Mr. Penguin, Giovanni Sartori e il sistema elettorale australiano
Scritto da verdeanita il settembre 6th, 2007 | 6 comments

Una volta odiavo Mr. Penguin. Lo ritenevo un essere spregevole e privo di sentimenti.
A scuola si notava per il suo abbigliamento particolarmente distinto, che al contempo incuteva un certo timore.
I miei rapporti con Mr. Penguin migliorarono leggermente quando cominciai a frequentare il Corso di Teatro del Liceo Bicentenario. Il Corso di Teatro aveva infatti la capacità straordinaria di far andare d’accordo i tipi umani più diversi.
L’anno seguente ci candidammo entrambi come rappresentanti d’istituto. Si svolsero in quel tempo numerose cene di socializzazione tra Liste Serie, coalizzatesi contro le Liste Stupide. Lo conoscevo ormai abbastanza bene per poter discutere amabilmente di politica scolastica, ambito in cui ci trovavamo abbastanza d’accordo (quando le nostre discussioni si aprivano a nuovi orizzonti lui usava zittirmi dicendo “ATEA, COMUNISTA!” e io ribattevo urlandogli “CAPITALISTA, BORGHESE, IMPERIALISTA, SIGNORE DELLA GUERRA, SCHIAVISTA, BASTARDO FASCISTA!”).
Poi Mr. Penguin si diplomò, ma non abbandonò il Liceo. Continuò invece ad aggirasi lì intorno e lì dentro.
Così facendo si attirò le antipatie di tutti i liceali che non capivano perchè mai fosse ancora lì quanto tutti loro desideravano unicamente e ardentemente abbandonare le mura bicentenarie.
Io, in mezzo a tanto odio, sentivo di volergli bene, perchè lo sapevo che anche io sarei stata come lui. Infatti imparai in seguito che cinque anni di studi classici, più che trasmettermi amore per la cultura o apertura mentale, mi avevano fatto irrimediabilmente ammalare di Sindrome di Stoccolma.
In ogni caso gli studi universitari di Mr. Penguin mi aiutarono durante la maturità.
Passammo una serata nella mia terrazza a bere coca-cola calda, rimembrando gli eventi storici del ‘900.
L’anno seguente mi diplomai anche io e diventammo colleghi: entrambi studenti di Scienze Politiche.
Ci divertimmo, durante l’anno, a fare battute di cui solo noi potevamo ridere e a organizzare simposi per ex-studenti del Liceo Bicentenario. Durante l’estate intrattenemmo una breve e colorata corrispondenza cartacea tra Londra, Verona ed Avesa.
Ora ci battiamo perchè in Italia venga introdotto un sistema elettorale di tipo australiano.
Quando scoprii che Giovanni Sartori avrebbe tenuto un incontro al Festival Letteratura di Mantova gli inviai un gaio messaggio di invito.
L’evento N. 5, cioè quello di Sartori, venne però preso d’assalto su internet e un’ora dopo l’apertura delle prenotazioni risultava già esaurito.
Ma noi decidemmo di andarci lo stesso.
Mi recai a Mantova ieri pomeriggio, due ore prima l’inizio dell’evento. Nel mio zaino avevo un blocco per appunti, un registratore mp3, una bottiglietta di te alla pesca, un sacchetto di plastica con dentro cinque pere da poco raccolte dall’albero della sala prove (la mia bucolica sala prove a cui dedicherò un post appena possibile) e due monetine da due euro per pagarmi la conferenza (che invece mi fu poi gentilemente offerta). Cercai solingamente piazza Castello, mi fiondai nella coda degli sbigliettati e attesi pazientemente il mio collega che stava giungendo direttamente da Rimini. Mr. Penguin arrivò di lì a poco.
Mentre la coda si allungava dietro di noi e il sole ci cuoceva dolcemente, notammo, molto dispiaciuti, di essere l’unica presenza giovane. Il pubblico under-25 era praticamente assente e la piazza si riempì presto di persone che avevano dimenticato già da un bel po’ di aver varcato la soglia degli “anta”.
Andammo a salutare Giovanni Sartori, con la stessa faccia tosta di quando strinsi le mani ad Ira Kaplan.
Le uniche parole che mi rivolse furono “male, male” anche se calate all’interno di una conversazione abbastanza insignificante.
La conferenza fu assai piacevole. Gli studi classici e politici si resero utili ripetutamente durante la conferenza (riuscii a prendere appunti usando anche l’alfabeto greco e il mio cuore ebbe un piccolo balzo quando sentì parlare di “Legge Ferrea dell’Oligarchia”, facendomi tornare in mente l’orrendo libro arancione del Prof. Pasquino).
Sartori litigò con Canfora che vedeva una minaccia in Aristotele, ammise pubblicamente di essere un elitista, fece molte battute divertenti e quindi non fece altro che consolidare la mia stima nei suoi confronti.
Io e il mio collega fummo però molto delusi quando alla domanda “Quale sistema elettorale potrebbe risolvere i nostri problemi?” rispose banalmente “Un doppio turno alla Francese”. Ma tutto sommato ce ne andammo soddisfatti.
Mr. Penguin mi concesse un passaggio fino alla mia dimora. Lungo la via del ritorno mi allietò con i suoi particolari gusti musicali (dagli Aqua alle Spice Girl, passando per Max Pezzali). La collezione di dischi di Mr. Penguin meriterebbe un post a parte poichè brilla di originalità e completezza. Ma questa è un’altra storia.

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I sette messaggeri
Scritto da verdeanita il settembre 3rd, 2007 | 3 comments
“Procedemmo ancora. Invano cercavo di persuadermi che le nuvole trascorrenti sopra di me fossero uguali a quelle della mia fanciullezza, che il cielo della città lontana non fosse diverso dalla cupola azzurra che mi sovrastava, che l’aria fosse la stessa, uguale il soffio del vento, identiche le voci degli uccelli. Le nuvole, il cielo, l’aria, i venti, gli uccelli, mi apparivano in verità cose nuove e diverse; e io mi sentivo straniero.”
Dino Buzzati, “I Sette Messaggeri”

Ogni anno la Festa in Rosso è perfettamente inutile. Ogni anno la festa in rosso è per tutti la catarsi degli anni che passano. Ogni anno è sempre la stessa storia. Eppure è la stessa storia che va avanti.
E ogni anno non c’è niente di diverso. Gli stessi banchetti. Gli stessi concerti. Gli stessi dibattiti. E l’unica cosa rilevante che ho visto cambiare è stato il prezzo della birra.
Noi che ci andiamo siamo sempre gli stessi. E ogni anno siamo sempre lì, tutte le sere. E ogni anno ci cerchiamo. E ogni anno non ci vediamo da una vita. E ci salutiamo. E ci parliamo guardando indietro per salutare gli altri che cerchiamo. Ogni anno. E siamo ingrassati, o abbiamo cambiato moroso, o abbiamo tinto i capelli o ci siamo tagliati tutti i nostri lunghissimi rasta per fare il cammino di Santiago.
Io ci vado da sola alla Festa in Rosso, perchè ho imparato che tanto alla fine non sarai mai con la persona con cui sei arrivato, perchè durante la serata hai salutato tante di quelle persone, e hai girato tanti di quei tavoli… E ogni anno mi fa impressione vedere che le persone con cui sto sono diverse, e le persone con cui stavo l’anno prima sono sempre più lontane.
E ora ho una casa a Bologna, con due stanze e con un letto vuoto. E io ci porterò il mio giradischi e i mei dischi in quella stanza. E pensavo di condividerla con la mia Compagna di Giochi, che è da due anni che è sempre più distante.
E a volte ha un modo di parlare un po’ fastidioso e distaccato, ma io non smetto di volerle bene. E la gente, quando lei se ne va, mi guarda perplessa e mi dice “Ma è tua amica quella?”. Oh sì, dico io. Lo so che può sembrare strano, ma quella è la mia Compagna di Giochi, e se adesso io sono qui e ti parlo dei Creedence o di Jimi Hendrix, io lo devo a lei (sì, lo devo anche ad Eric S.: lui è stato la spinta, ma la mia Compagna di Giochi è stata la direzione). Lo so che può sembrare strano, perchè lei sembra un po’ diversa da me. E non se la sta tirando, è solo che è cambiata. Ma io non smetto di volerle bene.
E a lei devo tante cose: la mia casa in campagna che ogni tanto diventa Woodstock e la mia malinconia e i miei Moleskine.
E poi vado avanti a camminare per i tavoli della Festa in Rosso. E ogni anno c’è il cartello idiota sul frigo con scritto “Bambini Freschi”. E te non salutarmi cazzo, che mi imbarazzi, che quattro anni fa mi piacevi. E te invece puoi salutarmi. E lo devi sapere che la prima volta che ho preso in mano un pezzo di carta e ho scritto è stato per spedirti una lettera (la lettera). E sappiatelo entrambi, voi due, che quel Giugno io me lo ricorderò per tutta la vita.
E torno a casa e la mia maglia ha quell’odore buonissimo di pulito misto a fumo.
Una volta, quando si poteva fumare nei locali, tutti i sabati sera i miei vestiti avevano quell’odore. E a me piacerà sempre.
Due anni fa c’era un Francesco che era venuto a trovarmi da Napoli. E domani invece c’è un Francesco che parte per Napoli e che tornerà tra tre mesi, perchè i treni costano tanto e fanno schifo. E giù ha una donna che lo aspetta. E poi tornerà a Napoli e chissà quando tornerà a Verona.
Mi ha fatto impressione vederlo girare per i banchetti e i tavoli, per salutare tutti. E mi dice che è stato in giro, a salutare un po’ tutto. Il vecchio Liceo Bicentenario e piazza Dante e tutto il resto.
Ci andavamo insieme, in Piazza Dante, tanti anni fa. A Napoli c’è un’altra Piazza Dante (e la zona lì intorno è la mia preferita) ma Dante è messo in una posizione diversa e non è vicina al Maffei e non c’è la Libreria col Commesso dai Capelli Rossi a pochi passi.
E lui mi dice che è un po’ triste e un po’ felice allo stesso tempo.
E io sono tanto, tanto triste.
Vado a sentirmi il concerto. Chiudo gli occhi.
E vorrei essere nell’Aula Magna, dove il cuore mi si è spaccato per la prima volta. Una volta ci ho portato anche il mio Francesco.

Quest’anno, per la prima volta, sono andata alla Festa in Rosso tutte, ma proprio tutte le sere.
A volte sono rimasta poco, a volte tutta la sera.
Ho staccato il poster, che è orribile ma amabile. Lo porterò a Bologna, come molti altri oggetti insensati.

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nunc est bibendum
Scritto da verdeanita il luglio 1st, 2007 | 6 comments

Statistica è eterna. Ogni esercizio che comincio sembra corto, ma poi i numeri iniziano  a moltiplicarsi, riempiono il foglio, sembrano uscirne. Sembrano disperdesi per tutta la stanza. Mi volteggiano intorno e mi punzecchiano come se fossero zanzare. “Sommatoria”, “varianza” o peggio “coefficiente di regressione” sono parole che mi fanno paura.
Diritto (il cui nome completo è Diritto Costituzionale Italiano e Comparato) è noioso. Noiosissimo.
Sono gli ultimi esami che mi mancano per quest’anno. E sono odiosi.
Secondo fattore negativo: le mie mani. La mia situazione ricorda molto Nanni Moretti in “Caro Diario”, quando il poveretto è costretto a consultare ogni tipo di medico e a sperimentare ogni tipo di cura per risolvere un’irritazione cutanea. Le mie mani sono infatti ricoperte di bollicine. O meglio, una settimana fa erano bollicine. Adesso non si capisce bene, tra arrossamenti e agglomerati giallastri. Le mie mani sono orrende.
Terzo fattore negativo: sono senza soldi. Ma questo per tanti gioiosi motivi che spiegherò tra poco.
Il fatto di essere senza soldi comporta però: niente Patti Smith, niente Wilco (mi dispiace Michele ma non credo proprio di farcela) e niente vacanze (problema minore).
E quindi passiamo ai motivi per gioire. Andando in ordine cronologico.
[trentagiugno] Ieri sera cena di Verona Blog con tanto di premiazione per i Verona Blog Awards. Bellissima serata e bellissima compagnia. Non ho vinto il premio Giulietta, ma conserverò la rosa che ha regalato Romeo alle donne presenti e il topolino salterino fatto da Mirko. Come premio consolazione potrò vantarmi di aver vinto miglior maglietta. Grazie a tutti i presenti (Lemi, Domiziano, Gianfalco, Mirko, Alone in Kyoto, Aphrodite, Norge, Yoshi, FdC, Tengi, Stefania, Emanuel, Davide, Phlo e gli altri tre membri del pinkazz team che posso vantami di non aver confuso neanche una volta: Fab, Bretek e z3ro)
[venitnovegiugno] Venerdì sera, concerto dei Jethro Tull. Finalmente. Non riesco ancora ad ordinare gli eventi in modo cronologicamente sensato. Ho presto treni, autobus e taxi per raggiungere il posto del concerto, finalmente sono entrata in possesso della maglietta con la copertina di Stand Up che desideravo da secoli, ho provato la mia solita malinconia nel sentire suonare gruppi attempati, ho ballato in trance e la pioggia mi ha bagnato prima delicatamente e poi violentemente. I Jethro hanno suonato bene, sono stati meravigliosi, in ogni senso. Ian Anderson compensa la mancanza di voce con un’energia straordinaria. Il suo flauto è qualcosa che non può essere descritto. E ho provato una tristezza incredibile quando la pioggia si è portata via la corrente e mi ha quindi impedito di sentire “Locomotive Breath” ma quello che è stato è stato bellissimo. Ma non soddisfacente.
Devo ringraziare il mio fratellino Paolo che mi ha accompagnato in questa avventura, accettando di passare la notte sul pavimento della stazione di Pordenone, e le persone che ho conosciuto al concerto e con cui ho condiviso il taxi del ritorno (Libel7) e anche Norman, per le premure.
Ho regalato a Paolo l’ultimo disco dei White Stripes. L’ho comprato su vinile, il che implica la possibilità di ascoltarlo solo in camera mia.
[ventottogiugno] Giovedì stavo appunto ascoltando il suddetto disco, studiando Diritto Costituzionale, ma prestando più attenzione alla batteria di Meg che ai decreti legge, quando decisi.
Decisi che il momento era propizio per compiere la grande svolta.
Convinsi mio padre a seguirmi e andai a comprarmi una batteria.
Una Pearl, nera. Bellissima. Per un pomeriggio e una notte è rimasta nel mio salotto. E’ stata la cosa più bella che sia mai entrata in casa mia. Ora si trova nella “Lou Fai” (la sala prove degli Acido Pastello). I libri mi trattengono qui, ma appena avrò finito questi maledetti esami potrò suonare, suonare e suonare.
Giovedì mattina mi ero svegliata presto e con la dovuta calma mie ero fatta una doccia e avevo guardato programmi cretini alla televisione. Poi mi ero vestita con tranquillità. Seguirono dieci minuti di nervosismo e disperazione, mentre cercavo le chiavi di casa. Alla fine uscii senza e presi la bici bianca della mamma e e corsi, corsi disperatamente fino al Maffei, con l’immensa preoccupazione di arrivare tardi all’orale di Alex.
Parcheggiai proprio sulle gradinate fuori dal chiostro, e lo cercai impaurita.
Fortunatamente doveva ancora cominciare. Seguirono momenti di angoscia, battute e qualche scherzo cretino.
Alex fece un orale bellissimo. Stupendo. All’orale seguirono parole latine che non sentivo da tempo: "Nunc est bibendum". Ci concedemmo quindi del buon vino, che in realtà non era buona ma faceva schifo esattamente come un anno fa, quando il motivo di tanta allegrezza fu il mio orribile orale. Alex mi offrì anche il pranzo e dell’originale caffè americano.
Ora la situazione si è capovolta: sono io quella che studia, mentre tutti i miei amici sono in vacanza.
Sì, Statistica, ora torno da te. Aspetta un secondo che pubblico questo post.

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