano a pulire, senno la mia mamma mi sgridaa!]

L’estate prossima è un desiderio, ma devo dare priorità alla mia laurea, già di per sé abbastanza inutile.
Di positivo c’è che ho passato Macroeconomia e che quando avevo preparato l’esame in tre giorni dopo Gonzi e Fake P avevo preso 21.
Ma c’è anche la mia cartina dell’Europa con i suoi post-it viola che vorrei andare a trovare o rivedere.

[Canzoni infilare dentro un cd mezz’ora prima che i Clever Square passassero a prendermi, gioia e tristezza, concretezza e canzoni allucinate]
[Avocado Baby – The Wave Pictures]

[Nota sulla festa in rosso: dopo il record positivo di presenza l’anno scorso (tutte le sera per un tempo considerevole), quest’anno sto cercando di battere il record negativo: ci sono stata la prima sera, giusto il tempo di bere una birra e di scorrere la sezione new wave dei vinili, e ieri sera, giusto il tempo aggiungere un esemplare alla mia collezioni di camicie verdi anni ’70 e di re impadronirmi di una copia di Rum, Sodomy and the Lash dei Pogues identica a quella che mio padre mi ha perso, cioè senza bonus track idiote perché io odio le ristampe con le aggiunte.]

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Belle basi.
Scritto da verdeanita il settembre 5th, 2008 | 2 comments

Questo post è pieno di errori grammaticali perché sono stanchissima. Abbiate pietà. Domani c’è il quarto (e ultimo) round del Lou Fai Summer Festival.

Quella era la sera delle Breeders, nonché il primo giorno del primo festival della mia vita.
Mi avevano appena sottratto la macchina fotografica e non ne capivo il motivo visto che me l’avevano detto in francese.
Stavo curiosando per il Forte Saint Pere cercando di capire il sistema di somministrazione delle bevande (funzionava come alla Lou Fai: dovevi avere il bicchiere) e stavo pensando ai due concerti che mi ero persa. I Fuck Butttons e i Dodos.
Sul palco aveva appena finito il primo gruppo e stavano sistemando per il secondo. Ancora non facevo caso all’estrema precisione del programma. Se c’era scritto 19.15 voleva infatti dire che il concerto sarebbe cominciato alle 19.15.
Decisi di prendere confidenza con i bagni chimici e quando sentii un po’ di musichetta corsi senza fretta sotto il palco. Infatti non c’era moltissima gente e quella che c’era non si pressava sulle transenne come avviene di solito ai concerti di questa portata. Era sì il primo giorno, ma anche con i concerti più grossi la situazione sarebbe rimasta la stessa.
Notai, guardandomi intorno, che praticamente tutti assistevano al concerto con dei tappi gialli infilati nelle orecchie. Questo è il mistero principale che mi sono portata a casa dalla Route du Rock.
Il secondo mistero, di minore entità, è la comprensione piena del primo gruppo che suonò sul palco del Forte.
La prima impressione fu pessima. Erano in tre. Il bassista era un uomo cupo, coperto fa una felpa grigia col cappuccio che gettava ombra sulle sue espressioni facciali. Il batterista aveva una spirale di metallo appesa sopra il suo strumento e a questa spirale erano appesi numerosi aggeggi metallici. Piatti da portata e cacciaviti.
Lei, la cantante, dava l’impressione di essere incapace e di voler attirare l’attenzione solo grazie al suo spetto fisico. Aveva un vestito mezzo nero e mezzo blu, la faccia mezza bianca, un ciuffo di piume blu elettrico tra i capelli e una piccola e palesemente inutile borsetta di pelle nera.
La prima canzone, se non ricordo male, fu "Playground houstle" e il mio primo e crudele commento fu "Belle basi.".
Il resto del concerto contrastò pienamente con queste prime impressioni.
Mi ritrovai a ballare in modo grezzo come ad ascoltare rapita le canzoni più dolci. Lei non era per niente incapace. Anzi. Era brava a cantare e ad andare avanti indietro per il palco con energia rara e era talmente sicura della sua presenza scenica da causarti qualche scompenso quando ti accorgevi che la chitarra era scomparsa e poi, toh, era ricomparsa, prelevata e riconsegnata da un omino fedele che correva sul palco ad ogni suo cenno. E mi pareva anche brava a suonare. Non ricordo molto del bassista dalla felpa cupa e del batterista avvolto nel metallo. In fondo era lei a reggere tutto il concerto.
Dopo ogni canzone pensavo "Ancora. Ancora. Ancora." Purtroppo, dopo aver visto esaudite le mie invocazioni per un paio di canzoni, il gruppo fu invitato a sgombrare per tener fede ai ferrei orari del programma.
Cercai di reperire qualche informazione dai volantini dispersi nell’area del festival (che erano scritti solo in francese).
I The Dø sembravano tre ma in realtà erano solo due. Lui era francese e lei finlandese. Lui era il bassista dalla felpa cupa.
Trovai il loro nume su molti volantini appesi qua e là tra il campeggio e il Forte. Quando però facevo il loro nome ai francesi in possesso di qualche rudimento di idioma italico loro non si mostravano particolarmente colpiti.
Tornata a casa ne capii il motivo.
Il loro disco si chiama "A Mouthful", è uscito quest’anno ed oggettivamente è un disco molto carino. A me pare addirittura bello perché mi ricorda il concerto e perché è abbastanza vario. Sul loro myspace riportano influenze arcaiche che adoro (tipo Jimi Hendrix, Frank Zappa) e che colgo in modo indefinito.
Il problema di questo disco è che non contiene neanche la metà dell’energia che mi hanno trasmesso dal palco.
Aspetto quindi con ansia un altro loro concertino.
Ho fatto un rapido giro tra i blog musicali che leggo me di loro non parla nessuno.
Sul loro myspace ci sono date in città fredde e francofone, a parte qualche eccezione.
Paiono snobbarci, insomma. Come noi snobbiamo loro, d’altronde.
Riporto quindi l’unica data interessante per qualche lettore di questo blog.
13 dicembre 2008 – XXX – Istanbul (io mi starò consolando con i dolci di S. Lucia)

On My Shoulder – The Dø

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