Dobrodosli
Scritto da verdeanita il agosto 10th, 2012 | Leave a comment

Ebbene, sembra proprio che alla fine io sia arrivata a Belgrado. Due sere fa per la precisione. In questo momento vi scrivo dalla mia piccola e graziosa stanzetta con le zanzare che mi pungono e il sole che già alle otto e mezza è tramontato. Non ero più abituata all’oscurità così presto, specialmente d’estate. E questa è la prima di mille differenze e cose nuove.
Oggi comincia anche il mio primo fine settimana in questa nuova città, dopo due giorni molto leggeri di lavoro al REX, il centro culturale sede del mio tirocinio.
Il REX fa parte, insieme ad altri centri fighissimi come il WUK di Vienna, l’Ufa Fabrik a Berlino e il Melkweg ad Amsterdam, di Trans Europe Halles, di cui fa parte anche Interzona. Il mio master in Scienze Politiche a Berlino prevedeva anche un tirocinio e ho pensato bene di farlo in un altro posto all’estero, magari in un posto che fosse collegato non solo a quello che studio ma anche a quello che faccio “nel tempo libero” e che vorrei diventasse un lavoro. Volevo poi tornare a Belgrado per una serie di motivi piccoli, concatenati e probabilmente inspiegabili. E quindi eccomi qui. Mi piace tutto questo perché avevo cominciato a parlarne a tutti già a dicembre, quando era solo un’idea scema e per nulla concreta. Mi ha fatto piacere quando mi ha scritto Robert, un uomo che verso dicembre aveva occupato per qualche sera mio divano a Kotti25 (ovvero il mio precedente appartamento) e che poi era partito per l’Uganda, dicendomi “Ehi, alla fine ci sei andata davvero!”.

Sono arrivata mercoledì sera verso le nove e due miei nuovi “colleghi” sono venuti a prendermi, mi hanno portata a casa e mi hanno poi invitata a bere una birra. Sostanzialmente già la prima sera me ne stavo a chiacchierare con gente nuova, allietata da un djset che è passato da Grimes agli Yo La Tengo, sperimentavo le mie prime frasi in serbo (già dimenticate) e tornavo a casa cercando di capire le scritte delle strade in cirillico.

Ieri ho cominciato il mio lavoro al REX. Mi hanno raccontato un po’ la storia dell’edificio, inizialmente sede di non ho capito quale società ebraica, usato poi come location per un film e diventato poi centro culturale. Le attività sono divise in progetti propri del centro, coproduzioni e residenze di progetti esterni. In questo momento (abbastanza tranquillo: in Serbia in questo periodo sono tutti in vacanza) ci sono le prove di un gruppo di teatro metà tedesco e metà serbo e l’organizzazione di un festival di cinema indipendente chiamato Free Zone. Molte delle attività, specialmente quelle organizzate dal REX, sono legate all’ambito politico e sociale.

Dopo il lavoro la mia collega Milica mi ha portato a fare un giro in centro, a registrarmi alla polizia e a fare un nuovo numero di cellulare (per 200 dinari, circa due euro, ho avuto 5000 minuti di chiamate gratis e 5000 sms gratis, #ciao). Siamo passate per il Kalemegdan, che è un parco molto bello e grande con una fortezza da cui si vede tutta la città, e mi ha dato qualche informazione base sulla città, sul centro, su Nuova Belgrado, una parte di città al di là della Sava costruita intorno agli anni settanta, su Zemun, che è una specie di città che è stata collegata a Belgrado nel corso del tempo, e su varie altre cose.

È la prima volta che mi trovo a lavorare in ufficio che si occupa di teatro, cinema e musica e non di qualcosa di commerciale. Oggi ho messo in ordine tre scatole piene di flyer di mostre, concerti e progetti in giro per il mondo e pensavo a quanto fossero belle, le cose che fanno le persone in giro per il mondo.

Well, it seems that at last I have arrived in Belgrade. Two nights ago to be exact. In this moment I am writing from my pretty little room, the mosquitoes are biting me and at half past eight the sun has already set down.
I’m no longer used to this early darkness, especially in the summer. And this is the first of thousands of differences and new things.
Today also begins my first weekend in this new city after two days of very light work at the REX Cultural Center, where I’m doing my internship.
The REX belongs, together with other cool cultural centers such as WUK in Wien, Ufa Fabrik in Berlin and Melkweg in Amsterdam, to Trans Europe Halles network, which also includes Interzona. My master’s degree in Political Science in Berlin has to include an internship and I thought to do it somewhere else abroad, perhaps in a place that was related not only to what I study but also to what I do “in the free time” and that I would like to make a job. I wanted to come back to Belgrade for a lot of small, chained and probably inexplicable reasons. So here I am. I like this because I started to tell everybody about it in December, when hit was just a stupid idea. I was pleased when Robert, a man who occupied my couch in Kotti25 (my previous apartment) for some days around December and then left for Uganda, wrote me saying “Hey, eventually you really went there”

I arrived Wednesday evening at about nine and two of my new “colleagues” fetched me, they took me home and then invited me to drink a beer. Basically the very first evening I was chatting with new people, cheered by a dj who has gone from Grimes to Yo La Tengo, I was experimenting my first sentences in serbian (already forgotten) and I came home trying to understand the indication written in Cyrillic.

Yesterday I started my work at REX. They told me the history of the building, which initially belong Jewish society, was used as a location for a movie and then became a cultural center. The activities are divided in the center’s own projects, co-productions and residences. At the moment (pretty quiet: in Serbia in this period everyone is on holiday) there are rehearsal of a theater group, half from Germany and half from Serbia, and the organization of an independent movie festival called free zones. Many of the activities, especially those organized by REX, are linked to the political and social.

After work, my colleague Milica showed me the center of the city, we registered me at the police and she helped me making a new mobile number (for 200 dinars, about two euros, I had 5000 minutes of free calls and 5000 free sms, # hello). We went to the Kalemegdan, which is a beautiful park and with a big fortress from which you can see the whole city, and she gave me some basic information about the city, the center, New Belgrade, a part of the city beyond Sava which was built in the early seventies, Zemun, which is a kind of city that has been linked to Belgrade over time, and various other things.

This is the first time I have to work in a office that deals with theater, cinema and music and not anything commercial. Today I tidied up three boxes full of flyers of exhibitions, concerts and projects around the world and I thought how beautiful they are, the things that people make around the world.

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La mia vita violenta “Wien and posti abbandonati” edition
Scritto da verdeanita il marzo 19th, 2012 | 5 comments

Detta anche Bewegung, detta anche “Äpflel gibt es auch in Wien“. Più semplicemente gli eventi salienti degli ultimi giorni.

Foto di Daniele

I treni
I treni battono gli aerei, mi dispiace. Anche se sono lenti e ci mettono ore interminabili ad arrivare dall’altra parte. All’andata mi sono gustata tutti gli edifici abbandonati che si vedono lungo i binari vicino a Dresda. Mi sono persa nei miei pensieri guardando lo scorrere di un fiume enorme. Ho parlato con un padre dolcissimo tra Praga e Brno. E poi al ritorno ho scritto tanto, parlato, guardato il fiume di nuovo.

Il Danubio
Il Danubio non è come l’Arno, che spacca Firenze a metà, non è come l’Adige, che abbraccia Verona dolcemente, non è come i fiumiciattoli di Bologna che sono un po’ ridicoli, diciamocelo, non è come la Sprea e i suoi canali che spuntano dappertutto in mezzo alla città. Il Danubio è grande ma per vederlo devi andare fuori dal centro e io l’altra volta non l’avevo visto. Così un pomeriggio ho preso la metro e ci sono andata e per un’ora ho passeggiato lì intorno e non c’era freddo ma non c’erano i colori vivaci della primavera. C’erano locali ancora vuoti e palazzi di vetro. Era esattamente quello che volevo vedere.

Il revival liceale
Io e Lamberto non ci vedevamo da circa due anni e ci siamo incontrati sui binari della stazione di Thaliastraße e siamo andati a mangiare in un locale turco di Brunnengasse. Abbiamo parlato di un sacco di cose, forse anche troppe, perché ogni discorso si diramava in diecimila direzioni e io e lui abbiamo due opinioni completamente diverse, quindi ogni parola andava discussa. Abbiamo anche parlato del Maffei e di quel tempo strano che era il liceo.
Il giorno dopo al Leopold Museum ho trovato il manifesto di Fillmore che avevo usato per fare un manifesto di un concerto. L’avevo anche regalato ad Alex quando era partito e l’avevo ritrovato appeso nella sua casa di New York.

Il WUK di Vienna VS il Tacheles di Berlino
Cosa può diventare una vecchia fabbrica di locomotive? La risposta è „praticamente tutto“. Bettina, una ragazza che avevo conosciuto in Estonia l’anno scorso, ha mostrato a me e a Daniele tutte le stanze di questo centro culturale di Vienna. Atelier, sale per esposizioni, una sala per teatri e concerti, laboratori per il legno, il ferro, le biciclette. E anche una scuola per bambini. Tutto felicemente occupato dalla metà degli anni ottanta.
Le dimensioni e la presenza di tutti quegli atelier e laboratori mi hanno fatto venire in mente il Tacheles di Berlino, di cui proprio mercoledì notte si paventava la chiusura. E mi ha dato un po’ fastidio, questa somiglianza. Perché il WUK, pur senza contratto, è riuscito a costruire uno spazio bellissimo, pulito e funzionale. Il Tacheles, che ha avuto un contratto per anni, ha ancora le pareti sporche che puzzano di piscio. Comunque una delle prime cose che ho fatto al mio ritorno a Berlino è stata andare a controllare che tutto fosse a posto e sì, lo era. Compresi tutti i banchetti che vengono i souvenir hippy peace and love volemmosebenne. Sono anche entrata in una stanza che non avevo mai visto, dove stavano facendo una performance musicale. Una stanza bellissima, grande e decorata con degli stucchi ormai distrutti. Io al Tacheles voglio bene, in qualche modo, anche se a volte mi sembrano troppo legati ad un ambiente alternativo che è troppo poco (o per niente) costruttivo. Anche al WUK c’è gente così, che si lamenta perché hanno cambiato il sistema di serrature perché toglie libertà. Posizioni radicali e inutili. Poi lo so che dentro queste associazioni c’è gente che ci crede davvero e che quasi piange durante le interviste. Detto questo concludo dicendo che le case e le cose occupate sono bellissime.

Le persone che incontri a caso dopo anni in altre parti d’Europa
L’ultima sera a Vienna siamo andati a mangiare. Io, Daniele, Melanie e il suo ragazzo e un’altra ragazza che avevo conosciuto nel 2009 quando ero andata a trovare Meni a Bruxelles (anche lei insieme al ragazzo). Ho parlato abbastanza agilmente in tre lingue ed era veramente bello pensare a tutti i giri di tempo e spazio che ci avevano fatto arrivare tutti lì.

Teufelsberg
Sabato sono finalmente andata a Teufelsberg con Daniele. Era una torre radio americana in mezzo a Grunewald, che con la metro si raggiunge in mezz’ora. Un posto abbandonato, ovviamente. Per entrare bastava trovare un buco nella recinzione (un gioco da ragazzi, per usare una frase fatta). Dentro era tutto vuoto, tutto distutto, tutto ricorperto di cocci di vetro di bottiglie di birra. Un posto utilizzato per rave, grafitti, fuochi. C’era un sacco di gente e tutti avevano una macchina fotografica al collo perché la vista che si vedeva da lì era apocalittica e splendida. Era una bella giornata ma c’era quella nebbiolina grigia tipica delle grandi città che ricopriva tutto il bosco. Probabilmente tutte le foto che abbiamo fatto esistono in quantità enorme sulla faccia di questa terra, come quelle della Torre Eiffel. Fatto sta che vedere questo ciclista che, seduto sul cemento armato, si affacciava sul niente è stata un’immagine che difficilmente mi toglierò dalla testa.

Il sottile confine tra la noia assoluta e l’interesse sconfinato
Ovvero i miei ultimi libri. Uno sulle occupazioni nella DDR (non erano occupazioni politiche e neanche di necessità. Era una cosa un po’ a casaccio di cui forse un giorno vi parlerò) e uno sulla storia della SED che ho comprato al Tacheles per due euro (perché non so quasi niente della DDR. Vabbè, forse più di voi, ma comunque poco per una politologa come me).

“Äpflel gibt es auch in Wien“
La frase che ho ripetuto di più in questi giorni è stata “Vuoi una mela?”. Preoccupata dal lungo viaggio ne avevo portate in grande quantità e Meni mi ha fatto notare che c’erano anche a Vienna. Sono poi rimaste nella mia borsa e mi hanno ristorata durante miei lunghi giri.

E ora ho tre giorni per riposarmi perché giovedì si parte di nuovo.

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