Il quarto quadrante della tipologia di Thompson. La razionalità casuale ossia lo stallo decisionale.
Scritto da verdeanita il gennaio 2nd, 2008 | 3 comments

Scienze dell’amministrazione è finora in testa alla classifica delle mie materie universitarie. Ho imparato cose che mi hanno cambiato la vita. Dopo il costo opportunità, la razionalità casuale è il concetto più applicabile alla vita.
Se mai un giorno dovrò spiegare a qualcuno i quattro modelli decisionali narrerò sicuramente del mio capodanno appena trascorso.
Non so esattamente cosa mi aspettassi da un capodanno a Roma. Probabilmente non mi aspettavo nulla di particolare. Ero solo contenta perché finalmente l’avrei trascorso con Francesco. Ero anche contenta di fare qualcosa con i miei amici di scout che stando a Bologna non vedo mai. E poi Roma è sempre bella, e quindi ok. Andiamo a Roma. Andiamo a Roma e quando controllo su internet cosa c’è da fare a Roma scopro che non c’è praticamente nulla. E vabbè. Neanche un concertino di qualche gruppettino sconosciuto ai più di quelli che piacciono a me. Non che avessi mai neanche lontanamente  pensato di riuscire a portarci il mio sgangherato gruppo di amici. E allora magari era meglio così, sapere di non perdersi nulla di particolare. Poi c’erano Elio e le Storie Tese e la Bandabardò a Cinecittà e non che siano i miei gruppi preferiti, però tra quello e Amore08, la discoteca all-night-long da quaranta euro, e il concerto di Giorgia, vicino all’Altare della Patria, non è che avessi molti dubbi.
E invece, non ho capito bene per quale oscura forza maligna, oppure per lo stallo decisionale di cui mi parlò il prof. Tronconi, finimmo in piazza Venezia, che per chi non lo sapesse è proprio di fronte all’Altare della Patria e quindi al concerto di Giorgia (e quindi neanche davanti al palco con Giorgia, che bo, magari mi avrebbe fatto ingannare il tempo, ma  dietro al palco).
Il count-down fu piuttosto sgangherato, per non dire inesistente, e quindi non fui pronta e scattante, e non riuscii a nascondermi e a fuggire dagli spruzzi di spumante o vino o chissà che cosa. E mi procurai una macchia ancora non identificata sul retro del mio montgomery verde.
E di li a poco, dagli zainoni che io e mie amici ci portavamo appresso, sbucarono litri e litri di alcol.
A questo punto i lettori di codesto candido blog avranno una pessima opinione della sottoscritta. La narrazione delle sue gesta alcoliche ha già imbrattato in passato questa piccola paginetta ma vi posso garantire che il mio culto del bere è totalmente sano.
Degusto con piacere una birra parlando con i miei amici. Apprezzo anche del vinello e adoro quello schifoso che servono delle bettole da due soldi. Quando esco non vado mai oltre alla mezza pinta di birra e sidro o al secondo bicchiere e mezzo di vinello (c’è sempre un mezzo bicchiere quando ci si divide una caraffa). Alle feste bevo decisamente di più e sono assai più allegra ma sono sempre riuscita a mantenermi ad uno stadio "barcollante ma non vomitante" e neanche troppo barcollante a dire la verità.
Mi piacerebbe dirvi che non bevo quando guido, ma io, non avendo la patente, non guido. Ma se l’avessi non berrei di certo.
E quindi, con questa premessa, vorrei dire che i litri e litri di alcol (oltre a non essere proprio eccessivi per un gruppo di dieci persone) avevano una duplice funzione: la solita funzione sociologica (renderti un po’ più allegro) e una funzione oserei dire pratica, cioè quella di non farti crepare di freddo. Per adempiere alla seconda funzione, però, l’alcol avrebbe dovuto essere diluito per tutto l’arco della nottata, visto che avevamo preventivato di passarla fuori.
Invece di questi litri e litri e litri venne sfruttata solo la funzione sociologica in un tempo molto ridotto, quantificabile nel percorso a piedi lungo via del Corso, da un gruppo limitato di persone e questo portò il tutto alle estreme conseguenze, cioè ritrovarsi in piazza di Spagna ad aspettare che il vomito diventasse bile e che la nausea passasse.
A quel punto io avevo un unico, unico desiderio: o fare qualcosa tipo andare in un locale a bere o a ballare o, se l’alternativa era vagare per Roma senza un meta o stare fermi in piazza, andare in ostello a dormire. Altri avevano voglia di andare a fare un giro per Roma, altri avevano voglia di andare a bere qualcosa, altri stavano vomitando, altri avevano voglia di restare seduti. Gli obiettivi non erano condivisi.
A peggiorare la situazione c’era anche il fatto che non ci si poteva muovere per via degli svomitanti, non si vedevano bar aperti, non c’era la metro, non c’erano gli autobus e c’era troppo freddo per stare seduti. I mezzi non erano disponibili o comunque erano sconosciuti.
Ci trovavamo insomma nel quarto quadrante: lo stallo decisionale, ossia il niente, ossia lo stare fermi. Che era esattamente quello che non volevo.
In seguito, dopo svariate discussioni, il gruppo si mise a vagare per Roma. Che era la seconda cosa che non volevo.
Poi scovai un bar aperto e mi ci fiondai dentro con il resto della compagnia per essere cacciata fuori dopo poco, visto che doveva chiudere.
Infine, esasperata, impietosii Francesco che, tenerissimamente, mi accompagnò a piedi fino all’ostello.
Lungo il tragitto, verso le sei della mattina, scorgemmo un bar aperto e mi offrì una colazione buonissima (latte caldo e mega bombolone nutelloso)  .
Dormire tre ore e basta fu stranamente rinvigorente.
La mattina seguente tornai lentamente, molto lentamente a Verona, pensando, pensando continuamente, che quattro anni fa, quando ero tornata a casa presto, prestissimo e i miei genitori erano già a letto (perché conoscendoli erano già a letto a mezzanotte e un quarto) e mio fratello era, giustamente, ancora fuori e io mi ero immersa nella poltrona e mi ero guardata il film di Woodstock su Rete4, anzi, l’avevo solo ascoltato perché la tv prendeva male e si vedeva malissimo, ed ero un po’ triste e malinconica e mi era anche venuta voglia di accendere l’ingranditore e stampare qualcosa in camera oscura perché la mia camera oscura ancora esisteva, be, era stato un capodanno meno insulso, anzi, era stato quasi un bel capodanno e sicuramente è stato il mio capodanno più sensato.
Ieri, tra il viaggio in treno e la lunghissima dormita, non mi sono neanche resa conto che il tempo era passato.
Michele mi ha detto "Ti presento il giorno che non hai vissuto".
Ero uscita con Michele per comprare i biglietti per Neil Young. I biglietti per Neil Young non sono ancora finiti. Ma quelli più economici sì. Ora il concerto costa 120 euri.
Per consolarmi avevo deciso di prendere una crepe con la Nutella. La creperia era chiusa.
Allora decisi di prendermi una piadina con la Nutella. La piadineria era chiusa.
Michele mi disse che era meglio se ce ne tornavamo a casa.
Ho deciso di ascoltare Neil Young in bicicletta, così da rendermi conto che non è ‘sto granché in realtà. Ma non è così, purtroppo.
Non è così, cazzo.

In tutto questo non sono riuscita a dire che i giorni precedenti al capodanno non sono stati così disastrosi, ma anzi, sono stati molto piacevoli. E che tanto io sono troppo buona e non ce la faccio a dire che una cosa mi ha fatto veramente cagare, diciamo che questi primi giorni del 2008 ci sono andati vicini. Sperando che il buon giorno non si veda dal mattino.
Buon anno

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Mr. Penguin, Giovanni Sartori e il sistema elettorale australiano
Scritto da verdeanita il settembre 6th, 2007 | 6 comments

Una volta odiavo Mr. Penguin. Lo ritenevo un essere spregevole e privo di sentimenti.
A scuola si notava per il suo abbigliamento particolarmente distinto, che al contempo incuteva un certo timore.
I miei rapporti con Mr. Penguin migliorarono leggermente quando cominciai a frequentare il Corso di Teatro del Liceo Bicentenario. Il Corso di Teatro aveva infatti la capacità straordinaria di far andare d’accordo i tipi umani più diversi.
L’anno seguente ci candidammo entrambi come rappresentanti d’istituto. Si svolsero in quel tempo numerose cene di socializzazione tra Liste Serie, coalizzatesi contro le Liste Stupide. Lo conoscevo ormai abbastanza bene per poter discutere amabilmente di politica scolastica, ambito in cui ci trovavamo abbastanza d’accordo (quando le nostre discussioni si aprivano a nuovi orizzonti lui usava zittirmi dicendo “ATEA, COMUNISTA!” e io ribattevo urlandogli “CAPITALISTA, BORGHESE, IMPERIALISTA, SIGNORE DELLA GUERRA, SCHIAVISTA, BASTARDO FASCISTA!”).
Poi Mr. Penguin si diplomò, ma non abbandonò il Liceo. Continuò invece ad aggirasi lì intorno e lì dentro.
Così facendo si attirò le antipatie di tutti i liceali che non capivano perchè mai fosse ancora lì quanto tutti loro desideravano unicamente e ardentemente abbandonare le mura bicentenarie.
Io, in mezzo a tanto odio, sentivo di volergli bene, perchè lo sapevo che anche io sarei stata come lui. Infatti imparai in seguito che cinque anni di studi classici, più che trasmettermi amore per la cultura o apertura mentale, mi avevano fatto irrimediabilmente ammalare di Sindrome di Stoccolma.
In ogni caso gli studi universitari di Mr. Penguin mi aiutarono durante la maturità.
Passammo una serata nella mia terrazza a bere coca-cola calda, rimembrando gli eventi storici del ‘900.
L’anno seguente mi diplomai anche io e diventammo colleghi: entrambi studenti di Scienze Politiche.
Ci divertimmo, durante l’anno, a fare battute di cui solo noi potevamo ridere e a organizzare simposi per ex-studenti del Liceo Bicentenario. Durante l’estate intrattenemmo una breve e colorata corrispondenza cartacea tra Londra, Verona ed Avesa.
Ora ci battiamo perchè in Italia venga introdotto un sistema elettorale di tipo australiano.
Quando scoprii che Giovanni Sartori avrebbe tenuto un incontro al Festival Letteratura di Mantova gli inviai un gaio messaggio di invito.
L’evento N. 5, cioè quello di Sartori, venne però preso d’assalto su internet e un’ora dopo l’apertura delle prenotazioni risultava già esaurito.
Ma noi decidemmo di andarci lo stesso.
Mi recai a Mantova ieri pomeriggio, due ore prima l’inizio dell’evento. Nel mio zaino avevo un blocco per appunti, un registratore mp3, una bottiglietta di te alla pesca, un sacchetto di plastica con dentro cinque pere da poco raccolte dall’albero della sala prove (la mia bucolica sala prove a cui dedicherò un post appena possibile) e due monetine da due euro per pagarmi la conferenza (che invece mi fu poi gentilemente offerta). Cercai solingamente piazza Castello, mi fiondai nella coda degli sbigliettati e attesi pazientemente il mio collega che stava giungendo direttamente da Rimini. Mr. Penguin arrivò di lì a poco.
Mentre la coda si allungava dietro di noi e il sole ci cuoceva dolcemente, notammo, molto dispiaciuti, di essere l’unica presenza giovane. Il pubblico under-25 era praticamente assente e la piazza si riempì presto di persone che avevano dimenticato già da un bel po’ di aver varcato la soglia degli “anta”.
Andammo a salutare Giovanni Sartori, con la stessa faccia tosta di quando strinsi le mani ad Ira Kaplan.
Le uniche parole che mi rivolse furono “male, male” anche se calate all’interno di una conversazione abbastanza insignificante.
La conferenza fu assai piacevole. Gli studi classici e politici si resero utili ripetutamente durante la conferenza (riuscii a prendere appunti usando anche l’alfabeto greco e il mio cuore ebbe un piccolo balzo quando sentì parlare di “Legge Ferrea dell’Oligarchia”, facendomi tornare in mente l’orrendo libro arancione del Prof. Pasquino).
Sartori litigò con Canfora che vedeva una minaccia in Aristotele, ammise pubblicamente di essere un elitista, fece molte battute divertenti e quindi non fece altro che consolidare la mia stima nei suoi confronti.
Io e il mio collega fummo però molto delusi quando alla domanda “Quale sistema elettorale potrebbe risolvere i nostri problemi?” rispose banalmente “Un doppio turno alla Francese”. Ma tutto sommato ce ne andammo soddisfatti.
Mr. Penguin mi concesse un passaggio fino alla mia dimora. Lungo la via del ritorno mi allietò con i suoi particolari gusti musicali (dagli Aqua alle Spice Girl, passando per Max Pezzali). La collezione di dischi di Mr. Penguin meriterebbe un post a parte poichè brilla di originalità e completezza. Ma questa è un’altra storia.

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Ordine di idee
Scritto da verdeanita il agosto 9th, 2007 | 3 comments

(cucinando i biscotti indie ascoltando Nick Cave)
Domani parto per il campo scout e oltre allo zaino porterò via la chitarra seria con la custodia bella (non che la chitarra sia seria, ma viene da me chiamata così per distinguerla dalla chitarra scrausa, che rimarrà a casa, nel mio armadio, dentro la custodia sfigata).
L’altro giorno ci ho girato le corde. Ora è una vera chitarra mancina. Come quella di Jimi Hendrix, anche se non è una fender stratocaster, ma una amabile chitarra classica usata.
Così il mio amico Matte mi ha chiesto: suoni anche la chitarra adesso? Bè, ho risposto, no, non la suono. Ho solo girato le corde perchè così com’era non potevo suonarla e nell’armadio si sarà sentita sola. Allora ho girato le corde, e me la porto via. E gli scout suonano un sacco la chitarra, quindi rischio anche di imparare qualcosa. Poi imparerò solo Tra boschi e prati, o al massimo Rimmel, però è già qualcosa. Anzi, i ragazzi del reparto ascoltano i Guns’n’Roses. Vedrai che imparerò qualcosa dei Guns. Comunque ho infilato tre canzoni degli Yo La tengo dentro la custodia. Comunque no, non suono la chitarra. Non ancora almeno.
E Matte mi dice che però tra il sì e il no sono più verso il sì, suono la chitarra. E io ho detto, bo, in realtà sì. Però io non suono la chitarra. Io suono la batteria.
Che poi in realtà, si può dire che io la suoni realmente? Alla fine tengo sempre lo stesso ritmo idiota, mi blocco in media una volta per canzone, non ho indipendenza e non ho fantasia (in realtà le ultime due cose sono strettamente collegate, perchè se avessi indipendenza riuscirei ad inventarmi qualcosa di nuovo…).
Però è anche vero che ho cominciato a suonare sei mesi fa, e ho fatto solo quattro mesi e mezzo di lezione, e in questi mesi non ho mai riprovato gli esercizi su una batteria, e la mia Pearl è nella sala prove da un mese, ma in questo mese io sono anche stata in vacanza, quindi non ho provato tanto.
E poi le prove vanno sempre bene (a parte quella volta che Michele ci ha proposto gli Shins ed è venuta fuori una merda, ma in fondo era la seconda volta che ci trovavamo e io suonavo la batteria da un mese), e abbiamo fatto una canzone e abbiamo già suonato due volte… va bè, una delle due volte era a casa mia, però ‘sti cazzi, alla fine a casa mia si fanno dei concerti fighi, e ci hanno suonato anche gli Ancher che hanno suonato anche ad Ar(t)senale. Anzi, hanno suonato meglio a casa mia che all’Ar(t)senale.
In realtà, io suono la batteria perchè mi sono messa nell’ordine di idee che "suono la batteria" ("io sono una batterista", "io suono la batteria in un gruppo", "io ho un gruppo", "io ho un chitarrista e un bassista").
Non suono la chitarra perchè non sono una chitarrista. Sono una batterista.
Basta solo questo?
Non lo so.
Mi vengono in mente altre cose. Io non ho mai cantato in vita mia. E quella volta che abbiamo provato "Today is the day" e ho detto: ok, ci provo, però qualcuno suona la batteria al posto mio che sennò non sarò mai in grado", poi abbiamo fatto così, ma è venuta una schifezza.
Invece quella volta che ho detto "Stavolta canto e suono. E ce la faccio", è venuta abbastanza bene (dal mio punto di vista è venuta molto bene, anche perchè mi sono divertita il doppio).
Alle ultime prove Michele e Giulio hanno imbastito il nostro secondo pezzo, ho detto "Scrivo io il testo. E ce la faccio. Se no in questo gruppo non faccio mai nulla".
E adesso qualcuno mi dovrebbe registrare in maniera molto lo-fi questo brano, e io dovrei porvare a inventarmici sopra qualcosa. E ci proverò. E se mi metto nell’ordine di idee di fare questa cosa, la farò.
E poi bo, potrei mettermi nell’ordine di idee di fare tante altre cose. E farle con la consapevolezza di riuscire a farle. Potrei fare la patente e l’esame di Diritto.
Io e Michele poi ci siamo messi nell’ordine di idee che se ci convinciamo che gli Yo La Tengo faranno un concerto in Italia, poi loro lo faranno veramente.
Abbiamo già deciso che sarà a Bologna, il giorno del mio compleanno, il 10 novembre (che cade di sabato). Abbiamo già cominciato ad invitare la gente.
Anche questo è mettersi nell’ordine di idee?
Ma tutto questo (non la storia del concerto, che è una mezza cazzata, anzi, no, anche la cosa del concerto che è una cosa seria, perchè mi devo convincere di questo e quel concerto ci sarà) serve alla fine?

La canzone degli Acido Pastello è ora scaricabile anche da MySpace, perchè Giulio di è messo nell’ordine di idee di riuscire a caricarla.
E l’ha caricata.

http://www.myspace.com/acidopastello
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