Immergut Festival
Scritto da verdeanita il giugno 17th, 2012 | 1 comment

Come qualcuno di voi avrà già visto, ho ripreso a collaborare con Indie For Bunnies e l’occasione è stata l’adorabile Immergut Festival (a cui avevo già presenziato nel 2010 quando i My Awesome Mixtape fecero quel concerto assolutamente da panico che mi ricorderò per sempre).
La recensione raccoglie sì qualche aneddoto personale ma non racconta proprio tutto tutto (tipo non racconta nei dettagli la mia sbronza gigantesca del sabato, quando mi aggiravo per il festival con una faccia orribile, un vestito a pois super pucci e delle pastiglie di aspirina infilate nel reggiseno perché non avevo una borsa).
Ad ogni modo, qui potete leggere il report del primo e del secondo giorno. Brevemente vi dico che il concerto più bello è stato quello dei Tall Ships. E qui sotto trovate le foto un po’ più in grande. Tutto analogico e biologico, come sempre.




Hidden Cameras

Hidden Cameras

Blood Red Shoes


Sin Fang


Tall Ships

Tall Ships

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Re:publica
Scritto da verdeanita il maggio 10th, 2012 | Leave a comment


A volte penso che twitter sia la cosa migliore dell’intenet. E che gli hashtag siano la cosa migliore di twitter.
Qualche mese fa, seguendo l’hashtag della protesta a favore dello Schokolanden avevo cominciato a seguire un paio di profili tedeschi che mi sembravano interessanti. Grazie ad uno di questi avevo scoperto il festival re:publica. Alla prima occhiata al sito avevo avuto un sussulto di gioia perché sembrava la cosa più anitosa che avessi mai visto.
Il mio sussulto di gioia si era spento subito alla vista dei prezzi dei biglietti. Gli early bird, già esauriti, costavano 90 euro. Non vi dico quelli normali. Disperata smisi di pensarci e una settimana ancora esultai di nuovo vedendo che cercavano volontari. “Auf jeden Fall!” fu la prima cosa che pensai.
Che poi non è solo per il biglietto gratis che si fanno queste cose, ma anche perché, se ad una cosa del genere devi andarci da sola, fare la volontaria ti permette di avere una funzione in quel luogo e di non girare con lo sguardo preso per tutto il tempo. In dono ricevetti anche una maglietta con scritto “Actionist!”, visto che il motto di quest’anno era “Action!”
Ma che cos’era, sostanzialmente?
È un po’ difficile da dire… un festival? Un insieme di conferenze? Un meeting? Era un po’ tutto questo e anche i temi erano vari, anche se il filo conduttore era internet, i blog, i social network e la loro influenza sulla società. Le varie conferenze, o meglio Vortrag ovvero “discussioni”, riguardavano la politica, l’economia, l’ambiente delle startup, l’istruzione, la privacy. Erano cose assai diverse tra loro, multidisciplinari ed interessantissime. Quelle che ho seguito io riguardavano: i cambiamenti che le tecnologie possono produrre a livello urbano (tipo, già ascoltando la musica con l’iPod si crea un ambiente tutto diverso o il fatto che grazie ad un computer portatile smartphone un parco di può trasformare in un ufficio), i servizi si musica in streaming tipo Spotify, Soundcloud e altro e il loro essere in bilico tra legalità e illegalità e poi un altro sull’uso di internet da parte dei musicisti, una riflessione sul movimento Occupy e le sue differenze e analogie con altri tipi di protesta e infine un incontro sull’uso dei blog da parte delle insegnanti e come questo influisca sull’educazione (e questi sono solo quelli che ho seguito per intero, perché poi ho saltellato da un Vortrag all’altro).
Il cervello spento ed il cervello acceso
La cosa un po’ blöd* di tutto questo era che quella settimana lì avevo cominciato il mio nuovo lavoro, a cui voglio tanto bene ma che non richiede grandi capacità critiche. La mattina il mio cervello era qui sopito e abituato ad azioni meccaniche e ripetitive, al pomeriggio invece esso esplodeva in pensieri vorticosi e variopinti come stelle filanti.
Lo spazio e le persone
La sede di questa cosa bellissima era la vecchia stazione della posta di Kreuzberg e già solo per l’edificio avrei potuto dare di matto. Era tutto arredato in stile veramente grazioso e “analogico”, in contrasto ai temi super tecnologici. Pensate che i twit relativi al festival venivano stampati e incollati su una grande parete al centro della stanza centrale. I palchi erano ben otto e 3 di essi si trovavano al piano superiore, in mezzo ad un open space dove era possibile organizzare i propri workshop personali su qualunque tema (c’erano tavoli di cartone e post it coloratissimi a disposizione di tutti).

Le sedie

L’altra caratteristica fondamentale dell’arredamento erano delle sedie di plastica coloratissime e leggerissime che, secondo la loro idea, dovevano dare la possibilità ad ognuno di sentirsi comodo ovunque. Perciö si potevano portare di conferenza in conferenza, sulla piazza principale, sul cortile esterno eccetera. Era veramente bello vedere questa massa colorata spostarsi continuamente.
Usare il tedesco in modo formale e svelto
Non è stata solo la conferenza in sé ad essere bella e interessante, ma anche il contesto mi è stato molto utile. Per la prima volta ho dovuto usare il tedesco in modo svelto e con responsabilità, sia quando dovevo cercare una giacca al guardaroba sia quando dovevo spiegare agli Speaker come funzionava il loro accredito e cosa dovevano fare.
Conoscere un po’ di personaggi tedeschi
Potrei paragonare questa conferenza al festival di Internazionale a Ferrara, dove intervengono speaker che sono mediamente conosciuti, tipo Gad Lerner o Tito Boeri. Gente di cui si sente spesso il nome sui giornali o in televisione. Ecco, qui i vari speaker erano conosciuti più o meno allo stesso livello, solo che essendo loro tedeschi e non avendo io mai avuto questo tipo di rapporto con la cultura tedesca (non ho la televisione e non leggo molto i giornali) non conoscevo quasi tutti i loro nomi. Ciò ha causato episodi divertenti, tipo un tizio che mi si è presentato al banco accrediti e che ho trattato come un perfetto sconosciuto chiedendogli di ripetermi il cognome quindici volte per poi scoprire che era il capo dei Pirati al parlamento di Berlino.
I capelli colorati
Sascha LoboLa fauna che popola certi eventi ha spesso tratti in comune. Ai festival di musica ci vanno gli hipster, ai festival di cinema ci vanno giornalisti ed intellettuali, ecc. Che gente andava invece a questo tipo di evento? Potremmo dire che ci andavano i punk nerd, ovvero un nuovo tipo di individuo con idee politiche verso il piratesco e l’anarchico e con una passione per internet e tutto quello che ci gira intorno. Non ho mai visto tanta gente con i capelli colorati tutta assieme. E non sto parlando solo di capelli blu o verdi. C’erano bellissime creste rosse (come quella di Sascha Lobo, altro personaggio chiave dell’evento di cui prima ignoravo l’esistenza) ma anche lunghi capelli che sfumavano dal viola all’azzurro, tagli corti metà gialli e metà arancioni. Insomma, un tripudio di divertenti colorazioni a caso.
Sentirsi al proprio posto
Spesso, anche in un posto che mi piace abbastanza, mi trovo a disagio con la fauna circostante. Ad esempio, come vi dicevo l’altra volta, nonostante la bellezza del posto mi trovavo a disagio con la gente del Kater Holzig . Anche al Berlin Festival mi ero un po’ sentita a disagio. Qui invece non mi sono mai sentita a disagio. Mi sono sentita proprio in un posto a cui in qualche modo appartenevo, come mi succede allo Schokoladen o alla Route du Rock.
Il mondo che ci creiamo e il mondo che viviamo
Ad un certo punto, durante una conferenza, hanno citato Joe Strummer e l’hanno fatto senza spiegare chi fosse. E ho pensato che forse, in un contesto appena diverso, tipo una conferenza all’università, molte persone avrebbero potuto chiedersi “Ma chi è questo? Che ha fatto nella vita? Suonava in un gruppo, e allora?”. Era bello avere la certezza di essere in un posto dove le persone condividevano lo stesso background.
Poco dopo, però, ad un’altra conferenza hanno chiesto di alzare le mani a chi conoscesse Bandcamp e se ne sono alzate solo una piccola parte. Eppure eravamo ad un Vortrag sulla musica online, ed eravamo ad una conferenza nerd! Com’era possibile? Allora ho pensato a quanto in realtà sia enorme il mondo e a quante cose ci siano da scoprire, anche da persone che magari ci sembrano identiche a noi e che magari nascondono una conoscenza vastissima in un campo completamente diverso.
E ora?
E ora devo cercare di mettere in pratica non solo gli insegnamenti generali, ma anche i mille spunti particolari che mi sono stati dati. Tipo le mille idee che mi sono venute per Soft Revolution, sia a livello organizzativo che per temi riguardo agli articoli. Ma anche al fatto che questo evento mi ha un po’ ricordato l’autogestione del liceo, quando finalmente si diventava protagonisti per tre giorni e a come spesso queste occasioni mancano e che quindi sarebbe bello organizzare in Italia una cosa del genere, alla Casetta o forse anche ad Interzona.

Era una conferenza sul web 2.0 e non funzionava la w-lan. Ma è stato bellissimo lo stesso.

*traduciamo come “fastidiosa”

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Del regredire alla fase infantile
Scritto da verdeanita il febbraio 26th, 2012 | 8 comments


Mi riesce ancora difficile credere che effettivamente mi siano bastati pochi metri sul suolo di Moabit per regredire così tanto ad una fase infantile. Forse è una delle nuove sfaccettature del solito cambio d’umore relativo al ciclo mestruale. Eppure. Nel giro delle ultime ore ho deciso che è finita la mia fase “vestiamoci di solo nero”, anche se questa aveva un fondamento molto profondo, e sono tornata a vestirmi in modo cretino. Tipo l’altra sera (venerdì, quando sono andata a bere vino costoso sulla Karl-Marx Allee) ho indossato un vestito verde a pois viola, rossi e bianchi con stoffa per capelli della stessa fantasia e oggi calzini a pois e una gonna con una fantasia con gli uccellini. Tale avvenimento ha coinciso anche con un ritorno ad una fase ribelle. Infatti venerdì sera, dopo essere tornata a casa dalla mia serata sulla Karl-Marx Allee, mi sono tagliata i capelli da sola . Davanti e dietro. Ecco perché ho un buco sulla nuca. Il nuovo taglio è scodelloso e mi fa assomigliare a Fantaghirò. Essendo quest’ultima una delle figure chiave della mia vita, insieme a Prisca Puntoni e Rory Gilmore, ho preso tale commento come un complimento. E, in caso non si fosse capito, la mia prossima ossessione sarà (o già è) Karl-Marx Allee. I suoi palazzi sovietici, i locali con le finestre di vetro, i negozi che si sono svuotati. Meno male che ho finito il rullino che avevo sulla Canon. E, sì, ho finito il rullino sulla Canon, quello con le foto che ho fatto durante le mie ultime passeggiate solitarie. Ne sono tornata in possesso oggi pomeriggio, pomeriggio che è stato dedicato alla visione di numerose mostre. Nel mio rullino ci sono case occupate, posti di Berlino lontanti, castelli situati in minuscole città del Brandeburgo. E, a proposito delle case occupate, dovrei finalmente trovare il tempo di chiudere dentro un post tutte le cose che ho imparato in queste settimane consumandomi gli occhi su internet e rubando libri da innumerevoli biblioteche.
Quella qui sopra è la mia foto preferita di tutto il rullino e mi ricorda l’asinello che cavalcavo quando ero piccola e che stava fuori da un supermercato a San Zeno di Montagna. Appena infilavi la moneta partiva velocissimo e mia nonna doveva tenermi per non farmi cadere.

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