nunc est bibendum
Scritto da verdeanita il luglio 1st, 2007 | 6 comments

Statistica è eterna. Ogni esercizio che comincio sembra corto, ma poi i numeri iniziano  a moltiplicarsi, riempiono il foglio, sembrano uscirne. Sembrano disperdesi per tutta la stanza. Mi volteggiano intorno e mi punzecchiano come se fossero zanzare. “Sommatoria”, “varianza” o peggio “coefficiente di regressione” sono parole che mi fanno paura.
Diritto (il cui nome completo è Diritto Costituzionale Italiano e Comparato) è noioso. Noiosissimo.
Sono gli ultimi esami che mi mancano per quest’anno. E sono odiosi.
Secondo fattore negativo: le mie mani. La mia situazione ricorda molto Nanni Moretti in “Caro Diario”, quando il poveretto è costretto a consultare ogni tipo di medico e a sperimentare ogni tipo di cura per risolvere un’irritazione cutanea. Le mie mani sono infatti ricoperte di bollicine. O meglio, una settimana fa erano bollicine. Adesso non si capisce bene, tra arrossamenti e agglomerati giallastri. Le mie mani sono orrende.
Terzo fattore negativo: sono senza soldi. Ma questo per tanti gioiosi motivi che spiegherò tra poco.
Il fatto di essere senza soldi comporta però: niente Patti Smith, niente Wilco (mi dispiace Michele ma non credo proprio di farcela) e niente vacanze (problema minore).
E quindi passiamo ai motivi per gioire. Andando in ordine cronologico.
[trentagiugno] Ieri sera cena di Verona Blog con tanto di premiazione per i Verona Blog Awards. Bellissima serata e bellissima compagnia. Non ho vinto il premio Giulietta, ma conserverò la rosa che ha regalato Romeo alle donne presenti e il topolino salterino fatto da Mirko. Come premio consolazione potrò vantarmi di aver vinto miglior maglietta. Grazie a tutti i presenti (Lemi, Domiziano, Gianfalco, Mirko, Alone in Kyoto, Aphrodite, Norge, Yoshi, FdC, Tengi, Stefania, Emanuel, Davide, Phlo e gli altri tre membri del pinkazz team che posso vantami di non aver confuso neanche una volta: Fab, Bretek e z3ro)
[venitnovegiugno] Venerdì sera, concerto dei Jethro Tull. Finalmente. Non riesco ancora ad ordinare gli eventi in modo cronologicamente sensato. Ho presto treni, autobus e taxi per raggiungere il posto del concerto, finalmente sono entrata in possesso della maglietta con la copertina di Stand Up che desideravo da secoli, ho provato la mia solita malinconia nel sentire suonare gruppi attempati, ho ballato in trance e la pioggia mi ha bagnato prima delicatamente e poi violentemente. I Jethro hanno suonato bene, sono stati meravigliosi, in ogni senso. Ian Anderson compensa la mancanza di voce con un’energia straordinaria. Il suo flauto è qualcosa che non può essere descritto. E ho provato una tristezza incredibile quando la pioggia si è portata via la corrente e mi ha quindi impedito di sentire “Locomotive Breath” ma quello che è stato è stato bellissimo. Ma non soddisfacente.
Devo ringraziare il mio fratellino Paolo che mi ha accompagnato in questa avventura, accettando di passare la notte sul pavimento della stazione di Pordenone, e le persone che ho conosciuto al concerto e con cui ho condiviso il taxi del ritorno (Libel7) e anche Norman, per le premure.
Ho regalato a Paolo l’ultimo disco dei White Stripes. L’ho comprato su vinile, il che implica la possibilità di ascoltarlo solo in camera mia.
[ventottogiugno] Giovedì stavo appunto ascoltando il suddetto disco, studiando Diritto Costituzionale, ma prestando più attenzione alla batteria di Meg che ai decreti legge, quando decisi.
Decisi che il momento era propizio per compiere la grande svolta.
Convinsi mio padre a seguirmi e andai a comprarmi una batteria.
Una Pearl, nera. Bellissima. Per un pomeriggio e una notte è rimasta nel mio salotto. E’ stata la cosa più bella che sia mai entrata in casa mia. Ora si trova nella “Lou Fai” (la sala prove degli Acido Pastello). I libri mi trattengono qui, ma appena avrò finito questi maledetti esami potrò suonare, suonare e suonare.
Giovedì mattina mi ero svegliata presto e con la dovuta calma mie ero fatta una doccia e avevo guardato programmi cretini alla televisione. Poi mi ero vestita con tranquillità. Seguirono dieci minuti di nervosismo e disperazione, mentre cercavo le chiavi di casa. Alla fine uscii senza e presi la bici bianca della mamma e e corsi, corsi disperatamente fino al Maffei, con l’immensa preoccupazione di arrivare tardi all’orale di Alex.
Parcheggiai proprio sulle gradinate fuori dal chiostro, e lo cercai impaurita.
Fortunatamente doveva ancora cominciare. Seguirono momenti di angoscia, battute e qualche scherzo cretino.
Alex fece un orale bellissimo. Stupendo. All’orale seguirono parole latine che non sentivo da tempo: "Nunc est bibendum". Ci concedemmo quindi del buon vino, che in realtà non era buona ma faceva schifo esattamente come un anno fa, quando il motivo di tanta allegrezza fu il mio orribile orale. Alex mi offrì anche il pranzo e dell’originale caffè americano.
Ora la situazione si è capovolta: sono io quella che studia, mentre tutti i miei amici sono in vacanza.
Sì, Statistica, ora torno da te. Aspetta un secondo che pubblico questo post.

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La morte di Zoran II
Scritto da verdeanita il giugno 21st, 2007 | 6 comments

Un giorno, a Bologna, appena scesa dal 36 che mi riportava a casa, durante una canzone di Jimi Hendrix, il mio iPod Zoran esalò l’ultimo respiro.
Dopo un mese di attesa, dalla Apple giunse il suo successore, da me battezzato Zoran II.
Zoran II è morto l’altroeri, durante una canzone degli Yo La Tengo.
Poichè gli iPod mi hanno scassato, poichè non ho voglia di riportarlo alla Fnac (ma lo farò per non sputtanare la garanzia), ho riesumato il walkman tremendamente anni ottanta di mio padre.
Poi ho preso un nastro da 60 minuti, l’ho inserito nel mangiacassette semi-scassato dell’hi-fi, ho fatto partire il giradischi e ho registrato tutto il lato A di Who’s Next. Poi ho girato il disco e ho registrato il lato B.
Tra poco andrò a salutare i maturandi, portandomi dietro il walkman.
Mi hanno scassato anche i cd (ma tanto oggi me ne comprerò almeno uno che è la giornata della musica e c’è il 15% in meno alla Fnac – anche sul prezzo verde).
Il mio portatile è stato formattato due volte e ancora non funziona, ho installato Linux e non riesco ad usarlo. Mi ha scassato pure quello. C’è una bella macchina da scrivere Olivetti che mi aspetta.
Che nervoso.
Le mie mani si sono riempite di bollicine pruginose, probabilmente in seguito all’aver realizzato che era veramente Pete Townshend l’uomo col naso grosso seduto in una osteria in via sottoriva. Era lui.
Per compensare la mia insoddisfazione musicale, dovuta a questo e ad altra piccole tragedie, tra meno di due settimane avrò una batteria. Pearl. Nera.
E se anche voi volete risollevermi il morale, fate un giro qui e fate ciò che vi dice il vostro cuore.

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The Kids Are Allright
Scritto da verdeanita il giugno 12th, 2007 | 4 comments

I concerti nei posti immensi hanno la pretesa di essere perfetti. Impianto perfetto, luci perfette, immagini perfette, strumenti costosi accordati perfettamente e voci che devono cantare perfettamente.
I concerti nei posti immensi hanno spesso un costo spropositato, c’è la sicurezza ad ogni porta e se ti arrampichi sulle ringhiere o fai qualche gesto euforico ti risbattono subito al tuo posto.
Una volta i concerti avevano pretese molto minori, probabilmente gli impianti erano "da battaglia" così come gli strumenti. Infatti erano talmente da battaglia che un giorno capitò che un chitarrista ebbe la geniale idea di distruggere la chitarra contro un amplificatore. Ma questa è un’altra storia.
Oggi gli Who sono rimasti in due e sono due vecchietti arzilli, diciamola così. Pete è riconoscibile per via del nasone e Roger non lo so se è riconoscibile.
La mia testa era proiettata al concerto si ieri sera come ad un concerto di un gruppo di oggi, un gruppo che aveva dimenticato quello che era una volta. Mi aspettavo quindi un concerto senza sbavature, realizzato in una logica molto "da casa discografica" del tipo "facciamo sentire tutti i pezzi del nuovo cd e poi magari qualcos’altro, tipo Baba o’riley, così, per dare un contentino".
La mia più grande paura era che cominciassero con Fragments. Canzone carina, certo, ma che ti illude troppo, perchè sembra Baba o’Riley, la versione stanca di Baba o’Riley. Molti dei presenti in Arena probabilmente non si erano preoccupati di comprare l’ultimo cd. L’Arena sarebbe esplosa in un boato esaltato per poi sbrofondare in un silenzio incuriosito e infastidido. E deluso.
Invece no, gli Who cominciarono con I Can’t Explain, e le mie paure si dissolsero. Cantai e ballai gioisamente le prime quattro canzoni, ringraziando la pioggia che mi rinfrescava delicatamente. E urlavo convinta "Distruggila Pete! Distruggila", sicura che tanto non l’avrebbe fatto. Aspettavo con ansia ogni canzone, sapendo che certe le avrebbero fatte di certo, e io non vedevo l’ora. Invece la pioggia delicata si trasformò in una bufera. E tutta l’Arena si svuotò. Io aprii il mio ombrello colorato, che coprì anche molti dei giovani rockettari di fianco a me, e rimasi pazientemente al mio posto, urlando "No Rain, No Rain", come la stessa innocente speranza di chi l’aveva urlato prima di me.
Il concerto si interruppe per un’ora. Poi, ricominciò, e sembrò ricominciare bene, con una canzone splendida come Behind Blue Eyes.
La voce di Roger però se ne era andata a causa dell’umidità. Interruppe la canzone a metà e se ne uscì dal palco sconsolato e credo molto imbarazzato. Fu Pete a dirci che a causa della voce di Roger non avrebbero potuto proseguire il concerto.
A questo punto avrei potuto fare come la maggior parte dei miei vicini: bestemmiare, imprecare, insultare pesantemente gli Who, richiedere indietro i miei soldi o maledirli perchè mi avevano fatto perdere una giornata di studio/lavoro. Intorno a me sentivo tutto questo e mi sentivo triste.
Perchè io non ce la facevo. Fino a quel momento avevano suonato bene, avevano spaccato, come si dice. Mi avevano emozionato e mi erano parsi dei grandi. Sì, per me erano ancora dei grandi. Una voce che si abbassa non è una cosa per insultare un cantante. E’ ovvio che non se la senta di cantare se il suo strumento viene a mancare. Come suonare con una chitarra senza un paio di corde, con un basso scordato, con una batteria senza piatti. Si può fare, certo, ma non è la stessa cosa. Una voce che si abbassa è solo il segno che il tempo è passato. Too old to rock’n’roll, too young to die, ha detto qualcuno.
I soldi che avevo speso per il biglietto erano tanti, ok. Forse erano pure tantissimi. Però non riuscivo ad odiarli per questo. E’ difficile parlare di musica, è difficile decriverla a parole. Sono linguaggi così diversi, come si può darle adirittura un prezzo?
Pensavo, ed era molto idealistico farlo, ma in fondo era anche vero, che gli Who appartenevano ad un altro tempo. E che in quel tempo la gente non si sarebbe preoccupata dei soldi del biglietto, del lavoro, del biglietto del treno. Probabilmente avrebbe accettato la cosa, perchè i soldi e tutte le preoccupazioni non facevano parte di quella musica.
Dopo un bel po’ di tempo, e un bel po’ di movimento dietro al palco, il gruppo torno fuori.
Ora accaddero un paio di cose, che magari qualcuno ha interpretato male, ma che io, piena della mia bontà musicale non sono riuscita a fare.
Accadde che gli Who regalarono un’oretta scarsa di concerto, in cui Roger canto per quel che poteva, cacciando urletti con la sua voce rauca che fecero impazzire l’Arena intera. E capitò anche che, probabilmente perchè la voce era quella che era e non avrebbe potuto durare ancora molto, infilarono uno dopo l’altro tutti i loro brani più grandiosi. Uno dopo l’altro, senza sosta. Qualcuno potrebbe dire "ma sì, ci hanno dato il contentino, ci hanno fatto sentire quello che volevamo sentire per farci tornare a casa tutti contenti".
No, loro hanno cercato di dare il meglio, con i loro mezzi. E’ stato un concerto ben lontano dalla perfezione sonora, è stato un concerto di quelli che ti emozionano veramente non solo per le canzoni che suonano, ma anche per chi le suona e per come le suona. Con l’anima, col la forza di qualcuno che vuole dare un senso a quello che sta facendo. Ero in delirio.
Di fianco a me, i giovincelli rockettari. Esaltati più di me, poichè quello era il loro vero primo concerto. Uno di loro mi prese pure sulle spalle, durante Baba O’Riley. Fantastico.
Quando dicevo di ascoltare i Led Zeppelin, i vecchiardi mi guardavano con stupore e sospetto, increduli davanti a qualcuno che poteva apprezzare una musica così vecchia.
Invece queste persone continuano a nascere, anche se i tempi sono cambiati e uno spirito come quello di ieri sera difficilmente lo ritroveremo.
Però, lo possiamo proprio dire. I bambini stanno bene.

Articolo pubblicato anche qui e qui.

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