I sette messaggeri
Scritto da verdeanita il settembre 3rd, 2007 | 3 comments
“Procedemmo ancora. Invano cercavo di persuadermi che le nuvole trascorrenti sopra di me fossero uguali a quelle della mia fanciullezza, che il cielo della città lontana non fosse diverso dalla cupola azzurra che mi sovrastava, che l’aria fosse la stessa, uguale il soffio del vento, identiche le voci degli uccelli. Le nuvole, il cielo, l’aria, i venti, gli uccelli, mi apparivano in verità cose nuove e diverse; e io mi sentivo straniero.”
Dino Buzzati, “I Sette Messaggeri”

Ogni anno la Festa in Rosso è perfettamente inutile. Ogni anno la festa in rosso è per tutti la catarsi degli anni che passano. Ogni anno è sempre la stessa storia. Eppure è la stessa storia che va avanti.
E ogni anno non c’è niente di diverso. Gli stessi banchetti. Gli stessi concerti. Gli stessi dibattiti. E l’unica cosa rilevante che ho visto cambiare è stato il prezzo della birra.
Noi che ci andiamo siamo sempre gli stessi. E ogni anno siamo sempre lì, tutte le sere. E ogni anno ci cerchiamo. E ogni anno non ci vediamo da una vita. E ci salutiamo. E ci parliamo guardando indietro per salutare gli altri che cerchiamo. Ogni anno. E siamo ingrassati, o abbiamo cambiato moroso, o abbiamo tinto i capelli o ci siamo tagliati tutti i nostri lunghissimi rasta per fare il cammino di Santiago.
Io ci vado da sola alla Festa in Rosso, perchè ho imparato che tanto alla fine non sarai mai con la persona con cui sei arrivato, perchè durante la serata hai salutato tante di quelle persone, e hai girato tanti di quei tavoli… E ogni anno mi fa impressione vedere che le persone con cui sto sono diverse, e le persone con cui stavo l’anno prima sono sempre più lontane.
E ora ho una casa a Bologna, con due stanze e con un letto vuoto. E io ci porterò il mio giradischi e i mei dischi in quella stanza. E pensavo di condividerla con la mia Compagna di Giochi, che è da due anni che è sempre più distante.
E a volte ha un modo di parlare un po’ fastidioso e distaccato, ma io non smetto di volerle bene. E la gente, quando lei se ne va, mi guarda perplessa e mi dice “Ma è tua amica quella?”. Oh sì, dico io. Lo so che può sembrare strano, ma quella è la mia Compagna di Giochi, e se adesso io sono qui e ti parlo dei Creedence o di Jimi Hendrix, io lo devo a lei (sì, lo devo anche ad Eric S.: lui è stato la spinta, ma la mia Compagna di Giochi è stata la direzione). Lo so che può sembrare strano, perchè lei sembra un po’ diversa da me. E non se la sta tirando, è solo che è cambiata. Ma io non smetto di volerle bene.
E a lei devo tante cose: la mia casa in campagna che ogni tanto diventa Woodstock e la mia malinconia e i miei Moleskine.
E poi vado avanti a camminare per i tavoli della Festa in Rosso. E ogni anno c’è il cartello idiota sul frigo con scritto “Bambini Freschi”. E te non salutarmi cazzo, che mi imbarazzi, che quattro anni fa mi piacevi. E te invece puoi salutarmi. E lo devi sapere che la prima volta che ho preso in mano un pezzo di carta e ho scritto è stato per spedirti una lettera (la lettera). E sappiatelo entrambi, voi due, che quel Giugno io me lo ricorderò per tutta la vita.
E torno a casa e la mia maglia ha quell’odore buonissimo di pulito misto a fumo.
Una volta, quando si poteva fumare nei locali, tutti i sabati sera i miei vestiti avevano quell’odore. E a me piacerà sempre.
Due anni fa c’era un Francesco che era venuto a trovarmi da Napoli. E domani invece c’è un Francesco che parte per Napoli e che tornerà tra tre mesi, perchè i treni costano tanto e fanno schifo. E giù ha una donna che lo aspetta. E poi tornerà a Napoli e chissà quando tornerà a Verona.
Mi ha fatto impressione vederlo girare per i banchetti e i tavoli, per salutare tutti. E mi dice che è stato in giro, a salutare un po’ tutto. Il vecchio Liceo Bicentenario e piazza Dante e tutto il resto.
Ci andavamo insieme, in Piazza Dante, tanti anni fa. A Napoli c’è un’altra Piazza Dante (e la zona lì intorno è la mia preferita) ma Dante è messo in una posizione diversa e non è vicina al Maffei e non c’è la Libreria col Commesso dai Capelli Rossi a pochi passi.
E lui mi dice che è un po’ triste e un po’ felice allo stesso tempo.
E io sono tanto, tanto triste.
Vado a sentirmi il concerto. Chiudo gli occhi.
E vorrei essere nell’Aula Magna, dove il cuore mi si è spaccato per la prima volta. Una volta ci ho portato anche il mio Francesco.

Quest’anno, per la prima volta, sono andata alla Festa in Rosso tutte, ma proprio tutte le sere.
A volte sono rimasta poco, a volte tutta la sera.
Ho staccato il poster, che è orribile ma amabile. Lo porterò a Bologna, come molti altri oggetti insensati.

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