Scritto da verdeanita il novembre 6th, 2008 | 4 comments
Comincio ad immaginarmi le classifiche di fine anno.
Quelli a cui i Vampire Weekend sono piaciuti moltissimo e quelli a cui hanno fatto cagare a spruzzo.
Quelli che vanno ai concerti de Le Luci Della Centrale Elettrica con i cartelloni e quelli per cui era meglio il demo.
Quelli che sono rimasti delusissimi dall’ultimo disco dei Notwist e quelli a cui tutto sommato piace.
Quelli secondo cui il disco dei No Age spacca ma dal vivo fanno schifo e quelli secondo cui il disco fa schifo ma dal vivo spaccano.
Quelli che pensano che il disco dei Fake P sia qualcosa di meraviglioso e quelli che non sanno neanche chi siano.
Io rispettivamente appartengo alla prima, seconda, seconda, prima e prima categoria.
Ieri sera sono andata con la mia ex-coinquilina a prendere uno spritz discreto in uno dei pochi locali dove fanno uno spritz discreto (il Sesto Senso).
Ascoltavamo le canzoncine del djset mentre leggevo i giornali. Il Mucchio, da cui è sparita la mia rubrica preferita, Blow Up di ottobre, con la copertina strappata ma che parla della Lou Fai a pagina 22, e Rumore, a cui ho strappato la copertina perchè era meravigliosa e sui cui compariva un grazioso fumetto sulla scena bresciana. Conoscevo più gruppi e persone di lei, solo che lei è di Brescia.
Se penso a quante cose sono successe negli ultimi due mesi mi viene il mal di testa.
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L’ultima volta che faccio una cosa vecchia e la prima volta che faccio una cosa nuova.
Scritto da verdeanita il ottobre 10th, 2008 | 5 comments

L’ultima volta che faccio una cosa vecchia. Verona.
Per me esiste un abbigliamento da liceale, anche se non riesco a identificarlo con precisione. E’ un misto tra scegliere capi delle stagioni passate, ma anche indossarli con fare eroico e sentendo il peso del tempo. I miei vestiti da liceale sono poco eleganti, poco costosi, rovinati dal continuo procedere su e giù per corso portoni borsari e abbinati con la lucidità delle sette della mattina.
Per fare per l’ultima volta una cosa vecchia dovevo vestirmi da liceale, e scelsi un maglione a righe colorate e le mie vecchie scarpe verdi con la suola consumata.
Mi svegliai presto, come ai tempi del liceo, destando stupore nel resto della famiglia. Mi appostai alla fermata dell’autobus ascoltando i Pavement, cercando di ricordarmi qual’era la colonna sonora dei miei anni delle superiori. Mi venivano in mente pochi gruppi e non mi capacitavo della ristrettezza dei miei ascolti.
Ai portoni mi aspettava Michele. Andammo a fare colazione nel bar davanti al nostro vecchio liceo facendo attenzione a non avvicinarci troppo all’entrata di studenti e professori. Avevamo paura di essere visti e, per quei ragazzi che passavano davanti alla vetrina del bar con lo zaino sulle spalle, provavamo un misto di superiorità e invidia.
Lo scopo della mattinata, oltre a fare per l’ultima volta una cosa vecchia, come prendere l’autobus delle sette e mezza per andare a scuola, era la consegna di un regalo di immatricolazione che consisteva in una maglietta tragica dei Joy Division e in un nastrone da 60 minuti contenente alcune canzone significative.
Il tutto fu accompagnato da discussioni sull’affinità della genesi dei nomi di gruppi del calibro di Elio e le Storie Tese e A Silver Mt. Zion. Michele mi disse infatti che “storie tese” viene dalla percezione distorta di alcune parole di una canzone degli Skiantos che diceva, in realtà, “storia pesa”.
Io feci notare che anche gli A Silver Mt. Zion si chiamano così perchè un loro componente ebbe una percezione distorta di alcune parole di una canzone contenuta in Evol dei Sonic Youth, anche se non è dato sapere quali.
Seguirono teorizzazioni sul fatto che Interzona non è fatto per la gente che balla e dubbi esistenziali sull’etichetta che pubblica l’ultimo disco dei Mogwai (dubbio a cui non venimmo a capo neanche in seguito a discorsi con i preparatissimi omini Fnac che andammo a trovare).
L’omino Fnac ci chiese cosa stavamo cercando e io risposi “l’ispirazione”. La trovammo nel reparto “lettera elle”.
Senza dire nulla al mio accompagnatore mi ero infatti decisa a comprare un album dei Luna. Il mio accompagnatore si collocò al mio fianco e cominciò a cercare nella pila “gruppi che iniziano con la elle ma che sono troppo sfigati per avere un cartellino a loro dedicato” mentre io, ritenendo i Luna un gruppo dignitoso, stavo scorrendo le etichette dei gruppi in ordine alfabetico.
Il mio accompagnatore ebbe un sussulto gioioso ed estrasse dalla pila proprio un album dei Luna. A quel punto capì che eravamo in una congiunzione astrale favorevole, se entrambi eravamo predisposti all’ascolto dello stesso gruppo. Continuai a scorrere i dischi in cerca di un altro album dei Luna, lo trovai e quindi ne comprammo uno a testa.
Tornando a casa incontrai la mia professoressa di latino e greco e le dissi che quando si deve cambiare città si deve cambiare vita e ci si deve portare via tutto e non bisogna lasciare indietro nulla, siano vestiti, chitarre o dischi.

La prima volta che faccio una cosa nuova. Bologna.
Ero andata in Sala Borsa a prendere in prestito dei cd. Presi un cd dei Mogwai, un cd dei Pavement e un cd dei Lightning Bolt che mi piaceva, perchè era tutto colorato, anche se mi avevano detto che loro sono cattivi.
In realtà avevo voglia di sentire i Luna perchè la sera prima, al Locomotiv, avevo sentito una loro canzone.
La sera prima era un martedì ed era stata la prima sera.
Io c’ero andata da sola, perchè da quella serata volevo prendermi tutto un nuovo sapore e non avevo voglia di crearmi aspettattive di nessun tipo e se avessi invitato qualcuno, sicuramente, mi sarei preoccupata del suo divertimento e avrei rovinato il senso che cercavo.
Appena entrata posai lo sguardo su una persona conosciuta, anche se ci misi un po’ a capire se mi faceva piacere o no, perchè questa persona si era dileguata quando io ero andata a trovarla e non capivo perché. Ma dopo qualche sguardo, i baci di circostanza, le pacche sulla spalla e una birra smezzata, capii che in realtà mi faceva piacere e che il suo dileguamento era stato, per la mia persona, assai positivo, anche se ancora non lo percepivo del tutto.
Il concerto non fu particolarmente coinvolgente e infatti, per un momento, mi ritrovai a guardami i piedi, mentre centellinavo la mia birra per farla durare il più a lungo possibile, perchè a me la birra non piace troppo e la uso solo per tenere qualcosa in mano, quando sono da sola.
Guardai la punta delle mie scarpe azzurre e la trovai davvero sporca.
Una volta portavo questo tipo di scarpe perchè rendeva dissidente ogni abito che possedevo e dava un messaggio a chi mi guardava e mi rendeva diversa dalla moltitudine di persone che al liceo mi circondava.
Ma lì, in quel contesto, dove ero andata solo per sentire della musica, e non me ne fregava niente di apparire un tipo di persona particolare, pensai che con quei bei pantaloni puliti che avevo tolto dallo zaino avrei fatto meglio a mettere un paio di scarpe carine, invece che le solite All Star sbiadite.
Quindi, in realtà, cercavo di cambiare il mio modo di apparire.
Un ragazzo vicino a me aveva un paio di scarpe di pelle, dalla punta storta, che con i miei pantaloni sarebbero state meglio. Pensai che, forse, era solo giunto il momento di cambiare scarpe.
Il concerto era finito e c’era una ragazza tedesca che mettave i dischi e aveva messo una canzone dei Luna, anche se era una cover. Mi stava simpatica e cominciai a parlarci, dicendole che conosco poco i Luna, ma che mi piacciono molto i Galaxie 500. Poi mise Autumn Sweater.
Il Locomotiv era quasi vuoto e io mi sdraiai sul divanetto e ascoltai tutte le canzoni che mise, fino alla fine. L’ultima era di un gruppo di Parigi con il nome che cominciava per emme.
Sdraiata sul divanetto mi ritrovai, di nuovo, a guardami le scarpe. Mi sentii molto vecchia per aver sentito l’esigenza di cambiarle con un paio più elegante.
Vuol dire che è finito il tempo delle All Star, le scarpe liceli, le scarpe del mio periodo pseudo-punk, le scarpe che consumavo sulla strada dal Maffei ai Portoni, sul campo sportivo davanti alla mia scuola media quando c’era la festa in rosso, che indossavo d’inverno sperando di fare qualcosa di eroico, e comincia il tempo di scarpe più serie, dalla punta storta, di pelle, da indossare nei locali di cui ho imparato ad amare l’odore e riconoscere gli avventori, dove vado da sola per ascolare musica, ma dove ho anche imparato a bere birra a piccoli sorsi, solo per darmi un tono.
Ho capito che in ogni cosa che faccio c’è un misto di sincerità e voglia di apparire in modo piacevole, anche se è prima di tutto piacevole per me.
Mi sono sentita vecchia, stupida, fatta di vapore chiuso dentro ad una bottiglia, con la voglia di bruciare tutti i miei vestiti e comprare tonnelate di nuovi dischi e ripartire da zero.

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La gigantesca scritta Lou Fai
Scritto da verdeanita il settembre 8th, 2008 | 1 comment

una donna piena di sorprese.
Scrivo questo post ora perché è per me consuetudine non dormire (o dormire pochissimo) la sera dei Lou Fai. Così, per la mia percezione temporale distorta, è come se tutto fosse accaduto ieri sera, più o meno.
C’è anche da dire che la mattina dopo, avendo in corpo un frullato di ubriachezza, emozione e stanchezza, ero decisamente più ispirata, ma va bene così. [E bisogna forse aggiungere che gran parte dell’ispirazione derivava dalla congiunzione ultimo lou fai – festa in rosso e che ciò avrebbe potuto generare il solito post deprimente alla verdeanita ma qui non bisogna fare nulla di tutto questo. Di deprimente ci sono state solo le schifezze che ho dovuto raccogliere sola soletta mentre accudivo un uomo dalle mutande strane (ho visto le sue mutande grazie a questa foto, giusto per non far venire pensieri strani ai lettori di questo blog e soprattutto al mio morosetto).]
Per il resto è stato tutto meraviglioso. E’ stato tutto incredibile. E non parlo solo di questo lou fai, ma di tutti quelli di questa estate (anche del 2.3 di cui non ho parlato, perché quasi mistico e, per sua sfiga, capitato in un momento di partenze troppo significative ed abbastanza provanti, che determinarono il mio umore strano).
Tutti mi chiedono come mi sia venuto in mente di fare un cosa del genere. Ma a me non è venuto niente di particolare. Io ho solo una casetta (anzi, per la precisione: i miei genitori hanno una casetta e hanno anche una figlia completamente pazza) e mi piace andare ai concerti ma sono anche senza patente quindi se i concerti li faccio a casa mia non ho problemi a tornare a casa. Problemi che sicuramente avranno avuto molti partecipanti a queste festicciole, giunti da Vicenza, Brescia, Rovigo, Ferrara, Bologna, Ravenna, Roma e perfino Istanbul (!!).
Una volta suonavano cover band ed era tanto se veniva il mio amore del liceo. Ora vengono gruppi che hanno suonato al SXSW, rinomati diggei bolognesi, delegazioni di importanti case discografiche e famosi bloggers musicali (Vitaminic avrà improvvisato una riunione di redazione…).
E forse è incredibile o forse no, di certo è divertente e il fatto che sembri tutto così naturale è incredibilmente piacevole.
Sapere che qualcuno ha ricevuto un messaggio con scritto "alla festa in rosso non c’è nessuno" mi ha inorgoglito non poco. Forse significa che in questo buco di città ho creato "qualcosa".
I concerti sono stati tutti meravigliosi. Anche se di alcuni ho guardato con più attenzione le prove che il concerto (per motivi organizzativi). E’ favoloso quando dicono "questa è una canzone nuova". Ahah, ho le cose in anteprima.
Da segnare sull’album dei ricordi: i Clever Square che sono venuti in treno e la loro risposta a "Pop Porno", una versione di "Outside is cold for us" cantata persone che non erano Maolo (Enzo mi pare ma giuro che non mi ricordo, il che forse vuol dire che ad un certo punto anche io avevo bevuto troppo), ma anche conoscere finalmente, dopo anni e anni che leggo il suo blog, Margherita F. che ho trovato seduta sul mio prato a sera inoltrata poiché era rimasta bloccata da un concerto dei Sonora al Teatro Romano, un djset eccessivamente divertente (che mi ha fatto ballare nonostante le fatiche organizzative), l’impianto che ogni tanto si zittiva durante This Is How You Spell "Hahaha, We Destroyed The Hopes And Dreams Of A Generation Of Faux-Romantics" e la gente che andava avanti a cantare, io e Nur che cantiamo gli Envelopes distruggendoci le corde vocali, e poi i Wave Pictures e le ultime danze, la Danelectro della Carlotta, che è verde ed è come quella dei Wave Pictures, con cui ho cercato di suonare "In The Aereoplane Over The Sea" ma non mi ricordavo gli accordi (ulteriore conferma alle mie bevute), la colazione "in paese" con Enzo e Nur, loro vestiti per bene e io con una maglietta dei Velvet Underground sporca di anguria, il Calorifero dimenticato a casa mia e i momenti in cui ci siamo sentiti persi, senza macchina, con un contrabbasso e senza soldi per chiamare un taxi, il regalo di Merih appeso agli alberelli, i fogli di carta giganteschi e i pennarelli colorati che io e Michele abbiamo comprato al supermercato (anche la filosofia sulle caramelle, sugli orsi di gomma che hanno tutti lo stesso sapore) le spillette e la gigantesca scritta Lou Fai sul tetto della casetta.
I ringraziamenti sarebbero troppi e correrei il rischio di dimenticare qualcuno quindi me ne sto zitta perché non sarebbe giusto. Tutti, tutti, veramente tutti. [Però la prossima volta datemi una mano a pulire, senno la mia mamma mi sgridaa!]

L’estate prossima è un desiderio, ma devo dare priorità alla mia laurea, già di per sé abbastanza inutile.
Di positivo c’è che ho passato Macroeconomia e che quando avevo preparato l’esame in tre giorni dopo Gonzi e Fake P avevo preso 21.
Ma c’è anche la mia cartina dell’Europa con i suoi post-it viola che vorrei andare a trovare o rivedere.

[Canzoni infilare dentro un cd mezz’ora prima che i Clever Square passassero a prendermi, gioia e tristezza, concretezza e canzoni allucinate]
[Avocado Baby – The Wave Pictures]

[Nota sulla festa in rosso: dopo il record positivo di presenza l’anno scorso (tutte le sera per un tempo considerevole), quest’anno sto cercando di battere il record negativo: ci sono stata la prima sera, giusto il tempo di bere una birra e di scorrere la sezione new wave dei vinili, e ieri sera, giusto il tempo aggiungere un esemplare alla mia collezioni di camicie verdi anni ’70 e di re impadronirmi di una copia di Rum, Sodomy and the Lash dei Pogues identica a quella che mio padre mi ha perso, cioè senza bonus track idiote perché io odio le ristampe con le aggiunte.]

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