Post a punti #1
Scritto da verdeanita il maggio 21st, 2008 | 5 comments

[tutti noi abbiamo in mente post a punti]
Ma sì, facciamolo questo post a punti. Che è inutile che te la tiri dicendo che il tuo blog è più serio e che non scrivi cazzate. Avere un blog serio comporta certi problemi. Tipo la tua compagna delle medie che lo legge e scopre tutto della tua vita, o anche che il tuo amico Alex non lo sapeva. Cose così. (problemi enormi, eh)
1. Sono le dieci e sto ascoltando i Settlefish, volendogli molto bene e pensando a svariate serie esilaranti.
2. Alle sette e un quarto mi aspetta il solito regionale per tornare a Bologna, pronta (?) per l’esame di Macroeconomia. Poi mi aspetta una settimana molto intensa (faticosissima, eh). Tipo concerto al Locomotiv giovedì, poi aperitivo organizzato da NoName in via del Pratello e concerto degli Envelopes venerdì, festa di fine anno a Ferrara sabato, poi concerto dei Vampire Weekend martedì e un bel mercoledì.
3. Conoscete la storia del dilemma dell’asino? C’è un asino che ha fame e ha davanti, alla stessa distanza, due montagne di fieno. Sono proprio alla stessa distanza e non sa decidere da quale montagna mangiare. Così muore di fame. Questo per dire che mercoledì sera al Locomotiv c’è il concerto di Why? e la stessa sera a Interzona ci sono i Black Mountain. Che fare?
4. Gli Acido Pastello sono vivi. Sì. Hanno ben trentasette ascoltatori, quasi tutti americani. C’è una nuova Fender Jaguar, una batteria dispersa per l’Italia, nuove idee e rinnovato amore.
5. La mia batteria è divisa in due parti: cassa e tom sono alla Lou Fai, il resto riposa tre piani sotto terra a Bologna, in un garage.
Ben presto tornerò lì, per suonicchiare.
E’ molto divertente sapere che nei giorni in cui io me ne stavo a Verona, là sotto, in quel garage, provava un gruppo denominato "Il Genio".
Io ne ho solo sentito parlare in lungo e in largo e ho rigirato tra le mani il loro disco alla Fnac. Tutto ciò ha un che di metafisico. Siamo stati coinquilini e non ci siamo mai visti.
6. Ma poi perchè ti ho ringraziato, quella volta? Non era mica merito tuo. Vabbè, in parte sì.
7. Sto cercando un lavoretto. Credo anche di averlo trovato. Ecco perchè ho in programma tanti bei concerti con il cuore leggero.
8. Ecco perchè mi prometto di andare al Disco d’Oro a fare la spesa.
9. Dovevi saperlo della mia sbronza. Sì. Ed era la seconda che mi prendevo a Bologna. Anche se la prima non era neanche lontanamente paragonabile alla seconda. Te l’ho detto perchè le altre volte mi è successo eravamo o a casa dei nostri ex-amici, quelli brutti che non sentiamo più e che te rinneghi, o alla Lou Fai. E te eri nei paraggi. A Bologna invece no. Insomma, le mie sbronze a Bologna mi causano smarrimento. E poi il giorno dopo vado sempre a lezione di batteria. Non ti dico come suono bene.
10. Io presto andrò in America. New York! Hoboken! il Maxwell’s!

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Le Luci della Centrale Elettica + Supergonzo @ Emporio Malkovich
Scritto da verdeanita il marzo 3rd, 2008 | 4 comments
Il primo marzo metto per la prima volta piede all’Emporio Malkovich che scopro essere il posto più trascendentale e meraviglioso dell’universo subito dopo la casetta Lou Fai.
Sembra, ed in effetti è, ricavato dalla taverna dei regaz/butei.
La tessera associativa ha le sembianze di una Polaroid.
La infilo contenta tra la tessera Arci e quella di Interzona e comincio a perlustrare il locale, accompagnata dall’Amico Matte e dalla sua coinquilina Bea, entrambi ancora poco convinti, nonostante le mie rassicurazioni che Le Luci della Centrale Elettrica siano in realtà una sola persona.
La serata si apre con l’esibizione incerta di un gruppo denominato Supergonzo (e solo il nome basta a terrorizzarmi).
Ancora sospetto che i componenti di codesto gruppo siano cugini del fratello del gestore, perché solo questo potrebbe spiegarmi la loro presenza sul palco. Per tutto il tempo in cui mi rimangono davanti nella mia testa campeggia una sola parola: perché?
Perché suonano con un passamontagna nero in testa? Perché hanno deciso di suonare tutto questo? Perché sono tornati sul palco se erano usciti tutti e tre? Perché non ho comprato una batteria gialla?
Dopo mezz’ora di completa perplessità, Vasco compare sul palco.
E comincia. E mi piace ancora come ad agosto.
Mi piace quando usa il delay sulla voce e così sembra che sul palco siano in tanti e dice "Noi siamo Le Luci della Centrale Elettrica". Mi piace quando per annunciare le canzoni dice "Questa canzone parla più o meno delle stesse cose delle altre". Mi piace quando urla, da solo, in mezzo a tutta la gente che lo ascolta in silenzio. E mi piace quando parla della Coop e della precarietà, di macchine, fumo e fanali. E quando parla di ospedali maggiori e piazze verdi e di una qualunque tangenziale. E senti la provincia che si dimena dentro quelle parole e pensi che vorresti scriverlo sui muri "trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città".
Mi chiedo se l’abbia fatto per tenersi calmo il cervello da tanta rabbia, di lasciare Ferrara per andare a Milano.
Perché quando sto a Bologna il mio cervello è molto più attivo ma anche molto più rilassato di quando sto a Verona.
Percepisco la mia nascente bolognesità snob durante il dopo-concerto, mentre nell’aria scorre una playlist che avrebbe esaltato la me stessa degli anni più ottimisti.
La me stessa di adesso, quella snob e un po’ stronza, che passa dalle spillette alle magliette dei Jethro Tull con aria di superiorità si chiede semplicemente: con quale criterio sono poste queste canzoni? Cosa lega i Beatles, Rock’n’Roll dei Led Zeppelin, una delle tante canzoni tutte uguali di "Rooms on Fire" degli Strookes, la summa del socialismo tascabile che è "Robespierre" degli Offlaga Disco Pax e una canzone dei Franz Ferdinand?
Nella mia testa penso che ci avrei messo "Oxford Comma" dei Vampire Weekend o una dei Los Campesinos! o anche quella ballabile sui Joy Division dei Wombats.
E in questa che dovrebbe essere una ventata di freschezza mi sento appassita. E stronza.
Comincio ad osservare i manifesti appesi e torno perplessa. Perché gli Offlaga Disco Pax, dentro quel meraviglioso posticino, ci potevano anche stare. Ma quando comincio a leggere Low o Jens Lekman la cosa comincia a puzzarmi di cialtroneria. Bello, per carità, ma possibile?
Il dubbio mi rode così tanto che appena tornata a casa, controllo.
E mi accordo che in fondo, tutto ciò è possibile. Jens Lekman ha veramente suonato all’Emporio, il 22 aprile 2005, mentre io ero a Istanbul, per la cronaca.
Sono proprio una stronza a disprezzare così la mia piccola Verona. Sono io che non la conosco tanto bene.
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She fell in love with the drummer
Scritto da verdeanita il novembre 28th, 2007 | 2 comments
Entrare nello stanzino delle batteria e trovarvi una Gretsch non è cosa da poco, anche se lo stanzino non è la casetta di legno nota ai più come Lou Fai ma il garage in via Polese dove ogni settimana passo un’oretta della mio tempo in modo particolarmente appagante.
Suonare la batteria può cambiare la tua vita: devo colpire la cassa come se fosse un vitello morto e quando do l’accento sul rullante devo darlo con più ignoranza e durante le lezioni, di Macroeconomia o Scienze dell’Amministrazione I, devo tenere la penna come se fosse una bacchetta, devo fare con la mano destra le cose che generalmente faccio con la sinistra e devo battere per terra il piede destro perchè non ho forza sul charleston e quindi devo allenare quel muscolo che ho ignorato per tutta la vita.
I piatti della batteria che uso a Bologna sono bellissimi.
La batteria della Lou Fai ha dei piatti Pearl, marca che notoriamente non produce piatti. E questo dovrebbe bastare per rendere l’idea.
Per questo motivo non mi scandalizzo se i batteristi che condividono con me la sala prove non si portano i loro. Io non sono particolarmente gelosa dei miei piatti.
E quando giro la batteria, rendendola mancina, il mio crash/ride in crisi di identità si incastra tra la parete e il freezer obeso ed è scomodissimo da suonare.
Questo fine settimana non tornerò alla Lou Fai, e quindi farò esercizi su quel coso di gomma che fa rimbalzare le bacchette.
Ci sono un paio di concerti interessanti questo fine settimana. Uno, in paricolare lo attendo da parecchio.
Non c’entra in realtà, ma esattamente un anno e un giorno fa ero a Milano con il Giovane Sonico Miguel.
E un concerto come quello di quella sera difficilmente mi ricapiterà.
Ma ieri, invece di commemorarlo con Miguel, passando la notte alla Lou Fai a mangiare pizza fredda e a comporre la nostra "I Heard You Looking", mi sono ritrovata a parlare dei Sonic Youth con un mio compagno di facoltà.
Mi parlava di quello che stava accadendo in piazza Castello durante ‘Cross The Breeze perchè io, sinceramente, durante ‘Cross The Breeze non ero in grado di capire cose stesse accadendo sul palco.
Questo fine settimana non tornerò a Verona, perchè effettivamente è uno sbatti tornare ogni volta, anche se sono solo due ore.
E poi ormai a Bologna ci sto bene.
E non devo vergognarmi a dire che l’anno scorso non stavo bene, perchè era così per molti, anzi, era così per tutti.
E tutto questo era normale, perchè eravamo tanti, e prima non ci eravamo neanche mai visti, ed è tutto normale: litigare, provarci, provare antipatie e simpatie. I nostri sono tutti rapporti umani che partivano dallo zero assoluto.
E qualcuno dice che le fa piacere quando mi incazzo e dico "Porca Merda" invece di tirare qualche bestemmia.
Non so come farò nel secondo semestre, senza il corso di Inglese.
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