Dove Anita scopre che la Terra è veramente tonda.
Scritto da verdeanita il giugno 18th, 2010 | 4 comments

14 aprile 2010 – Preparo lo zaino  non so decidermi tra il cappottino più carino o quello più pesante. E’ quasi estate, mi dico, ma da Berlino mi giunge notizia di freddo polare. Alla fine rinuncio alla mia pesante Canon F-1 e porto entrambi.
1 Maggio 2010 – Mai Fest a Kreuzberg. Durante il concerto dell’ultimo gruppo pop-rock turco comincia a cadere una pioggia leggera. Io continuo a ballare con addosso solo il cardigan. L’estate è arrivata, mi dico.
1 Giugno 2010 – Torno in bici dal concerto dei Fanfarlo. Piove leggero e fitto che sembra quasi nebbia. Tiro su la sciarpa per coprirmi il naso, ringrazio il cielo per aver deciso di portare la giacca pesante e medito se comprare o no dei guanti di lana.
2 Giugno 2010 – Seconda notte nella mia nuova stanza. Non riesco ad addormentarmi per via del freddo, così metto un altro piumino sopra il sacco a pelo. Mi chiedo se sia veramente giugno.
6 Giugno 2010 – Ho la maglietta a maniche corte, i leggings fino a metà polpaccio, le ballerine, e muio di caldo.
Passare dal cappotto invernale alle maniche corte nel giro di quattro giorni mi ha fatto capire una cosa. Che la frase "non ci sono più le mezze stagioni" non doveva farci ridere. E che è inutile cominciare a preoccuparsi adesso. Adesso è troppo tardi. Il clima si è fottuto.
Potevamo prendere meno l’aereo, non usare il deodorante spray, usare la bici, comprare frutta di stagione, portarci il sacchetto quando facevamo la spesa, spegnere lo stereo in stand-by.
Due settimane fa, quando non ci avevano fatto entrare al Berghain perché non eravamo abbastanza cool, eravamo andati in un posto poco distante. La musica non la ricordo, eravamo tutti completamente sbronzi e siamo usciti dal locale quando fuori era pieno giorno. Ma non erano le sette o le otto. Erano appena le quattro e il cielo era già completamente chiaro e i piccioni erano svegli e mangiavano quello che cadeva dai Kebab della gente.
Questa cosa mi ha fatto capire che la terra è veramente tonda ed è per questo che le giornate in certi posti durano di più. E che il nostro è veramente un pianeta. Un pianeta tondo. E che l’abbiamo trattato troppo male e che presto, molto presto, ne pagheremo le conseguenze.

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Una cosa che difficilmente dimenticherò.
Scritto da verdeanita il maggio 31st, 2010 | 1 comment

La fascetta verde viene staccata dal mio polso e impietosamente gettata nel cestino. E’ una delle poche cose in questa stanza a non finire per terra, e poi dimenticata per un tempo indefinito.
In effetti sarebbe ora di smetterla di conservare stupidi gingilli, biglietti di concerti e pezzi di carta di ogni sorta.
La fascetta verde recava il nome dell’Immergut Festival, una due giorni di musica ad un centinaio di chilometri a nord di Berlino, precisamente a Neustrelitz, nome che ancora mi risulta impronunciabile, con una line-up che conteneva nomi conosciuti, nomi attesi e nomi anche fin troppo noti, come quello dei My Awesome Mixtape.
Sprecherei una miriade di bla bla per raccontarvi tutti i loro concerti che ho visto tra Bologna e Verona, concerti che hanno toccato tutti i luoghi a cui finora ho voluto bene, compreso Interzona, dove entrambe le volte gli ho accolti con una terrina di biscotti.
Erano già passati a Berlino più di un mese fa, esattamente due giorni prima del mio arrivo e mi era dispiaciuto assai perdermeli.
Sabato sono partita per Neustrelitz con più attesa per loro che per gli altri nomi obesi che comparivano sul criptico sito del Festival.
Nel mio zaino avevo cibo per un esercito, comprese due bottiglie di vino italiano comprato al Lidl che sono stata costretta a bere in poco più di mezz’ora prima di entrare nell’area del festival.
Così il concerto dei Lali Puna l’ho visto completamente sbronza e quello degli Efterklang mentre cominciavo a capire dov’ero e a ricapitolare nella mia testa il programma della giornata (sì, alle quattro suonano i My Awesome, alle sette c’è il treno, alle otto arriviamo a Berlino, alle dieci e mezza devi essere a Pankow e parlare tedesco con i parenti del tuo nuovo moroso tedesco. Sì, quattro di mattina, sì, tesoro, non dormirai MAI!).
Quello che ho visto sul finire della giornata (perché è un nuovo giorno quando sorge il sole) credo che difficilmente lo dimenticherò. E credo che lo ricorderò come il loro concerto migliore.
So che mi sono divertita come mai prima, che i pezzi nuovi spaccavano tanto, che i tedeschi erano contentissimi, che ho ballato da matti e che comunque non riuscirei a descrivervi il tutto come meriterebbe.
Mi ricorderò il tendone strapieno di gente, la mia voce che si perde, loro che spaccano tutto e che non riescono ad andarsene dal palco perché tutti urlando ancora ancora e hanno anche spento gli amplificatori e tolto la corrente e loro hanno portato gli strumenti in mezzo al pubblico e hanno continuato a suonare. Che alla fine distribuivano cd a manciate e che quando mi sono voltata ho visto che era sorta l’alba e vuol dire che avevano suonato per due ore e nessuno se n’era accorto.

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Please, Please, Please Let Me Get What I Want
Scritto da verdeanita il aprile 21st, 2010 | 5 comments
Frühling in Berlin.

Ad Irene chiedevo spesso un parere sul mio abbigliamento. "Fa schifo!" diceva lei. "Allora lo compro" dicevo io. Però le regole che tengo scritte nel mio Moleskine le aveva lette e approvate. E per ora stanno funzionando bene.

Sono regole a volte sceme, a volte brutali, a volte ingenue. Dicono che per fare le cose che vuoi fare, basta farle. E che alla fine è tutta una questione di priorità. Una sorta di economia personale. Il vero costo di qualcosa è ciò a cui rinunci per ottenerlo. Ragionare sul breve e medio periodo e solo per le cose più importani sul lungo. Sappiamo tutti dove saremo nel lungo periodo.
Così, per il momento va bene così. Il poster appeso all’armadio in modo precario, in attesa di un muro su cui poter restare attaccato per cinque mesi. I concerti cancellati per via delle ceneri di un vulcano. Le discussioni in inglese con dentro parole che conosco solo in tedesco. Le serate in cui vorrei uscire e invece imparo il nome degli ingredienti della tisana che sto bevendo. Un disco masterizzato per poterlo ascoltare in salotto. I vestiti ammassati in una stanza che appartiene a qualcun’altro. I biglietti per i concerti ausverkauft. I cardigan a sette euro.

Aspettando una svolta che forse c’è già stata.

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