Posti di Berlino che mi mancheranno un sacco
Scritto da verdeanita il settembre 18th, 2014 | 2 comments

Vi ho detto che sono tornata a Verona e che non ho un biglietto di ritorno. Potrei tornare a Berlino dopo due mesi, potrei stare di più, potrei andarmene da qualche altra parte. Non ci voglio pensare più di tanto. Ovviamente da quando ho preso questa decisione ho cominciato a pensare a tutte le cose che stavo per lasciare, ai luoghi dove passo la maggior parte del mio tempo. E quindi ecco un primo (e forse non ultimo) elenco di luoghi che sentiranno la mia mancanza più o meno come la sentirò io. O anche i posti dove potete venire a cercarmi quando verrete a Berlino, se sarò lì (perché della gente è effettivamente venuta a cercarmi, trovandomi, in uno di questi posti).

1. Schokoladen

Ne ho già parlato fino allo sfinimento, quindi per tutta la storia potete andare su Soft Revolution. Si trova in uno squat (ora legalizzato) che era un vecchio negozio di cioccolata. È uno dei pochi locali rimasti a Mitte nonché uno dei pochi palazzi la cui facciata non è stata ristrutturata e che può darvi un’idea di come erano i quartieri della Berlino Est. Ci sono concerti tutte le sere a parte il martedì, quando c’è un reading (e se masticate un po’ di tedesco vale veramente la pena anche questo). L’ingresso costa sempre meno di 8 euro ed è gratuito dopo le dieci. I concerti sono quasi sempre di gruppi piccolini, che poi diventano grandi. Tipo che c’è ancora un poster dei Future Island che due estati fa hanno fatto un concerto nel cortile. È ricoperto da una carta da parati con le roselline rosse. È in assoluto il mio posto preferito di Berlino.

Schokoladen, Ackerstraße 169, 10115 Berlin

2. Madame Claude

Andare al Madame Claude è come entrare in un altro mondo. Bisogna scendere le scale e poi scenderle ancora. Ci sono i mobili appesi al soffitto come se tutto fosse al contrario. E c’è la foresta, che è il posto più bello dove bighellonare prima dell’Open Mic, che si svolge tutte le domeniche, ospitato a settimane alterne da Heiko o Chiara. Ci sono anche un sacco di concerti durante la settimana. Ma io sono un’affezionata delle domeniche e, pur non suonando nessuno strumento, andandoci di continuo ho conosciuto tutti i miei amici.

Madame Claude, Lübbener Straße 19, 10997 Berlin

3. Antje Öklesund

Che probabilmente non troverò al mio ritorno perchè sarà un cumulo di macerio o, se tornerò tra molto tempo, un condominio di lusso. Si trova dentro un edificio mezzo distrutto all’interno di un cortile di Friedrichshain. Se non lo state cercando è praticamente impossibile da trovare. Comunque, è uno di quei pochi locali dove i gruppi a metà tra lo sconosciuto e il famoso possono suonare. Una volta sono andata a vedere Jel e c’erano i Notwist che bighellonavano lì e il locale era ancora mezzo vuoto e a me pareva tutto surreale. Da poco hanno cominciato con i djset e l’ultima volta che si sono andata sono uscita all’alba dopo aver ballato sette ore. Qui ho anche fatto il mio concerto di beneficenza Folk the Flood per l’alluvione dei Balcani, a cui hanno suonato tutti gli amici menzionati sopra.

Antje Öklesund, Rigaer Straße 71, 10247 Berlin

4. Monarch

(Nella foto Dump, ovvero James McNew degli Yo La Tengo e la sua Danelectro glitterata, a due passi da me)
Da non confondere con il West Germany.* Sembra un bar ma non è solo un bar. Se guardi bene in fondo c’è anche un piccolo palco dove ho visto alcuni dei concerti più belli di tutta la mia permanenza a Berlino. Oh, ed è anche il locale dove ho organizzato per la prima volta un mio concerto a Berlino. Erano i C+C=Maxigross, ma ci ho anche fatto His Clancyness e i Be Forest. Quindi ogni volta che ci torno mi sembra di essere un po’ in ufficio o al liceo durante l’autogestione. Ah, e ci sono anche dei bellissimi Djset!

Monarch, Skalitzer Straße 134, 10999 Berlin

5. West Germany

(Nella foto, che non ho fatto io ma Tom, un tizio olandese che è sempre in giro in tour con gruppi a cui fa foto, si vede Boris dei Repetitor in mezzo al pubblico. Concerto che ho fatto io!)
Da non confondere con il Monarch.* La leggenda dice che questo locale sia stato ricavato da un vecchio studio medico ed è tutto rovinato e il palco è fatto con delle casse di birra. È gestito dai alcuni tra i migliori promoter di Berlino, Ein Welt aus Hack , e se cercate un gruppo rumoroso, sperimentale, sconosciuto o famoso ma in incognito e/o assolutamente figo, allora questo è il posto dove andare. Non hanno sito, non hanno pagina FB, non hanno niente. Dovete solo andare e provare. Io ho avuto l’onore di organizzarci i concerti di Vvhile e Repetitor. Il giorno dopo il concerto dei Repetitor sono andata a riprendermi il tupperware del catering ed ero terrorizzata dall’idea di incontrare Thrustone Moore perché quella sera toccava a lui. C’è anche una bella terrazza con vista sull’orribile (ovvero bellissima) architettura di Kottbusser Tor.

West Germany, Skalitzer Straße 133, 10999 Berlin

*I due locali sono molto vicini e facilmente confondibili. Sulla strada, Skalitzer traße, c’è un orribile complesso architettonico con delle porte. Per andare al Monarch di prende la prima porta venendo dalla metro e si sale al primo piano. Per andare al West Germany si prende la seconda porta e si sale al secondo piano. Comunque la gente non capirà mai e mi capita sempre di essere all’ingresso con la mia guest list e dover mandar via gente spavalda che dice cose tipo: “Sono in lista, sono amico del DJ” “Non sei in lista, non so chi tu sia e non c’è nessun DJ!” “Non è il West Germany questo?” “No…”.

Bonus: mio fratello che suona all’Open Mic “Jennifer Strange”. Quel giorno era il compleanno di Heiko e la lista era piena di nomi ragguardevoli e io ero molto orgogliosa.

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Verona solo andata
Scritto da verdeanita il settembre 17th, 2014 | 2 comments

Il 16 settembre me ne sono tornata a Verona. Non ho un biglietto di ritorno e tutte le mie cose sono state impacchettate nella mia stanza in modo da riempire tre scatole SAMLA, quattro scompartimenti della mia libreria LACK e il mobile rosso IKEA PS. Bello usare i mobili dell’IKEA come unità di misura. Sono stata brava a incastrare tutto e ho anche buttato via un sacco di cose. Ad occuparla in mia assenza sarà una ragazza spagnola. Avevo uno zaino pesantissimo e mio padre ha detto “Ma saranno almeno 20 chili!” “No, solo 19.3.” ho risposto io.

Giulio mi ha portata a Tegel in macchina, altrimenti non ce l’avrei mai fatta. E’ venuto a prendermi alle nove e mezza e aveva scelto un disco degli Arcade Fire che ci stava benissimo con la temperatura e la luce autunnale di quel martedì mattina.

Avevamo passato insieme anche la sera prima, nel modo meno berlinese possibile: lasagne con funghi e gorgonzola, una bottiglia di Valpolicella Ripasso Classico Superiore e un vecchio film italiano.

Avevo già dedicato il fine settimana a salutare i miei amici. Venerdì c’era stato un matrimonio a cui avevano suonato anche i The Burning Hell. Avevo fissato la mia partenza a settembre proprio per fare in tempo a salutarli, visto che questo tour non passa dall’Italia. Sabato in molti erano venuti a casa mia e sabato sera, nonostante la stanchezza accumulata, ero andata all’Antje Oklesund a ballare.

Verso le tre ero a pezzi e ho deciso di cominciare il giro dei saluti partendo dal Dj il quale mi ha detto: “Rimani per una sola canzone!”. Ho proseguito il giro pronta a ballare perché sapevo perfettamente che canzone mi avrebbe messo su. Quello fu anche l’istante in cui capii che il tizio bellissimo che mi aveva chiesto di uscire la settimana prima era effettivamente venuto a cercarmi e io non avevo cuore di dirgli ciao e addio allo stesso tempo e ballai quindi con gli occhi bassi e socchiusi per tutti i sei meravigliosi minuti di quell’ultima canzone, uscendomene poi senza neanche guardarlo e sentendomi cretina perché era bello e carino e simpatico e tutto ma io me ne stavo per andare e quindi che senso aveva. (C’era anche stato un momento in cui Vincent mi aveva chiesto di chi era la canzone che stavano suonando e io lo avevo schiaffeggiato urlando “Pavement!” o quando lui si era messo a saltellare quando avevano messo Jonathan Richman o altri mille momenti bellissimi)

A volte a Berlino ci sono susseguirsi infiniti di giorni fantastici. Tipo, questa lunga fila di giorni fantastici quando era cominciata? Quando io e Anni avevamo deciso di passare insieme il pomeriggio e faceva caldo ed eravamo fuggite al laghetto? Quando io e Rachel ci siamo viste gli Aloa Input lungo la Sprea? Quando io e Lorina siamo andati a prenderci una torta in quel posto polacco-italiano tra Weserstrasse e il canale? (In assoluto il posto più Gilmore Girls di tutta Berlino) O quando c’era stato il Torstrassenfestival e Mitte per una sera era come doveva essere vent’anni fa? Potrei andare indietro e indietro e indietro e probabilmente il susseguirsi infinito di giorni fantastici comincerebbe il giorno che mi sono trasferita lì.

Io non riesco ad immaginarmi di vivere a Berlino per sempre perché è troppo bello per essere reale.

Quando abitavo a Bologna succedevano poche cose e io facevo cose stupide per far accadere le cose. A Berlino le cose accadono da sole. Io però non sono abituata a tutto questo. Nel posto da dove vengo le cose sono sempre praticamente ferme. Così a volte devo andarmene da Berlino, tornare indietro, andarmene da qualche altra parte. Ed è per questo e per altri motivi di diverse grandezze che il 16 settembre me ne sono tornata a casa senza biglietto di ritorno.

(nelle foto ci sono io in mezzo a Tempelhof, il mio aeroporto vuoto preferito)

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Resteremo tutti qui
Scritto da verdeanita il agosto 22nd, 2014 | Leave a comment

“Il breve attimo in cui tutto è possibile. Quello è l’attimo dell’amore. Come rimpiango di non poter afferrare quell’attimo in cui tutto è possibile, e fermarmi lì.”
– Per Olov Enquist, “Il libro di Blanche e Marie”


Non sapevo che quel locale con le vetrate enormi vicino a Boddinstraße fosse Villa Neukölln. Comunque è lì che ci troviamo, seduti su un divano enorme, a raccontarci episodi significativi delle nostre vite.
“Avevamo cominciato a chattare e poi eravamo diventati amici su MySpace e poi su Skype e poi… credo di aver attraversato sette anni di evoluzione dei social network, chiedendole l’amicizia. E non l’avevo mai vista. E poi lei ad un certo punto mi ha detto: – Ehi, vengo in Europa!- e io ho detto: – Ok, andiamo in tour insieme! – e quando sono andato a prenderla in aeroporto credo di non essere mai stato così nervoso in vita mia. E poi i primi giorni sono stati strani e i giorni successivi… bè, lo sono stati ancora di più. E non importa quante canzoni avessi scritto per lei e quanto avessi fantasticato sul momento in cui saremmo finalmente stati insieme… alla fine è andato tutto male e non so spiegarmelo.”

Venerdì, anche se in realtà era già sabato mattina, passeggiamo fino a Rosenthaler Platz. Lo guido io perché lui non conosce le vie, anche se io l’avevo avvisato che in quella zona di Berlino mi perdo sempre, anche dopo quattro anni, ed è un po’ imbarazzante come cosa.
“Credo che capisci di essere a Berlino da un tempo considerevole quando, uscendo dalla metro a Rosenthaler Platz azzecchi l’uscita più vicina al posto dove devi andare.”
“Noi dobbiamo andare là, vero?”
“Sì, infatti l’uscita per il Kim Bar è la più semplice perché basta seguire le indicazioni per Brunnenstrasse e il Kim Bar è proprio di fianco.”
Al Kim Bar non ci mettevo piede da mesi e comunque riconosco metà degli avventori. La cosa che mi mette tristezza, però, è vedere le impalcature sulla facciata del civico 183. Hanno cominciato i lavori e la gigantesca scritta che tanto mi piaceva non si legge più.
Ci passavo davanti spesso, quando avevo tempo e passavo le domeniche a passeggiare per Berlino facendo foto con la mia Canon.

Quando passeggiavo per Berlino facendo foto con la mia Canon ascoltavo gli Electric President e la mia canzone preferita parlava di dieci migliaia di linee. Sono quelle che ti partono dalla pancia quando fai progetti bellissimi perché hai voglia di farli, perché sai che sono realizzabili o almeno quello è quello che la pancia ti dice.

Un altro giorno torno anche a Wedding, dopo mesi. Era un posto dove andavo quando la mia vita era diversa, perché a Berlino le cose cambiano sempre velocemente.
Io e la mia amica siamo in un bar e ci raccontiamo gli ultimi mesi, perché ci vediamo solo saltuariamente e c’è sempre tanto da raccontare.
“…e poi mi ha detto che si è innamorato di una ragazza francese.”
“E ci pensi ancora?”
“Ma sì, un pochino ci penso. Ma sono solo invidiosa, non sono gelosa, perché se c’è una cosa che ho imparato l’anno scorso è che siamo tutti ugualmente fantastici e quindi di sicuro lei non è meglio di me. E neanche peggio di me. Probabilmente è fantastica, come me!”
Alla fine io le dico che sono contenta che le cose, tutte le cose, siano andate come sono andate. Che tutto sommato non importa che sia finita, con lui, perché quando stavamo insieme stavamo insieme sul serio.

Che non importa tanto se le cose alla fine non vanno come le si era programmate all’inizio, se l’incontro che si era aspettato per tanto tempo non va come previsto, se il giorno della festa sul prato piove, se il regalo che hai comprato si rompe, se la casa che avresti voluto occupare per sempre viene sgomberata, se Berlino cambia. La cosa più bella è la sensazione di possibilità che si prova.

A volte penso che la nostra storia sia rimasta là, dentro quel supermercato. Eravamo andati a fare la spesa per smettere di pensare a quello a cui stavamo pensando, e poi ad un certo punto ero tornata ad essere triste e mi ero fermata, mentre camminavamo tra i reparti tenendoci per mano e gli avevo detto: “Ma non avremo mai tempo per fare tutto quello che volevamo fare!”
Che è un po’ quello che provavo quando passavo per Brunnenstraße e leggevo quelle scritte enormi che dicevano “Resteremo tutti qui!” e invece non è rimasto nessuno.

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