Styles of the times
Scritto da verdeanita il dicembre 1st, 2009 | 1 comment

A volte penso che anche se suonassero delle nacchere gli Yo La Tengo riuscirebbero a emozionarmi. Per me sarebbero i migliori suonatori di nacchere del mondo.
Per questo, prima del concerto, mi preoccupavo solo di evitare le sfighe che di solito si frappongono tra me e loro (tipo trovarsi dalla parte opposta di una metropoli a circa mezz’ora dall’inizio o trovarsi alle prese con treni fantasma e passare ore in mezzo alla nebbia della pianura). Non certo di questioni tipo "Quali e quanti prezzi faranno dal nuovo album?" "Con che canzone cominceranno?" e cose così.
A volte certe situazioni sono perfette in sè e non c’è bisogno di preoccuparsi, punto.
Hanno cominciato con Tom Courtenay, per dire. Colpo basso. Una volta avevo sognato un loro concerto cominciare esattamente così.
Difficilmente posso distinguere tra gli album degli Yo La Tengo un mio favorito, tanto vasta è la loro produzione e tanto varie sono le canzoni contenute in ognuno.
Nomino sempre Painful, perché è quello che per me ha l’anima e l’intento più definito. Ma il fatto che il trio di Hoboken abbia deciso di non proporre neanche una canzone da questo album non ha assolutamente intaccato due ore abbondanti di bellezza pura. Anche perché, a ripescare nel mio archivio sonoro, il concerto di Milano di tre anni fa ne aveva ripresi un bel po’.
A far da padrone questa volta è l’ultimo, Popular Songs proposto quasi per intero.
Decidono di presentare subito alcuni pezzi dell’ultimo lavoro, scegliendo tra quelli più distesi. Scelta penalizzata dal vociare di alcuni presenti, ma che incanta subito il resto del pubblico.
Gli Yo La Tengo hanno la rara capacità di bilanciare rumorosità e dolcezza. Impossibile dire se è migliore una Decora elettrica o acustica, come quella proposta al Flog. Certo è che mi sono quasi commossa e che il pubblico è rimasto ad ascoltare, mantenendo un silenzio rispettoso e assoluto.
A metà concerto la cosa si fa più rumorosa, a cominciare da Cherry Chapstik, altro colpo bassisimo, seguita a poca distanza da Sugarcube e da Nothing to Hide.
C’è tempo per tutto: ripescare pezzi da qualche EP (Styles of times), soddisfare le richieste del pubblico (Mr. Thougt), duettare con Wreckless Eric & Amy Rigby, che avevano aperto la serata, scambiarsi gli strumenti, giocare ai Condo Fucks e poi, dopo due bis, lasciare tutti senza fiato.

Popular songs / Tom Courtenay / Styles of the times / Decora / Cherry Chapstick / Sugarcube / Nothing to hide / You Can Have It All / The Weakest Part / Mr. Thougt / The Story of Yo La Tango / Our way to Fall / What’cha Gonna Do About It (probabilmente non tutte e sicuramente non in ordine)

Come al solito quando parlo degli Yo La Tengo le mie sicuramente non troppo elevate abilità di scrittura si annullano completamente. Ci sono poche parole, d’altra parte, per descivere una cosa del genere.

Un po’ di foto del concerto, fatte da Elena.

Categories: diario dalla camera oscura |

One Comment

  1. utente anonimo ha detto:

    "Story Of Yo La Tango" è stata crudele.
    Non possono trattarci così e poi andarsene, ogni volta.

    Miqui.

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