E io che mi lamento dei miei amori falliti.
Scritto da verdeanita il agosto 29th, 2011 | 4 comments

Pensa come potrebbe essere tornare nel Luna Park abbandonato della tua infanzia. Ma che c’entra? C’entra, c’entra. Solo che non mi è facile spiegartelo. È come un collage di immagini e idee e ricordi e sensazioni, ma ti giuro che c’entra.

Il parco di cui parlo si trova a Berlino. È ad appena quaranta minuti da casa mia, cambiando un paio di autobus. È a Treptower Park ed era l’unico parco di divertimenti della DDR. Ha una storia assurda fatta di fallimenti e riaperture, di giostre trasportate in container dall’altra parte dell’oceano e tornate indietro riempite di cocaina. Giuro, è tutto vero. Fatto sta che qualche settimana fa l’avevano riaperto e ci avevano organizzato un festival di musica elettronica. E io c’ero andata con mio fratello. E mentre lo perlustravamo e guardavamo la cartina con tutte le vecchie giostre, un tipo mi si avvicina e mi dice “Non c’è più, sai?” e poi mi racconta di come ci venisse spesso, quando era bambino, e di come fosse strano vederlo ridotto così.

Sai, hai presente quando si è innamorati e si è felici di una felicità pura? Non è un po’ come la felicità pura che si provava quando da piccoli si andava in un parco di divertimenti e tutto era semplicemente bellissimo e non c’era niente di brutto?

Poi cosa succede? Non lo so, la meccanica non la so spiegare, ma in qualche modo si passa da un momento in cui ci si amava ad uno in cui non ci si ama più, da quando si poteva parlare, baciarsi e fare l’amore a quando non si può più farlo. E cercare di capire cosa passa tra queste due situazioni a volte è troppo difficile e si preferisce lasciar perdere. Così penso che le mie relazioni finite siano abbandonate, un po’ come quel parco di divertimenti. Solo che io non ci sono ancora tornata, nelle mie relazioni finite. Non mi capiterà mai di passeggiare tra i ricordi che sono scoloriti, i baci che sono crollati, l’erbaccia che è cresciuta tra i nostri discorsi e tutto il resto. Però questo è quello che è successo a quei ragazzi tedeschi che andavano a questo festival nel Luna Park abbandonato della loro infanzia, a bere birra e a ballare.

E poi per me c’è anche dell’altro. E cioè che questa cosa dell’amore che esiste e dell’amore che finisce per me è quasi identico al fatto che una persona nasca e poi muoia. E c’è una sola cosa al mondo che, secondo me, ha espresso benissimo questo  e altri concetti sul tema amore che spesso mi girano per la testa, che è “In the aeroplane over the sea” (che, tra parentesi, è un album che ho ascoltato in tanti momenti particolarmente felici ma anche in tanti momenti particolarmente tristi che erano, appunto, la fine di una storia o la morte di qualcuno). Poi, quando io in quell’album sento le trombe, mi viene sempre in mente qualcosa di festoso e amaro allo stesso tempo. Che era un po’ quello che stava accadendo in quel parco.

Questa cosa dell’amore e della morte, poi, detta in modo molto più colorato e molto più pop, è uno dei concetti che sta dietro ad un bel disco, intitolato “A Bunch Of Love Songs and Zombies”, che uscirà presto e che è stato scritto, cantato e suonato da un gruppo di persone a cui voglio molto bene e che, guarda caso, nel loro primo EP avevano inserito proprio una cover di “In the aeroplane over the sea”. E mentre io ero in quel parco, a ballare tra le carcasse di plastica dei dinosauri, pensavo che se ci dovesse essere un video per la loro versione di questa canzone, bè, era proprio quello che stava accadendo in quel momento sotto i miei occhi.

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Tell me where you’ve been my life
Scritto da verdeanita il agosto 17th, 2011 | Leave a comment

Uscire dall’ufficio con uno zaino più grande di me, la mia consueta ultima Berliner al binario di Hauptbahnof, i due ragazzi francesi che andavano anche loro alla Route du Rock, il ragazzo di Bristol che aveva un amico dall’altra parte del treno, il padre brasiliano che portava la figlia 14enne a Parigi, riuscire ad arrivare a Parigi in tempo per prendere lo stesso treno di Daniele, arrivare a St-Malò per la quarta volta e mettersi a ridere, cercare di parlare francese con risultati ridicoli, incontrare una ragazza che avevo conosciuto un Estonia e capire, ancora una volta, che l’Europa è veramente piccola, la mia quarta Route du Rock che comincia, i Sebadoh che mi commuovono al primo accordo, le Electrelane che fanno un concerto strepitoso e io che mi chiedo perchè non ne sapessi nulla, la pioggia con i Blonde Redhead e il loro concerto che è stato tutto il contrario delle mie aspettative (cioè bellissimo), Kazu Makino che canta con i Battles e poi loro che inondano il pubblico di luce gialla e fanno anche Atlas e tutta la gente che balla nel fango, i miei pantaloni quasi asciutti e la pioggia che in quel momento mi mancava e i miei amici che, a ragione, mi mandavano a cagare, birre arretrate dal 2008, tornare a St-Malò, la città, e fare le foto al mare con il grandangolo che non usavo da anni, le chiacchiere spontanee sulla navetta, i due bicchieri di vino, uno per gli Here We Go Magic e uno per gli Okkervil River, e divertirmi tanto durante il loro concerto, i Fleet Foxes, bellissimi in ogni senso, e tanto 2008, il concerto di Dan Deacon arrampicata agli amplificatori, cercare disperatamente i tappi per le orecchie, cercare di fare un video pensando solo a Michele, un tipo che mi cade sul collo e poi cercare di dormire e svegliarsi imprecando contro i Fugazi, arrivare a Parigi, avere una specie di casa a Parigi, andare a vedere il mercatino delle pulci dall’altra parte della città, il pranzo sulla Senna, camminare e camminare e camminare e chiedersi come fosse possibile resistere così tanto con così poche ore di sonno, prendere il caffè con quella che per una manciata di ore è stata la mia coinquilina e parlare dell’Italia, scoprire la prima classe dei treni e il pranzo a base di pesce e vino bianco, viaggiare con degli uomini d’affari che parlano di profitti e bilanci e che poi sentono la musica dal mio iPod e mi dicono “New Order? Cool!”, perdere a Francoforte la coincindenza con Berlino e conoscere una ragazza australiana di 18 anni che era a zonzo per l’Europa e ha un biglietto di ritorno il 19 novembre. Tornare a Berlino.

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Dare un titolo ai rullini.
Scritto da verdeanita il agosto 7th, 2011 | Leave a comment

Potrei chiamarli “Ballare in posti a caso”, “Posti che prima erano qualcos’altro” o anche “Guarda che bella tempesta che sta per arrivare”.

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