L’ultima volta che faccio una cosa vecchia e la prima volta che faccio una cosa nuova.
Scritto da verdeanita il ottobre 10th, 2008 | 5 comments

L’ultima volta che faccio una cosa vecchia. Verona.
Per me esiste un abbigliamento da liceale, anche se non riesco a identificarlo con precisione. E’ un misto tra scegliere capi delle stagioni passate, ma anche indossarli con fare eroico e sentendo il peso del tempo. I miei vestiti da liceale sono poco eleganti, poco costosi, rovinati dal continuo procedere su e giù per corso portoni borsari e abbinati con la lucidità delle sette della mattina.
Per fare per l’ultima volta una cosa vecchia dovevo vestirmi da liceale, e scelsi un maglione a righe colorate e le mie vecchie scarpe verdi con la suola consumata.
Mi svegliai presto, come ai tempi del liceo, destando stupore nel resto della famiglia. Mi appostai alla fermata dell’autobus ascoltando i Pavement, cercando di ricordarmi qual’era la colonna sonora dei miei anni delle superiori. Mi venivano in mente pochi gruppi e non mi capacitavo della ristrettezza dei miei ascolti.
Ai portoni mi aspettava Michele. Andammo a fare colazione nel bar davanti al nostro vecchio liceo facendo attenzione a non avvicinarci troppo all’entrata di studenti e professori. Avevamo paura di essere visti e, per quei ragazzi che passavano davanti alla vetrina del bar con lo zaino sulle spalle, provavamo un misto di superiorità e invidia.
Lo scopo della mattinata, oltre a fare per l’ultima volta una cosa vecchia, come prendere l’autobus delle sette e mezza per andare a scuola, era la consegna di un regalo di immatricolazione che consisteva in una maglietta tragica dei Joy Division e in un nastrone da 60 minuti contenente alcune canzone significative.
Il tutto fu accompagnato da discussioni sull’affinità della genesi dei nomi di gruppi del calibro di Elio e le Storie Tese e A Silver Mt. Zion. Michele mi disse infatti che “storie tese” viene dalla percezione distorta di alcune parole di una canzone degli Skiantos che diceva, in realtà, “storia pesa”.
Io feci notare che anche gli A Silver Mt. Zion si chiamano così perchè un loro componente ebbe una percezione distorta di alcune parole di una canzone contenuta in Evol dei Sonic Youth, anche se non è dato sapere quali.
Seguirono teorizzazioni sul fatto che Interzona non è fatto per la gente che balla e dubbi esistenziali sull’etichetta che pubblica l’ultimo disco dei Mogwai (dubbio a cui non venimmo a capo neanche in seguito a discorsi con i preparatissimi omini Fnac che andammo a trovare).
L’omino Fnac ci chiese cosa stavamo cercando e io risposi “l’ispirazione”. La trovammo nel reparto “lettera elle”.
Senza dire nulla al mio accompagnatore mi ero infatti decisa a comprare un album dei Luna. Il mio accompagnatore si collocò al mio fianco e cominciò a cercare nella pila “gruppi che iniziano con la elle ma che sono troppo sfigati per avere un cartellino a loro dedicato” mentre io, ritenendo i Luna un gruppo dignitoso, stavo scorrendo le etichette dei gruppi in ordine alfabetico.
Il mio accompagnatore ebbe un sussulto gioioso ed estrasse dalla pila proprio un album dei Luna. A quel punto capì che eravamo in una congiunzione astrale favorevole, se entrambi eravamo predisposti all’ascolto dello stesso gruppo. Continuai a scorrere i dischi in cerca di un altro album dei Luna, lo trovai e quindi ne comprammo uno a testa.
Tornando a casa incontrai la mia professoressa di latino e greco e le dissi che quando si deve cambiare città si deve cambiare vita e ci si deve portare via tutto e non bisogna lasciare indietro nulla, siano vestiti, chitarre o dischi.

La prima volta che faccio una cosa nuova. Bologna.
Ero andata in Sala Borsa a prendere in prestito dei cd. Presi un cd dei Mogwai, un cd dei Pavement e un cd dei Lightning Bolt che mi piaceva, perchè era tutto colorato, anche se mi avevano detto che loro sono cattivi.
In realtà avevo voglia di sentire i Luna perchè la sera prima, al Locomotiv, avevo sentito una loro canzone.
La sera prima era un martedì ed era stata la prima sera.
Io c’ero andata da sola, perchè da quella serata volevo prendermi tutto un nuovo sapore e non avevo voglia di crearmi aspettattive di nessun tipo e se avessi invitato qualcuno, sicuramente, mi sarei preoccupata del suo divertimento e avrei rovinato il senso che cercavo.
Appena entrata posai lo sguardo su una persona conosciuta, anche se ci misi un po’ a capire se mi faceva piacere o no, perchè questa persona si era dileguata quando io ero andata a trovarla e non capivo perché. Ma dopo qualche sguardo, i baci di circostanza, le pacche sulla spalla e una birra smezzata, capii che in realtà mi faceva piacere e che il suo dileguamento era stato, per la mia persona, assai positivo, anche se ancora non lo percepivo del tutto.
Il concerto non fu particolarmente coinvolgente e infatti, per un momento, mi ritrovai a guardami i piedi, mentre centellinavo la mia birra per farla durare il più a lungo possibile, perchè a me la birra non piace troppo e la uso solo per tenere qualcosa in mano, quando sono da sola.
Guardai la punta delle mie scarpe azzurre e la trovai davvero sporca.
Una volta portavo questo tipo di scarpe perchè rendeva dissidente ogni abito che possedevo e dava un messaggio a chi mi guardava e mi rendeva diversa dalla moltitudine di persone che al liceo mi circondava.
Ma lì, in quel contesto, dove ero andata solo per sentire della musica, e non me ne fregava niente di apparire un tipo di persona particolare, pensai che con quei bei pantaloni puliti che avevo tolto dallo zaino avrei fatto meglio a mettere un paio di scarpe carine, invece che le solite All Star sbiadite.
Quindi, in realtà, cercavo di cambiare il mio modo di apparire.
Un ragazzo vicino a me aveva un paio di scarpe di pelle, dalla punta storta, che con i miei pantaloni sarebbero state meglio. Pensai che, forse, era solo giunto il momento di cambiare scarpe.
Il concerto era finito e c’era una ragazza tedesca che mettave i dischi e aveva messo una canzone dei Luna, anche se era una cover. Mi stava simpatica e cominciai a parlarci, dicendole che conosco poco i Luna, ma che mi piacciono molto i Galaxie 500. Poi mise Autumn Sweater.
Il Locomotiv era quasi vuoto e io mi sdraiai sul divanetto e ascoltai tutte le canzoni che mise, fino alla fine. L’ultima era di un gruppo di Parigi con il nome che cominciava per emme.
Sdraiata sul divanetto mi ritrovai, di nuovo, a guardami le scarpe. Mi sentii molto vecchia per aver sentito l’esigenza di cambiarle con un paio più elegante.
Vuol dire che è finito il tempo delle All Star, le scarpe liceli, le scarpe del mio periodo pseudo-punk, le scarpe che consumavo sulla strada dal Maffei ai Portoni, sul campo sportivo davanti alla mia scuola media quando c’era la festa in rosso, che indossavo d’inverno sperando di fare qualcosa di eroico, e comincia il tempo di scarpe più serie, dalla punta storta, di pelle, da indossare nei locali di cui ho imparato ad amare l’odore e riconoscere gli avventori, dove vado da sola per ascolare musica, ma dove ho anche imparato a bere birra a piccoli sorsi, solo per darmi un tono.
Ho capito che in ogni cosa che faccio c’è un misto di sincerità e voglia di apparire in modo piacevole, anche se è prima di tutto piacevole per me.
Mi sono sentita vecchia, stupida, fatta di vapore chiuso dentro ad una bottiglia, con la voglia di bruciare tutti i miei vestiti e comprare tonnelate di nuovi dischi e ripartire da zero.

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