Le canzoni di Novembre
Scritto da verdeanita il dicembre 5th, 2013 | Leave a comment


Avevo detto che avrei provato a comprare almeno un disco al mese, e ho fallito. Mi ero detta che avrei sicuramente trovato il tempo di scrivere parole copiose a proposito del viaggione che ho fatto ad ottobre. Continuo a ripetermi che finirò quelle duecentocinquanta idee per articoli su Soft Revolution e che scriverò tutto quello che voglio scrivere. Invece, gli unici momenti in cui mi viene voglia di scrivere sono quando sono ai concerti, e tiro fuori il taccuino e mi siedo per terra (al concerto di Jacco Gardner lo stava facendo anche il tizio di fianco a me, ed era strano).

Dopo l’estate è arrivato l’autunno e in autunno sono successe tante cose. E io ho anche ascoltato tante canzoni e almeno quelle voglio postarle qui. (Non c’è tanta roba nuova, per quella dovrete aspettare la classifica di fine anno, sempre che io riesca a scrivere almeno quella)

– Clean the air, Jacco Gardner (La prima volta che ho visto Jacco Gardner ero in un cinema di Amburgo e mi sono addormentata. La seconda mi sono pianatata a venti centimetri dalla sua faccia e mi sono goduta il concerto come si deve)
– Walking throught that door – Future Island
– Silent Song, Daniel Rossen
– Basement , Real Estate (Credo di non aver mai sentito una cazone che suona così tanto come gli Yo La Tengo scritta da qualcun altro)
– Back to the middle, Deerhunter
– Cruise Ship, Gardens & Villa
– Harps, The Sea and Cake
– Swept Inside, Future Island (Ma come, ancora? Eh, è che questo disco mi è piaciuto tantissimo)
– Thankful, Caveman
– Ffunny Ffriends, Unknow Mortal Orchestra
– Pair of Wings, Frankie Rose (In una manciata di metri quadri a Borča, nella periferia di Belgrado, ho passato alcune delle mie ore migliori degli ultimi anni e ho fatto un sacco di scoperte musicali gradevoli)
– Crazy, Neu! (Perché la Cruccolandia si fa sentire)
– Moonstuck, The Magaphonic Thrift (Visti per caso in un vecchio cinema degli anni 30 nella periferia di Berlino, pensavo fossero autoctoni, invece erano norvegesi e non li rivedrò mai più)
– Going Home, Aloa Input (Quei dischi che scopri e immediatamente consumi. Garantisce Morr Music)
– San Francisco, Foxygen (Che è in fondo perché è identica alla prima canzone)
– Casimir Pulaski Day, Sufjan Stevens (Che in realtà doveva andare all’inizio, ma poi aveva una coda eterna e allora è finita in fondo)

Lunedì però faccio un concerto. A Berlino. Con un gruppo di Belgrado.

(Nella foto: un sacco di foglie al parco Tašmajdan, a Belgrado, questo ottobre)

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Überblick
Scritto da verdeanita il novembre 3rd, 2012 | 1 comment

A volte vorrei essere una di quelle blogger che pubblicano un post ogni due giorni, pieni di foto e piccoli appunti di giornate che poi nessuno capisce ma che in qualche modo sono suggestivi. Tanto non è che scrivendo una volta al mese la gente riesca a tenere il filo della mia vita. Anche scrivendo post chilometrici e noiosi il succo delle mie parole rimane un incasinato e grazioso marasma di cose incomprensibili.

Non so mai da dove partire. Potrei anche partire da quella sera che ero al Laika a Belgrado e pensavo: “Una delle poche cose che mi salva dalla tristezza di dover lasciare questa città è sapere che tra poco sarò di nuovo allo Schokoladen!”

Ieri sera sono tornata nel mio posto preferito, e ci sono stata con Giulio, che rimarrà qui per un anno (yeah!). Sono entrata e ho abbracciato e salutato tutti quelli che incontravo. Ho cercato di pagare la mia Astra con la mia solita monetina da due euro ma ho scoperto che è aumentata di venti centesimi. Mi hanno chiesto se ero solamente in visita e ho rassicurato che sono tornata sul serio. Mi hanno domandato se ero contenta di essere tornata e ho risposto: “Allo Schokoladen? Sì. A Berlino? Ancora non so”.

Prima di andarmene da Berlino avevo conosciuto meglio molte delle persone che incontravo spesso ai concerti. Ogni città ha la sua “scena” musicale. Berlino è talmente grande che probabilmente di scene ne ha moltissime. Quella che ho conosciuto io la chiameremo “la scena anti-folk di Berlino”. Come in ogni scena, tutti si conoscono fra di loro e tutti vanno ai concerti dei loro amici e tutti conoscono un sacco di gente anche al di là dell’oceano, e quando questi amici sono in città i concerti diventano una piccola festa, e così è stato anche ieri sera, con Phoebe Kreutz che suonava la prima data del tour in Germania e io che ci andavo un po’ per tornare allo Schokoladen ma soprattutto perché di lei avevo sentito parlare per tutta l’estate.

Con il cantautorato o con gli artisti solisti ho sempre avuto dei problemi. Sarà perché trovo il cantato in italiano noiosissimo nella maggior parte dei casi e perché, non sapendo l’inglese, in passato avevo sempre prestato molta più attenzione alla musica che alle parole. E molto spesso, anche allo Schokoladen, ho sempre fatto lo stesso errore. Da questa estate ho cercato di stare attenta anche alle parole. Confesso che ancora mi aiutano moltissimo le frasi introduttive, quando qualcuno dice: “Ed è successo questo e questo e quindi io ho scritto questa canzone”. Mi piace pensare ad una situazione, ad un pensiero, ad un concetto, che poi qualcuno è talmente bravo da condensare in una canzone, in un paio di strofe in cui tutto assume un senso più chiaro, come se fosse uno schema, una cosa che ti dà un Überblick su una sensazione.

La canzone che mi è piaciuta di più è stata la seconda, che sicuramente non troverei da nessuna parte, perché l’ha scritta questa estate, quando ha perso un amico che era amico di molte delle persone che ho conosciuto questa estate e di cui ho sentito parlare moltissimo. E nonostante la difficoltà di parlare di una cosa così triste, la canzone non era triste affatto e diceva qualcosa sul fatto che era strano che se ne fosse andato così presto, perché questo ragazzo non era certo il tipo da lasciare una festa all’inizio, ma che a volte quando si annoiava spariva, e quindi magari se n’era solo andato un attimo e sarebbe probabilmente tornato più tardi. E poi ha cantato di altre cose, intrise di allegra nostalgia .

Ho pensato a tutte le storie noiose che racconto e che ripeto fino allo sfinimento, a cui la gente spesso risponde: “Sì, Anita, me l’hai già raccontato!”. E ho pensato che mi piacerebbe racchiuderle in qualcosa di circoscritto e orecchiabile o bello da vedere, come una canzone o un quadro o qualcosa del genere. Ma poiché non possiedo questo talento, credo che continuerò a tenermi il mio pezzo di internet per continuare ad annoiare.

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