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La prima volta che ho visto Dan Deacon ero alla Route du Rock, dove fa freddo anche ad agosto. Suonava su un palco piccolino praticamente in mezzo alla folla. Io ero riuscita ad avvicinarmi al palco e avevo tentato di fare un video per Michele perché lui non c’era e nel video poi non si vedeva niente e si sentiva ancora peggio. Dopo le prime due canzoni, e aver rischiato di morire schiacciata un paio di volte, mi ero seduta sopra una cassa, pensando di essere al sicuro e invece poco dopo mi era stata lanciata addosso una persona. Però, nonostante la pericolosità della cosa, mi ero divertita tantissimo.
Qualche mese fa i miei vicini di ufficio Puschen avevano annunciato un concerto di Dan Deacon allo Schwuz e non era stato solo Dan Deacon a farmi urlare di gioia, ma anche il fatto che si svolgesse proprio allo Schwuz che è uno storico locale gay a Berlino dove ogni tanto fanno concerti bellissimi, che è grande e labirintico, che sprizza gioia da tutti i pori e che ha una mirrorball gigantesca.
Volevo andarci, ma in quel momento non ero neanche sicura se sarei stata a Berlino quel giorno. Invece poi sono tornata a Berlino, ho cominciato a lavorare nel mio vecchio ufficio bellissimo, e alla fine quella sera lavoravo pure in cassa e avevo fatto quattro pizze per il catering (due margherite, una ai funghi, una alle olive) ed ero molto felice anche perché avevo potuto lasciare tutti i miei averi in camerino e non avevo borsette, giacche o cose di cui preoccuparmi. Però non suonava in mezzo al pubblico e la cosa mi dispiaceva.
L’ingresso era lontano dalla sala del concerto e da lì non si sentiva nulla. Non mi ero neanche accorta che il gruppo spalla aveva cominciato a suonare (e aveva anche finito). Fortunatamente però sono riuscita a perdermi solo i primissimi secondo del concerto, anche se sicuramente mi sono persa qualcosa di importante, perché tutti stavano per mettere una mano sulla testa del compagno per fare una qualche specie di rito che avrebbe poi avuto qualche effetto che solo noi avremmo notato. Poi ci ha invitato a puntare il dito contro la gigantesca mirrorball e ha detto qualcosa sull’ansia e sul fatto che dovevamo distruggerla proprio come stava accadendo alla luce che si frantumava sugli specchi in mille puntini bellissimi. E poi ci ha fatto ballare in modo cretino (e liberatorio). Era un misto tra un concerto e una lezione di yoga, però con una musica più bella. E il fatto che non suonasse in mezzo al pubblico non mi è mancato più di tanto.
Alla fine del concerto sono andata a chiedergli se la pizza gli era piaciuta e se poteva farmi un autografo sul poster per il mio amico Michele che anche quella sera non c’era (io quando vado ai concerti che vorrei vedere con determinati amici mi faccio firmare il poster per loro e non so se sia un comportamento carino o da stronzi) e l’ho sentito dire qualcosa alla persona che gli stava parlando prima di me, sul fatto che non era più stanco, che era stanco prima del concerto ma solo perché era stressato e che poi quando è sul palco lo stress e la stanchezza spariscono.
Due giorni dopo ho letto questa adorabile intervista in cui parla, appunto, di stress e ansia e dell’importanza di imparare a rilassarsi, che smettere di controllare la posta per controllare Instagram non è esattamente il modo per farlo e che bisogna imparare ad annoiarsi e altre cose che devo imparare e che si adattano molto bene a quello che sto cercando di fare ora, che è il contrario di quello che facevo l’anno scorso, quando non avevo tempo di annoiarmi e non è che fosse una cosa bellissima.
E poi l’altro ieri è uscito questo bellissimo video e le cose che ha fatto fare alla gente in quell’ufficio sono più o meno quelle che ci ha fatto fare allo Schwuz, a parte distruggere le nostre ansie sulla mirrorball perché NPR sarà anche un bellissimo posto ma la mirrorball non ce l’hanno.
“Ohrwurm” è una di quelle parole tedesche bellissime che non esistono in italiano. “Ohr” vuol dire orecchio e “Wurm” è verme. Verme dell’orecchio? In pratica gli Ohrwurm sono quelle canzoni che ti si infilano in testa e che non riesci a smettere di canticchiare o ascoltare. Ecco le cinque canzoni che sono risuonate di più nel mio cervello o nella mia stanza (e fortunatamente anche ai concerti e ai djset) in questo 2014.
Attenzione! Questo post contiene degli spiegoni che potrebbero risultare inutili. Ho deciso di coniare quindi il termine “anitasplaining” per quando vi disco cose che probabilmente già sapete se mi conoscete, tipo che mi piacciono i Notwist o gli Yo La Tengo e chi sono eccetera.
1. Hospitality, “Last Words”
Ero alla Kantine del Berghain prima del concerto di Chad VanGaalen, perché gli avevo appena portato la pizza che avevo amorevolmente preparato per lui. Il concerto si stava approcciando e io girovagavo per il locale che piano piano si stava riempiendo. Ad un certo punto è partita questa canzone bellissima e io sono corsa dal mio capo Andreas a chiedergli cosa fosse e lui ha detto entusiasta: “Vero che è bellissima? È la canzone più bella dell’anno!” e lo è davvero.
Il giorno dopo l’ho ascoltata tutto il giorno e quando il mio amico Torsten mi ha chiesto se avevo qualche richiesta per quel sabato in cui metteva i dischi all’Antje Öklesund io ho detto “Sì, questa!” e così è diventata anche l’ultima canzone che ho ballato a Berlino.
2. The Notwist, “Kong”
La prima volta che ho visto i Notwist ero a Ferrara da sola e ancora non sapevo se sarei tornata a dormire a Verona o a Bologna (e soprattutto come) e non sapevo neanche nulla di loro, a parte il loro ultimo singolo, che a quel tempo era “Good Lies”. Conoscevo una sola canzone ma mi innamorai follemente di loro, durante il concerto. La canzone che mi piacque di più si chiamava “Puzzle” ed era un’esplosione di chitarre e luci e si trovava su “12” (Zwölf!!), uno dei loro primi dischi di quando erano cattivissimi.
Quando il mio capo Andreas mi portò a rivederli (di nuovo grazie, capo Andreas!), a esattamente cinque anni da quel primo concerto, i Notwist suonarono un sacco di canzoni nuove bellissime, tra cui una molto simile (ma anche molto diversa) da quella che mi era tanto piaciuta.
“Kong”, e poi tutto il loro ultimo disco, è per me un perfetto riassunto di tutto quello che hanno sempre fatto, dalle chitarre cattive, alle ballate lente, all’elettronica sofisticata. Ed è stupenda e tutte le volte che la sento potrei mettermi a piangere.
(Ah, è anche la prima canzone che ho richiesto al mio amico Torsten la prima volta che metteva i dischi all’Antje per quella che è diventata la festa danzante più figa di Berlino)
3. Joasihno & JEL, “Hypnotize us”
Come sapete mi piacciono i Notwist (e se non lo sapevate ma avete letto il paragrafo sopra, ora lo sapete). I Notwist hanno influenzato tanti altri gruppi e alcuni loro membri suonano in altri progetti che poi hanno altri progetti eccetera eccetera. Uno dei progetti dei Notwist si chiama 13&God ed è formato da loro e dai membri dei Themselves, che sono un gruppo Anticon (etichetta americana di hip-hop) e che quindi potrebbe non c’entrare un tubo con un gruppo tedesco. E invece!
La cosa che mi piace è che da questa collaborazione ne sono nate altre diecimila e una è questa.
Joasihno è il progetto di un membro degli Aloa Input (Morr Music: grazie Thomas!) e JEL è uno dei fondatori della Anticon.
Un giorno i miei amici Andre e Amande hanno organizzato in quattro e quattrotto un concerto di JEL all’Antje Öklesund e io ho pensato “FIGATA!”.
Alla fine del concerto JEL ha suonato questa canzone e io ho pensato “Ma è Joasihno!” e invece no! Era un collage ipnotizzante di un paio di canzoni bellissime e diversissime ed è stata un’altra canzone che ho ascoltato tantissimo!
Come potete vedere questo 7″ si intona perfettamente con il mio triceratopo. L’ho comprato sul negozio della Morr Music e già che c’ero l’ho svaligiato comprando cose che volevo comprare da una vita. Ci sono ancora sconti! E il Sig. Morr non mi ha pagata per dirvi ciò! (Però nel pacco ho trovato una cosa bellissima che non doveva esserci. #cuori)
Ah, il disco sotto è un vinile dei Jethro Tull, perché io adoro i Jethro Tull.
4. Skiing, “Holly”
La mia amica Amande è indubbiamente una delle persone più cool che conosco. L’ho conosciuta un paio di anni fa e poi è sparita per andare in tour. Ho fatto un tirocinio di 3 mesi nell’ufficio di fianco al suo e lei non si è mai vista perché era sempre in tour. È tornata, le ho chiesto come andava e lei ha detto: “Sto per fondare un’etichetta!”
L’etichetta si chiama Späti Palace. Lo Späti è quel negozio sotto casa che è aperto fino a tardi e dove puoi comprare birra ad ogni ora. L’etichetta è una celebrazione di band locali (ovvero di Berlino), formate da gente che viene dal resto del mondo.
Il primo split conteneva questa bellissima canzone, che ho consumato nei giorni in cui avevo voglia di vedere gli Skiing dal vivo, di nuovo (hanno suonato sia al Down by the River che al Torstraßen Festival, regalandomi in entrambi i casi i concerti più belli della giornata) e ancora non ho capito perché non me lo sono comprata. Comunque appena torno a Berlino chiamo Amande, andiamo a berci una birra e me lo faccio portare.
5. Schnipo Schranke, “Pisse”
Il Down by the River è uno dei giorni più belli dell’anno. Il festival è organizzato da Four Track on Stage ed è difficile dire di che genere di musica si tratti. Ma basandosi sulla tradizione anti-folk da cui nasce si può dire che è un festival per quel genere di musica che non trova facilmente etichette, che è strana, che non troverebbe posto ad un altro festival, che è fatta col cuore.
La band più attesa era questo duo di ragazze tedesche e il fatto di poter capire i loro testi è uno dei motivi per cui vale la pena studiare il tedesco.
Schnipo Schranke – Pisse (OFFIZIELLES MUSIKVIDEO) from Daniela Reis on Vimeo.