24.10 Katie Von Schleicher + Big Thief @ Molotow (Hamburg, DE)
02.07 Arcade Fire @ Wuhlheide (Berlin, DE)
17.09 Chastity Belt @ Lido (Berlin, DE)
14.04 Repetitor + IHNMAIMS @ Kantine am Berghain (Berlin, DE)
Questa foto è stata scattata a Belgrado questo autunno dalla sempre mitica Ana Blagojevic e mi ritrae nell’atto di attraversare la strada verso la Stazione di Belgrado che è più piccola di quella di Verona Porta Nuova Vescovo.
Capodanno dell’anno scorso me lo ricordo molto più freddo. Sono quasi sicura di sbagliarmi ma mi piace pensare ai Magazzini Generali e alla Stazione Frigorifera coperti da un sottile strato di neve.
Quest’anno, alla fine di dicembre, ci siamo potuti concedere addirittura un pranzo all’aperto, con uno sguardo su quella che considero una delle aree più affascinanti del mondo.
Mi sono concessa una passeggiata molto breve, sono arrivata in prossimità della Stazione Frigorifera e ho guardato dentro. Ho visto la sua stanza più bella, quella che una volta era completamente ricoperta di alluminio, l’ho vista cambiata e sono tornata indietro, sentendomi fortunata di averla vista com’era, anche se solo una volta.
La notte tra il 30 e il 31 dicembre, che è l’ultima notte dell’anno perché in quella tra il 31 e l’1 di solito non si dorme mai, ho fatto un sogno in due parti.
Nella prima ero a Belgrado, ero al Bigz e c’era molto movimento e io entravo in qualche stanza e c’era qualche concerto e conoscevo un ragazzo con gli occhi scuri ed era tutto molto romantico e tenero e perfetto.
Nella seconda parte ero a Ferrara. Passeggiavo in via Ragno e davo un’occhiata dentro a Zuni, che era diverso ma io sapevo che era Zuni, perché i sogni a volte sono fatti così. Ero a Ferrara senza un motivo, ma questo accadeva normalmente anche nella realtà. Non sapevo se entrare o meno e poi mi accorgevo che sul programma c’era il nome del tuo gruppo. Era una tappa del tour italiano che io credevo di aver imparato a memoria ma evidentemente mi ero sbagliata. D’altra parte i sogni sono fatti così.
Così entravo e mi sedevo al bancone e prendevo uno spritz o un bicchiere di vino rosso buono, come quello che avevo bevuto una volta con Merih sui gradini fuori dal locale perché lei non aveva la tessera e non poteva entrare. Ero seduta al bancone e il telefono squillava e non so come facevo a capire che c’eri te dall’altra parte. Ma è così che sono fatti i sogni. Tu chiedevi informazioni sui piatti da portarti e questa è un’altra cosa stupida e inesatta, perché tu suoni il basso e non la batteria. Mi pareva tutto molto surreale, il che era normale, visto che si trattava di un sogno. Chiedevo al barista di passarmi la chiamata: “Lo conosco, ti giuro che lo conosco, voglio solo salutarlo!” e poi il sogno finiva.
Ho smesso di pensarci davvero quando ti ho scritto l’ultima mail. Adesso ci penso poco, ma un po’ mi ferisce lo stesso, il fatto che in questo momento siamo decisamente più vicini del solito e comunque non ci vedremo. Ma probabilmente è il mio concetto di vicino e lontano ad essere tutto sfasato.
Poco più di un anno fa tornavo a Berlino in treno e mi rendevo conto in modo tangibile che tutte le città che volevo visitare si trovavano sulla stessa terra e che per andarci basta muoversi, spostarsi. Poco più di un anno fa, una certa inquietudine che avevo respirato passeggiando per i quartieri di Berlino Est e le cantine di Weser Straße e i capannoni dei Magazzini Generali di Verona mi fatto decidere di partire per un altro posto ancora. Il mio unico proposito per l’anno appena finito era quello di tornare a Belgrado, e l’ho realizzato già ad agosto.
Una volta ho passato sette minuti e due secondi seduta su una poltrona nella Biblioteca Sala Borsa di Bologna ad ascoltare una canzone degli Yo La Tengo.
Era un disco che non avevo mai toccato. Lo comprai anni dopo a New York.
Era una canzone ripetitiva e semplice. Sento che se volessi potrei imparare quelle semplici noti e suonarle su una chitarra ma non ho intenzione di farlo. So che se imparassi il segreto dietro quella melodia, essa perderebbe il suo fascino.
Allo stesso modo continuo a ripensare alla nostra, alle nostre brevi storie. Se ne capissi veramente il senso, se le accettassi per quello che sono, esse perderebbero magia. Ora sono invece incerte, intoccabili e misteriose e per questo speciali.
Ieri ho sognato che in qualche modo poi eravamo nello stesso posto e tu mi dicevi: “Non credi di lamentarti un po’ troppo?”
Io, presa alla sprovvista dal rimprovero mi voltavo verso di te con una faccia probabilmente orribile. E i tuoi occhi scuri mi stavano guardando con uno sguardo buffissimo e tu mi ripetevi: “Andrà tutto bene, se la smetti di lamentarti.”
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Il buoni propositi per l’anno nuovo sono: avere più cura del mio corpo perché se la schiena continua a farmi così male non potrò più prendere i treni notturni né andare ai Festival e quest’anno all’Immergut ci sono i Notwist, quindi immaginatevi.
Inoltre voglio fare una marea di foto con la mia nuova Canon, il che probabilmente potrebbe tradursi in tanti post cretini. E sarebbe anche bello scrivere di più. Non si scrive mai abbastanza.
E quindi con un po’ di ritardo: Buon anno nuovo! Frohes Neues Jahr! Srećna nova godina !
Altresì detto: cose che non avevo mai fatto con persone che non avevo mai visto.
Il treno delle 18.04 arriva solo mezz’ora prima del treno 19.18. Cioè ci mette più di due ore, mentre l’altro ce ne mette solo una e mezza. Ma alla fine non me ne frega poi tanto. C’è buio e per una volta non mi metto a guardare le fermate tipo Lerino o Grisignano di Zocco che mi scorrono a fianco. Ho solo uno zainetto da 25 litri e i vestiti che porto addosso. Dentro lo zainetto ci sono tre macchine fotografiche e una autorizzazione alla laurea pronta ad essere firmata. L’arrivo in laguna è previsto per le 20.19 e per fortuna il treno è puntuale. Il mio fratellino è venuto a prendermi tentando miseramente di nascondersi sotto ad una parrucca da Mel B. Fail. Per andare a casa sua dobbiamo passare per il posto più orribile di Venezia ossia Piazzale Roma, ove Venezia non sembra Venezia e ci sono solo autobus.
A casa di Paolo le sue coinquiline sono impegnate in una violentissima partita con il Nintendo Wii e stanno ascoltando i Crystal Castles a palla. Già le amo.
Giusto il tempo che mio fratello mi prepari un piatto pieno di wurstel e carote tagliate a rondelle, un piatto tipicamente universitario, con “i-primi-ingredienti-che-ho-trovato-nel-frigo”, e usciamo.
Tra l’altro, le carote veneziane riescono ad ammuffire. In tutta la mia vita non ho mai visto una carota ammuffita, anzi, io le mie le compravo in dosi abbondanti una volta al mese perché poi duravano una vita, e parlo io che sono riuscita a far ammuffire un canovaccio, per dire. A Venezia le carote fanno la muffa, ma subito!
Campo S. Margherita dista esattamente trenta secondi da casa di mio fratello, è popolato di gente ubriaca e mascherata e il dj mi regala la discoteca della domenica pomeriggio che alle medie non avevo mai avuto, passando con non-chalance dall’indie spicciolo ai successi di Hit-Mania Dance 1998.
Più o meno a metà serata vengo approcciata nel modo più disastroso esistente. La narrazione dell’approccio merita di essere riportata.
Tutto comincia quando in campo S. Margherita arriva un fantastico gruppo mascherato da spazzacamini. Erano tutti molto graziosi ed erano amici delle coinquiline di mio fratello, così mi fanno bere dalle loro bottiglie. Lo spazzacamino che mi porge la bottiglia è carino come tutti gli altri (in realtà non si capiva perché era tutto nero in volto come si addice ad un vero spazzacamino), mi dice come si chiama, da dove viene bla bla bla. Poi mi dice che fa il dj e io gli dico “Maddai, anche io!”. Lui faceva il dj all’AlterEgo, cioè una discoteca tunz-tunz situata sulle colline veronesi, e quando vede la mia smorfia perplessa mi dice che sono tutti pregiudizi e a me sovviene che a volte all’AlterEgo fanno musica elettronica pregevole e quindi incasso e proseguo la discussione. Così il simpatico spazzacamino mi chiede che cosa studio e quando scopre che faccio Scienze Politiche comincia a dimostrare tutto il suo cattivo gusto e il suo charme tendente allo zero esclamando “Chissà quanti pompini dovrai fare per trovare lavoro”. Avrei forse dovuto dirgli che se tenta di approcciare una ragazza magari ci sono innumerevoli argomenti facili e poco noiosi da utilizzare prima di passare ai pompini? Decido per gentilezza di far finta di niente, tanto ormai il tipo era perso, e decido di riportare la conversazione su argomenti meno imbarazzanti. Quando scopre che nei miei djset suono rock mi tratta un po’ da sfigata e poi mi dice “Bè, ma dimmi un po’ tipo qual è il tuo gruppo preferito?” “Guarda tesoro, è molto probabile che tu non lo conosca, comunque si chiamano Yo La Tengo” “No guarda non li conosco, fammi un altro nome…” “Ma non saprei, li conosci i Pavement?” “No, dai fammi un nome che conoscono tutti” e io che sono gentile e non mi scandalizzo perché effettivamente se non ti piace il genere magari gli Yo La Tengo e i Pavement non li hai mai sentiti gli dico “Bè, dai i Sonic Youth…” e lui “No dai, ti ho chiesto un nome che CONOSCONO TUTTI!”. Ora porca patata, come è possibile che un ragazzo del 1987 che pure lavora in campo musicale non abbia mai sentito neanche nominare i Sonic Youth?? Scandalizzata gli chiedo se almeno i Clash li conosce e lui mezzo sbronzo mi dice “Essì certo che li conosco i Clash vecchiaaa!”. Ma ormai la discussione mi ha già messo troppa depressione e vado a cercarmi uno spritz da un euro e settanta.
Mentre vago per il campo cercando una faccia amica vedo passare un volto noto, senza capire perché mi risultasse noto. Ho trenta secondi per collegare il volto ad un nickname, un nickname dei tempi in cui non esistevano i Feed, e per pensare che se sbagliassi persona sarebbe la figura di merda più colossale della mia vita e pensare poi che tanto è carnevale e chissenefrega. Così conosco finalmente ilVileNorman ossia il proprietario di uno di quei blog che leggevo al liceo. Dopo un po’ di “oddio” “maddai” ci scambiamo i numeri e ci accordiamo per un caffè il giorno seguente. Tra l’altro scopro che abita proprio di fronte a casa di mio fratello, esattamente sull’altra sponda del Rio (perché di Canale a Venezia ce n’è uno solo, come di Piazza, tutto il resto viene chiamato rispettivamente Rio o Campo).
Dopo un altro po’ di tempo in Campo ce ne torniamo a casa, giochiamo a uccidere gli zombie con il Nintendo Wii e poi io mi accomodo nel letto infilato nel tetto e dormo malissimo fino al mattino seguente, quando esco per prendermi il caffè programmato la sera prima e fare un giro per Venezia intavolando una costruttiva conversazione su “che fine orribile hanno fatto i compagni delle medie che ci prendevano in giro” (a fare le pulizie a casa delle signore anziane, in America con Scientology o a fabbricare piste per piccoli skate che si guidano con le dita).
Dopo pranzo vado con mio fratello a vedere lo IUAV che è un edificio enorme pieno di aule vuote. Mi collego a internet per vedere se il relatore mi ha risposto e il relatore non mi ha risposto. Pazienza. Intanto guardo le foto della festa di carnevale di Interzona.
Verso le sette andiamo a prendere la Phlo in stazione e ci prendiamo uno spritz tornando a casa. A casa le coinquiline di mio fratello hanno preparato una super cena e hanno anche comprato una discreta quantità di alcolici. Mio fratello si dedica al mixaggio preparando due bottiglioni di coca rum e due bottiglioni di vodka lemon. Le sue coinquiline si vestono da Spice Girls e siamo pronti per andare in Campo.
Verso mezzanotte salutiamo la Phlo e io e Paolo scappiamo verso Rialto dove ci attendeva Arianna / alba meccanica, una simpatica ragazza che spero di conoscere da sobria, un giorno (io sobria, non lei). Finiamo il bottiglione di coca rum mentre scocca la mezzanotte e quindi il suo compleanno. Guardo l’acqua che sale, fotografo le mie scarpe bagnate dalla mia prima alta marea a Venezia. Poi me ne torno in campo con mio fratello. Lì lo perdo e incontro invece Alessio, ossia il mio co-dj a Interzona il quale mi dice che stava andando ai Magazzini del Sale. E io lo seguo, senza pensare che non sapevo dov’erano i magazzini, che non sapevo dov’era mio fratello, che non sapevo tornare a casa, che non avevo le chiavi di casa, che ero sbronza, che era l’una, che la mattina alle otto avevo il treno, che il treno doveva portarmi a Bologna, che alle undici a Bologna avevo ricevimento con il relatore eccetera eccetera.
I Magazzini del Sale erano pieni di gente. Scoppiavano e la musica non si sentiva. A questo punto della serata i ricordi si fanno abbastanza confusi. Ricordo che un dj malefico ha cassato a metà una canzone dei Buzzcoks che stavo ballando con spensieratezza, ricordo che forse mi sono presa un bicchiere di vin brulè, ricordo che forse ad un certo punto mi sono un po’ imparanoiata per via del treno e dopo aver salutato Alessio e ilVileNorman me ne sono uscita dai Magazzini, ho guardato l’immensa distesa d’acqua davanti a me, ho pensato che Alessio mi aveva appena detto “Vai verso le Zattere”, ho ripensato a due anni prima quando Alex mi aveva detto “Queste sono le Zattere”, sono andata verso le Zattere, ho fermato il primo tizio che passava e l’ho seguito fino a Campo S. Margherita. Arrivo a casa, mi butto a letto vestita e cerco di dormire.
Alle quattro e mezza mi arriva un messaggio di Giulio Rasi che odio ma che perdono.
Alle 6.50 mi sveglio o forse semplicemente mi alzo perché non credo di aver dormito. Faccio lo zaino, rubo una brioche e vado in Stazione.
Arrivo a Bologna, vado in bagno del dipartimento di Storia, mi lavo e mi cambio come una vera punk’abbestia. Alle undici sono in ufficio dal relatore che mi firma l’autorizzazione alla laurea. Me ne esco e vado a gettarmi su un tavolo del dipartimento di Economia. Dopo un po’ giunge la mia amica Gloria la quale, provando pietà per me, mi concede le chiavi di casa sua, affinché il mio corpo recuperi un aspetto normale. Tocco il suo letto alle 14.00 e mi rialzo alle 19.00, giusto in tempo per l’aperitivo. Vado quindi subito al Bar di Maurizio, mi siedo e appena a metà spritz mi arriva un messaggio che mi comunica che sono usciti i voti di Politica Comparata. Panico! Esattamente dopo trenta secondi mi chiama Irene che stava venendo lì. La blocco, le chiedo se ha il portatile, le dico – Ferma lì che ci vediamo in facoltà tra dieci secondi che devo assolutamente controllare una cosa. La facoltà era ancora aperta per via di un raduno di studenti sovversivi. Raccatto una birra e accendo il Toshiba. Aspetto aspetto, mi chiedo come cacchio faccia un portatile comprato un mese fa ad essere così lento, inserisco la matricola, il pin e dopo un altro po’ d’attesa compare uno scintillante 27. Chiedo a Irene di controllare, chiedo a Irene come mi chiamo, realizzo che finalmente ho finito gli esami e comincio ad abbracciare tutti. Torno da Maurizio e ordino cinque spritz, rubando anche lo “sconto ultimo esame” al barista simpatico che di solito ha la maglietta degli Smiths. Poi però ci cacciano fuori offrendoci cicchetti. Io prendo un Montenegro sperando che mi faccia passare il mal di gola che mi sono presa correndo per le Zattere. Vado a letto abbastanza presto.
La mattina esco, vado a verbalizzare, pranzo con Matteo, compilo il questionario AlmaLaurea, stampo la ricevuta e insieme alla mia mitica Bongio, tramite un’azione perfettamente coordinata, riusciamo a superare le due code dell’Ufficio didattico e della Segreteria Centrale, portando a termine la burocrazia in tempo per il treno delle 18.10.
Così, me ne torno a casa, carica, con una trentina di pagine da scrivere ma soprattutto un djset sabato sera dopo i Mojomatics che sarà più felice di tutti gli altri miei djset messi insieme.
Yeah!