Toglietemi tutto, ma non le mie scarpe azzurre
Scritto da verdeanita il gennaio 17th, 2008 | 8 comments

Rileggo un mio vecchio post che non ha neanche un anno e mi sembra che di tempo ne sia trascorso un sacco.
Era marzo e io ero nel pieno della vita universitaria. Avevo sperimentato le prime lezioni, avevo fatto i primi esami ed ero tornata a casa durante le vacanze tra un semestre e l’altro.
Ero nel pieno della vita universitaria e avevo il cuore strabordante di tutto.
La mia amica Sofia, che era stata con me al ginnasio, aveva deciso di partire per Dublino ed ero andata a salutarla e, mentre lei parlava con tutti i suoi amici che per qualche mese non avrebbe rivisto e sgranava i suoi immensi occhi azzurri con stupore e gratitudine, io parlavo con Anna del mondo universitario che ci stava spaesando.
Facevo sogni assurdi e surreali, in quel periodo: sognavo ripetutamente di essere ancora al Liceo, nella stessa classe. Anche se nel frattempo ero anche all’università.
Mi pareva di essere in vacanza, come se la scuola fosse lì lì per ricominciare.
Pochi giorni dopo ero tornata nel liceo bicentenario.
Ci sono giorni, se provo a ricordarli, che mi paiono eccessivamente luminosi e dilatati. Hanno un odore particolare o sembrano piccoli film ripresi dalla giusta angolazione, con una luce fantastica, una sceneggiatura accurata e una colonna sonora perfetta.
Ci sono giorni talmente belli da essere dolorosi.
Quei tre giorni, o forse sono stati solo due, in cui tornai sui miei passi, sono così.
Mi ricordo che mentre me ne stavo in aula magna, con le All Star azzurre davanti a me, poggiate sulle sedie di legno, e pensavo – Ancora, sono qui ancora e ho le stesse scarpe e c’è sempre Alex che suona e io sono sempre qui, con le mie scarpe sulla sedia e la borsa gettata su questo pavimento distrutto, ancora – avevo in testa Glosoli dei Sigur Ròs e stavo un po’ esplodendo come la scena finale di Zabriskie Point con un sentimento contrario. Semplicemente perché avevo quel piccolo momento nel cuore, ed ero lì, ancora, ma in quell’ancora c’erano un sacco di altri momenti uguali, con le mie scarpe sulla sedia, ma le persone intorno a me erano tutte diverse e allora, provare a pensare, in quel momento, a tutti gli altri momenti mi faceva scoppiare il cuore. E Glosoli era così. Perché c’era una batteria che spingeva sempre nella stessa direzione e diventava sempre più potente e grande, come il becco di un pulcino che cerca di uscire dall’uovo e come tutto il tempo trascorso con quelle scarpe su quella sedia che cercava di uscire dal mio corpo per trovare il proprio posto in quell’aula magna cadente.
A Bologna avevo una casa per cui non provavo affetto, pochi amici, nessun luogo caro e l’orario dei treni stampato a memoria nella mia testa, sempre pronta a tornare.
Pochi giorni fa ho dato l’ultimo esame del primo anno. L’unico che avevo lasciato indietro.
Sono tornata a Bologna da sola, sono tornata in una casa fredda perché non credevo valesse la pena accendere il riscaldamento.
Però, una volta arrivata in via Stalingrado avevo urlato "Casaa!!" e avevo trovato della posta nella buca delle lettere.
E poi ero tornata nell’aula studio di viale Berti, improvvisamente vuota, inaspettatamente deserta. Ma in facoltà avevo trovato tutti i miei colleghi.
Incredibilmente, anche se era passato appena un mese dall’ultima volta che li avevo visti, sembravano tutti un po’ invecchiati.
Ed è stato bello ritrovarsi per caso, a fare una di quelle cene da fuori sede, cosicché ti ritrovi una tavola piena di pietanze che provengono da Ferrara come da Catanzaro.
E ora, nella mia testa, c’è una nuova canzone dei Sigur Ròs. E’ diversa perché è meno dispersiva. E’ più precisa e sa quello che ha da dire. Non per questo Glosoli è meno bella. Però è piacevole ritrovarsi in queste due canzoni, e pensarci.
E’ esplodere sempre, ma in modo diverso.
Mi sembra quasi che questa non sia esattamente un’esplosione, ma una grande spinta data da tante cose.
Credo siano tanti stimoli nuovi, e il sentimento che di strada ne ho fatta, e che adesso, se mi guardo indietro, ho un "passato" anche a Bologna.
E non vedo l’ora di tornare a qualche concerto, a farmi pestare i piedi dal mio dj preferito.
Ci sono tante cose che voglio fare.

Glosoli – Sigur Ròs

Hljòmalind – Sigur Ròs

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