La mia vita violenta “Wien and posti abbandonati” edition
Scritto da verdeanita il marzo 19th, 2012 | 5 comments

Detta anche Bewegung, detta anche “Äpflel gibt es auch in Wien“. Più semplicemente gli eventi salienti degli ultimi giorni.

Foto di Daniele

I treni
I treni battono gli aerei, mi dispiace. Anche se sono lenti e ci mettono ore interminabili ad arrivare dall’altra parte. All’andata mi sono gustata tutti gli edifici abbandonati che si vedono lungo i binari vicino a Dresda. Mi sono persa nei miei pensieri guardando lo scorrere di un fiume enorme. Ho parlato con un padre dolcissimo tra Praga e Brno. E poi al ritorno ho scritto tanto, parlato, guardato il fiume di nuovo.

Il Danubio
Il Danubio non è come l’Arno, che spacca Firenze a metà, non è come l’Adige, che abbraccia Verona dolcemente, non è come i fiumiciattoli di Bologna che sono un po’ ridicoli, diciamocelo, non è come la Sprea e i suoi canali che spuntano dappertutto in mezzo alla città. Il Danubio è grande ma per vederlo devi andare fuori dal centro e io l’altra volta non l’avevo visto. Così un pomeriggio ho preso la metro e ci sono andata e per un’ora ho passeggiato lì intorno e non c’era freddo ma non c’erano i colori vivaci della primavera. C’erano locali ancora vuoti e palazzi di vetro. Era esattamente quello che volevo vedere.

Il revival liceale
Io e Lamberto non ci vedevamo da circa due anni e ci siamo incontrati sui binari della stazione di Thaliastraße e siamo andati a mangiare in un locale turco di Brunnengasse. Abbiamo parlato di un sacco di cose, forse anche troppe, perché ogni discorso si diramava in diecimila direzioni e io e lui abbiamo due opinioni completamente diverse, quindi ogni parola andava discussa. Abbiamo anche parlato del Maffei e di quel tempo strano che era il liceo.
Il giorno dopo al Leopold Museum ho trovato il manifesto di Fillmore che avevo usato per fare un manifesto di un concerto. L’avevo anche regalato ad Alex quando era partito e l’avevo ritrovato appeso nella sua casa di New York.

Il WUK di Vienna VS il Tacheles di Berlino
Cosa può diventare una vecchia fabbrica di locomotive? La risposta è „praticamente tutto“. Bettina, una ragazza che avevo conosciuto in Estonia l’anno scorso, ha mostrato a me e a Daniele tutte le stanze di questo centro culturale di Vienna. Atelier, sale per esposizioni, una sala per teatri e concerti, laboratori per il legno, il ferro, le biciclette. E anche una scuola per bambini. Tutto felicemente occupato dalla metà degli anni ottanta.
Le dimensioni e la presenza di tutti quegli atelier e laboratori mi hanno fatto venire in mente il Tacheles di Berlino, di cui proprio mercoledì notte si paventava la chiusura. E mi ha dato un po’ fastidio, questa somiglianza. Perché il WUK, pur senza contratto, è riuscito a costruire uno spazio bellissimo, pulito e funzionale. Il Tacheles, che ha avuto un contratto per anni, ha ancora le pareti sporche che puzzano di piscio. Comunque una delle prime cose che ho fatto al mio ritorno a Berlino è stata andare a controllare che tutto fosse a posto e sì, lo era. Compresi tutti i banchetti che vengono i souvenir hippy peace and love volemmosebenne. Sono anche entrata in una stanza che non avevo mai visto, dove stavano facendo una performance musicale. Una stanza bellissima, grande e decorata con degli stucchi ormai distrutti. Io al Tacheles voglio bene, in qualche modo, anche se a volte mi sembrano troppo legati ad un ambiente alternativo che è troppo poco (o per niente) costruttivo. Anche al WUK c’è gente così, che si lamenta perché hanno cambiato il sistema di serrature perché toglie libertà. Posizioni radicali e inutili. Poi lo so che dentro queste associazioni c’è gente che ci crede davvero e che quasi piange durante le interviste. Detto questo concludo dicendo che le case e le cose occupate sono bellissime.

Le persone che incontri a caso dopo anni in altre parti d’Europa
L’ultima sera a Vienna siamo andati a mangiare. Io, Daniele, Melanie e il suo ragazzo e un’altra ragazza che avevo conosciuto nel 2009 quando ero andata a trovare Meni a Bruxelles (anche lei insieme al ragazzo). Ho parlato abbastanza agilmente in tre lingue ed era veramente bello pensare a tutti i giri di tempo e spazio che ci avevano fatto arrivare tutti lì.

Teufelsberg
Sabato sono finalmente andata a Teufelsberg con Daniele. Era una torre radio americana in mezzo a Grunewald, che con la metro si raggiunge in mezz’ora. Un posto abbandonato, ovviamente. Per entrare bastava trovare un buco nella recinzione (un gioco da ragazzi, per usare una frase fatta). Dentro era tutto vuoto, tutto distutto, tutto ricorperto di cocci di vetro di bottiglie di birra. Un posto utilizzato per rave, grafitti, fuochi. C’era un sacco di gente e tutti avevano una macchina fotografica al collo perché la vista che si vedeva da lì era apocalittica e splendida. Era una bella giornata ma c’era quella nebbiolina grigia tipica delle grandi città che ricopriva tutto il bosco. Probabilmente tutte le foto che abbiamo fatto esistono in quantità enorme sulla faccia di questa terra, come quelle della Torre Eiffel. Fatto sta che vedere questo ciclista che, seduto sul cemento armato, si affacciava sul niente è stata un’immagine che difficilmente mi toglierò dalla testa.

Il sottile confine tra la noia assoluta e l’interesse sconfinato
Ovvero i miei ultimi libri. Uno sulle occupazioni nella DDR (non erano occupazioni politiche e neanche di necessità. Era una cosa un po’ a casaccio di cui forse un giorno vi parlerò) e uno sulla storia della SED che ho comprato al Tacheles per due euro (perché non so quasi niente della DDR. Vabbè, forse più di voi, ma comunque poco per una politologa come me).

“Äpflel gibt es auch in Wien“
La frase che ho ripetuto di più in questi giorni è stata “Vuoi una mela?”. Preoccupata dal lungo viaggio ne avevo portate in grande quantità e Meni mi ha fatto notare che c’erano anche a Vienna. Sono poi rimaste nella mia borsa e mi hanno ristorata durante miei lunghi giri.

E ora ho tre giorni per riposarmi perché giovedì si parte di nuovo.

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