La mia alimentazione a Belgrado
Scritto da verdeanita il settembre 3rd, 2012 | 1 comment

Ovvero uno dei tanti post di cui sentivate sicuramente il bisogno. Detto anche, dopo il post serio ecco il post cretino.

Premessa
A maggio mi sono trasferita nella stanza di Berlino dove tornerò al mio ritorno e una delle miei coinquiline mi disse: “Non vedo l’ora di vedere cosa compri quando fai la spesa. Mi piace vedere cose mangiano le persone”.
Ma io cambio alimentazione molto spesso, questa è la verita. Tipo mi ricordo che a maggio 2010 mangiavo un sacco di pasta al pesto e affettati del Lidl, che per molto tempo ho fatto colazione con pane, burro e marmellata e che poi per mesi ho smesso, che a Bologna c’è stato il tempo dei tortellini, il tempo del cous cous: tutte cose che dopo un po’ ho smesso di cucinare. Ma vabbè. Questo per dire che e divertente vedere come mi sto alimentando ora.

Roba del panificio
Panificio in serbo si dice Pekara ed è quasi sempre scritto in cirillico (quindi пекара), fortunatamente con due delle lettere che si leggono come l’alfabeto greco, quindi sono riuscita a decifrare questa scritta quasi subito.
I panifici qui vendono una vasta gamma di robe pesantissime e buonissime che costano quasi sempre meno di 100 dinari. Quindi sto mangiando un sacco di borek, pite e altre cose piene di formaggio, funghi, spinaci e patate. Buone.

Frutta e verdura
Andare a fare la spesa al mercato è una delle mie grandi gioie anche perché i numeri sono una delle poche cose che so dire in serbo, quindi basta indicare le pesche e dire quattro, aspettare il momento del prezzo, rifletterci un attimo e pagare con gioia l’importo esatto (qualche volta vado nel panico e quindi pago con banconote obese perchè non capisco). Comunque, qui di mercati ce ne sono tanti e vendono di tutto e tutto ha un sapore buonissimo (e a Berlino non è così). Oggi ho comprato funghi, pesche, pere e un bicchiere enorme pieno di lamponi. Gnam!

Biscotti Plasmon
Era da tempo che non vedevo i biscotti plasmon nei supermercati. Sono buonissimi, anche se non voglio sapere l’iporto calorico.

Palacinke
Ovvero il termine serbo per dire crepe, pancake… quella roba lì. Il sapore non cambia. Mi serviva un supporto per la marmellata a colazione e il pane lasciato fuori ammuffiva nel giro di pochi giorni, così ho cominciato a comprare i pacchi di palacinke da tenere in frigo. Buone però.

Gelati
Non gelati buoni e artigianali, ma gelati super chimici che vendono letteralmente ogni 50 metri. E costano tipo 50 dinari. Insieme ai Gin tonic saranno la mia rovina.

Caffè
Non l’espresso, non la brodaglia di cui mi nutro in ufficio a Berlino, ma neanche il buon caffè turco  che è troppo laborioso e si può fare o col pentolino o con una specie di strano bollitore di plastica che una volta mi hanno insegnato ad usare dicendomi “E mi raccomando, usa solo cucchiai di plastica per mescolare sennò muori!”  Qui tutti bevono caffè solubile. E ci aggiungono il latte in polvere. Per i più pigri ci sono comode bustine 3 in 1 (caffè, latte e zucchero) e 2 in 1 (solo caffè e latte). E io che lo bevo solo con lo zucchero? Mi attacco.

Gin tonic
Sì, perché fa troppo caldo per il vino, non sono una grande fan della birra e il gin tonic costa pochissimo. Tipo 30 dinari in più di una birra. Ed è molto più buono di una birra, dai. E mi fa fare molta meno pipì. Niente male, no?

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Dobrodosli
Scritto da verdeanita il agosto 10th, 2012 | Leave a comment

Ebbene, sembra proprio che alla fine io sia arrivata a Belgrado. Due sere fa per la precisione. In questo momento vi scrivo dalla mia piccola e graziosa stanzetta con le zanzare che mi pungono e il sole che già alle otto e mezza è tramontato. Non ero più abituata all’oscurità così presto, specialmente d’estate. E questa è la prima di mille differenze e cose nuove.
Oggi comincia anche il mio primo fine settimana in questa nuova città, dopo due giorni molto leggeri di lavoro al REX, il centro culturale sede del mio tirocinio.
Il REX fa parte, insieme ad altri centri fighissimi come il WUK di Vienna, l’Ufa Fabrik a Berlino e il Melkweg ad Amsterdam, di Trans Europe Halles, di cui fa parte anche Interzona. Il mio master in Scienze Politiche a Berlino prevedeva anche un tirocinio e ho pensato bene di farlo in un altro posto all’estero, magari in un posto che fosse collegato non solo a quello che studio ma anche a quello che faccio “nel tempo libero” e che vorrei diventasse un lavoro. Volevo poi tornare a Belgrado per una serie di motivi piccoli, concatenati e probabilmente inspiegabili. E quindi eccomi qui. Mi piace tutto questo perché avevo cominciato a parlarne a tutti già a dicembre, quando era solo un’idea scema e per nulla concreta. Mi ha fatto piacere quando mi ha scritto Robert, un uomo che verso dicembre aveva occupato per qualche sera mio divano a Kotti25 (ovvero il mio precedente appartamento) e che poi era partito per l’Uganda, dicendomi “Ehi, alla fine ci sei andata davvero!”.

Sono arrivata mercoledì sera verso le nove e due miei nuovi “colleghi” sono venuti a prendermi, mi hanno portata a casa e mi hanno poi invitata a bere una birra. Sostanzialmente già la prima sera me ne stavo a chiacchierare con gente nuova, allietata da un djset che è passato da Grimes agli Yo La Tengo, sperimentavo le mie prime frasi in serbo (già dimenticate) e tornavo a casa cercando di capire le scritte delle strade in cirillico.

Ieri ho cominciato il mio lavoro al REX. Mi hanno raccontato un po’ la storia dell’edificio, inizialmente sede di non ho capito quale società ebraica, usato poi come location per un film e diventato poi centro culturale. Le attività sono divise in progetti propri del centro, coproduzioni e residenze di progetti esterni. In questo momento (abbastanza tranquillo: in Serbia in questo periodo sono tutti in vacanza) ci sono le prove di un gruppo di teatro metà tedesco e metà serbo e l’organizzazione di un festival di cinema indipendente chiamato Free Zone. Molte delle attività, specialmente quelle organizzate dal REX, sono legate all’ambito politico e sociale.

Dopo il lavoro la mia collega Milica mi ha portato a fare un giro in centro, a registrarmi alla polizia e a fare un nuovo numero di cellulare (per 200 dinari, circa due euro, ho avuto 5000 minuti di chiamate gratis e 5000 sms gratis, #ciao). Siamo passate per il Kalemegdan, che è un parco molto bello e grande con una fortezza da cui si vede tutta la città, e mi ha dato qualche informazione base sulla città, sul centro, su Nuova Belgrado, una parte di città al di là della Sava costruita intorno agli anni settanta, su Zemun, che è una specie di città che è stata collegata a Belgrado nel corso del tempo, e su varie altre cose.

È la prima volta che mi trovo a lavorare in ufficio che si occupa di teatro, cinema e musica e non di qualcosa di commerciale. Oggi ho messo in ordine tre scatole piene di flyer di mostre, concerti e progetti in giro per il mondo e pensavo a quanto fossero belle, le cose che fanno le persone in giro per il mondo.

Well, it seems that at last I have arrived in Belgrade. Two nights ago to be exact. In this moment I am writing from my pretty little room, the mosquitoes are biting me and at half past eight the sun has already set down.
I’m no longer used to this early darkness, especially in the summer. And this is the first of thousands of differences and new things.
Today also begins my first weekend in this new city after two days of very light work at the REX Cultural Center, where I’m doing my internship.
The REX belongs, together with other cool cultural centers such as WUK in Wien, Ufa Fabrik in Berlin and Melkweg in Amsterdam, to Trans Europe Halles network, which also includes Interzona. My master’s degree in Political Science in Berlin has to include an internship and I thought to do it somewhere else abroad, perhaps in a place that was related not only to what I study but also to what I do “in the free time” and that I would like to make a job. I wanted to come back to Belgrade for a lot of small, chained and probably inexplicable reasons. So here I am. I like this because I started to tell everybody about it in December, when hit was just a stupid idea. I was pleased when Robert, a man who occupied my couch in Kotti25 (my previous apartment) for some days around December and then left for Uganda, wrote me saying “Hey, eventually you really went there”

I arrived Wednesday evening at about nine and two of my new “colleagues” fetched me, they took me home and then invited me to drink a beer. Basically the very first evening I was chatting with new people, cheered by a dj who has gone from Grimes to Yo La Tengo, I was experimenting my first sentences in serbian (already forgotten) and I came home trying to understand the indication written in Cyrillic.

Yesterday I started my work at REX. They told me the history of the building, which initially belong Jewish society, was used as a location for a movie and then became a cultural center. The activities are divided in the center’s own projects, co-productions and residences. At the moment (pretty quiet: in Serbia in this period everyone is on holiday) there are rehearsal of a theater group, half from Germany and half from Serbia, and the organization of an independent movie festival called free zones. Many of the activities, especially those organized by REX, are linked to the political and social.

After work, my colleague Milica showed me the center of the city, we registered me at the police and she helped me making a new mobile number (for 200 dinars, about two euros, I had 5000 minutes of free calls and 5000 free sms, # hello). We went to the Kalemegdan, which is a beautiful park and with a big fortress from which you can see the whole city, and she gave me some basic information about the city, the center, New Belgrade, a part of the city beyond Sava which was built in the early seventies, Zemun, which is a kind of city that has been linked to Belgrade over time, and various other things.

This is the first time I have to work in a office that deals with theater, cinema and music and not anything commercial. Today I tidied up three boxes full of flyers of exhibitions, concerts and projects around the world and I thought how beautiful they are, the things that people make around the world.

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L’inquietudine della settimana scorsa
Scritto da verdeanita il gennaio 2nd, 2012 | 3 comments

L’inquietudine della settimana scorsa trova origine in quel venerdì al Klub der Republik, quando tutti volevano andare a casa, e io no, e non sapevo come dare una svolta alla serata ed entrò in gioco Claes ancora una volta. Verso le due o tre del mattino mi ritrovai con gente completamente diversa dalle parti di Weser Straße, quella via di Neukölln piena di bar dove di solito vado ad ubriacarmi con la Bongio. I personaggi che erano con me, dopo aver bevuto un paio di birre, decisero di cambiare posto. Non camminammo molto ed entrammo in un locale silenzioso, con uno strano tizio sulla porta che sembrava un buttafuori. Ma il buttafuori di cosa, mi chiedevo, che qui non c’è nessuno? Il locale, in effetti, sembrava proprio chiuso. Un bar con il bancone vuoto, le luci spente e le sedie già riposte una sopra le altre, come se avessero già pulito i pavimenti e la serata fosse finita. Ma dall’altro lato della stanza, da una specie di botola sul pavimento, uscivano luci e qualche rumore. Scendemmo una piccola scaletta a chiocciola e ci ritrovammo in una immensa cantina, piena di gente. C’era musica anni ’20, che mi pare vada tanto di moda a Berlino ultimamente.
Adorai la pseudoclandestinità di quel luogo. Qualcuno mi spiegò che il bar aveva questa duplice vita e che quando i vicini cominiciavano a lamentarsi la festa si spostava in cantina. Adorai l’appropriarsi di un posto solitamente vuoto, triste e buio come una cantina per farlo scoppiare di vitalità, cercando di sfuggire alle regole noiose della gente che vuole dormire.
Dopo un altro paio di locali mi risvegliai dalle parti di Treptow.
Io adoro Treptow, come sanno le persone che ascoltano i miei discorsi ripetitivi. Lo adoro perché non c’è niente. Perché è il prossimo posto da riempire. E forse si sta già riempiendo.
La serata non era stata solo bella, divertente, inaspettata. Era stata soprattutto piena d’ispirazione. Quella festa così bella in quella cantina nella quale avrei potuto imbattermi solo per caso aveva messo in moto una serie di pensieri veloci e concatenati. Alcuni erano nuovi, altri erano semplicemente sopiti da tempo.

Nei giorni che ho passato a Verona ho cercato di dedicare un paio di ore al giorno a Interzona, all’allestimento di Capodanno. Abbiamo sistemato la sala grande ed è bello vedere che anno dopo anno prende una forma nuova e “nostra”. Adoro quando arrivo a Interzona e la giornata non è ancora finita, c’è ancora luce e posso affacciarmi sui Magazzini Generali o addirittura passeggiare tra i vecchi edifici abbandonati da vent’anni. Lo sento come un vero privilegio.
Dopo quella sera a  Neukölln ho cercato di immaginarmi come sarebbero potuti diventare i Magazzini se avessero avuto la fortuna di essersi trovati in un altro periodo storico o in una città popolata da abitanti diversi. Ho cercato di immaginarmi diversi corsi della storia o anche eventuali sviluppi futuri, ora che c’è la crisi e magari qualche cambiamento potrebbe avvenire. Nella mia testa ho creato storie magnifiche e distopiche.
Che potrebbe accadere, o cosa sarebbe potuto accadere, se quell’energia creatrice che nasce dal vuoto, che nasce dal cercare uno spazio per sè ad ogni costo, e che sento a Berlino, sento a Interzona, ho sentito a Tallin, si trovasse in misura maggiore anche nella mia città vecchia?
E mi è tornato in mente il momento in cui io ho sentito per la prima volta quella sensazione che ho poi ritrovato a Berlino. Era il 2005 ed era la prima volta che mettevo il naso fuori dall’Italia senza i miei genitori. Ero stata due settimane a Dublino e poi ero partita per un viaggio che sognavo e immaginavo già da tempo ed ero andata in Serbia. A Belgrado ci passai un giorno solo, anche se dalla mattina presto alla sera inoltrata (ricordo anche il viaggio notturno in pullman, con un autista che guidava in modo spericolato e durante il quale credetti più volte di essere prossima alla morte). La città era brutta e viva, come è brutta e viva Berlino. I muri distrutti erano pieni di poster di concerti e su una collinetta che si affacciava sui fiumi comprai delle spillette da un tizio con cui parlai un misto di italiano, inglese e quelle quattro parole di serbo che ancora ricordo. Le spillette – le conservo ancora – erano dei Clash e dei Pogues. A Verona era ovviamente impossibile procurarsele e io le avevo trovate in quello che nella mia testa era un posto sperduto, povero e inutile.

Mentre cercavo di proseguire i miei post per Soft Revolution, che parlano di un argomento un po’ complicato, e mentre mi documentavo su Internet ho scoperto che, oltre all’Icon, anche il Klub der Republik sta per chiudere. Ho fatto in tempo ad andarci una volta sola. Perché i posti vuoti prima sono tristi, poi si riempiono e diventano belli e poi, una volta riempiti, si svuotano di nuovo e diventano sostanzialmente noiosi. Come Prenzlauerberg a Berlino.
L’inquietudine della settimana scorsa era quindi in tensione tra un posto dove l’energia creatrice che nasce dal vuoto non è mai cominciata (Verona) e un posto dove questa energia sta cambiando rotta (Berlino).

Sono tornata a Berlino in treno. Quando prendo l’aereo ho come l’impressione di viaggiare tra due mondi paralleli e molto distanti. Il viaggio con il treno è stato invece molto più fisico e mi ha fatto pensare al fatto che sì, Berlino e Verona sono distanti e diverse, ma sono sulla stessa terra e per raggiungerle basta spostarsi. Sono tornata a Berlino alle sette di mattina, proprio quando la giornata stava per cominciare e ho pensato che anche mentre ero a Verona le giornate a Berlino continuavano a cominciare e che in un altra città sulla stessa terra, come Belgrado, le giornate cominciano senza di me dal 2005 e che sarei molto curiosa di vedere cosa sta accadendo là, perché secondo me è tutto molto bello e in movimento, in senso positivo.

E quindi il mio proposito per l’anno nuovo è tornare a Belgrado.

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